Il patrimonio artistico nella Costituzione italiana5 min read

di Nicole Mango

   L’articolo 9 della costituzione italiana stabilisce che “La Repubblica promuove lo sviluppo e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.” Leggendo questo articolo una domanda sorge spontanea: “che cosa significa?” Questo articolo non riguarda solamente soggetti prettamente artistici come opere d’arte o edifici storici, ma pone l’attenzione su svariati campi passando dalla scienza al paesaggio, trattando ognuno di essi come “un bene da tutelare”.

   Tuttavia, benché queste siano tutte manifestazione della cultura, questo articolo le affronta da prospettive differenti. Promuovere la scienza e la tecnica infatti significa concedere la libertà di ricerca e di divulgazione, ma benché questa parte dell’articolo sottolinei soprattutto l’importanza del progresso scientifico e tecnologico per la società, è anche volta a esprimere l’esigenza di difendere la libertà di parola poiché tutte le scoperte sono necessarie per lo sviluppo della comunità e nessuna deve essere nascosta o censurata.

   Il punto più critico e dibattuto dell’articolo è la tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico. Infatti nonostante i beni culturali creino una grande attrazione verso il nostro paese, con molteplici benefici sull’economia italiana, molte volte vengono trascurati.  L’Italia ha un primato internazionale per numero di siti dichiarati dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità e una posizione geografica che fin dall’antichità l’ha arricchita di storia e arte nonché di paesaggi mozzafiato. L’Italia non può però limitarsi a “vivere di rendita” ed essere la sede passiva di tante meraviglie, sfruttando la sua eredità culturale senza preoccuparsi di conservarla e valorizzarla; tramite interventi diretti, come il restauro e la manutenzione, e interventi indiretti, come l’approfondimento e la diffusione della conoscenza di un’opera o di un sito e la sensibilizzazione dell’opinione pubblica. 

   Uno studio della Fondazione Symbola con Unioncamere e Regione Marche ha dimostrato che per ogni euro prodotto dalla cultura in Italia ne genera 1,8 in altri settori ma per potenziare questo meccanismo servono adeguate strutture di qualità, per attirare turismo culturale a tutto tondo con un’offerta solida e variegata, affinché la ricchezza generata da un bene torni al territorio.

   A seguito della crisi economica del 2008, il nostro Paese è tra quelli che in Europa hanno investito meno nel settore culturale, tagliando tra il 2009 e il 2011, secondo un rapporto del Dipartimento per lo Sviluppo e la Coesione Economia, un 33,3% medio annuo. (per rendere un’idea, la Grecia investita dalla crisi economica, ha tagliato in media “solo” il 14,3% all’anno). Un controsenso, come si evince indirettamente dal fatto che l’Europa riconosce l’importanza del patrimonio culturale come risorsa per via della crescita economica che comporta con l’aumento delle entrate dell’occupazione grazie al turismo.

   Nonostante gli scarsi investimenti da parte del settore pubblico i dati del turismo in Italia sono più che positivi infatti gli arrivi dei turisti internazionali sono in crescita e il nostro Paese è quinto nella classifica mondiale delle mete più gettonate. Da questi dati si può dedurre che se l’articolo 9 della costituzione fosse rispettato senza eccezioni e il patrimonio fosse quindi tutelato a dovere questo non porterebbe altro che vantaggi nel paese, poiché queste cifre potrebbero crescere ancora, per esempio adeguando il materiale informativo presente nei musei e la formazione del personale, che oggi è in grado di fornire al pubblico di turisti stranieri informazioni in inglese nel 60% dei casi, ma solo nel 31% circa in lingua francese, nel 13,5% in tedesco e meno dell’1% in arabo, cinese e giapponese.

   Lo stato inoltre potrebbe adottare alcune soluzioni per cercare di promuovere il turismo soprattutto tra i cittadini italiani che negli ultimi tempi tendono a trascorrere le vacanze all’estero. Prendendo in esame alcuni dei musei più importanti al mondo come il Louvre di Parigi per esempio, i cittadini sotto i 26 anni non pagando l’ingresso perché lo stato francese vuole incoraggiare e l’accesso alla cultura da parte dei giovani.

Negli ultimi anni però sotto questo punto di vista l’Italia si sta evolvendo poiché grazie, ad esempio alla campagna “Io vado al museo”, sono previsti venti giorni all’anno in cui i musei sono gratis e un ticket annuale di 2 euro per i giovani tra i 18 e i 25 anni.

   Secondo una stima infatti, in Europa, nel 20% dei casi, le persone non accedono alle attività culturali per scarse possibilità economiche e aumentare i prezzi di biglietti nei musei o nelle attrazioni, come ritengono opportuno alcuni, non farebbe altro che aggravare questa percentuale; ridurre invece il costo dell’ingresso o addirittura eliminarlo provoca molti benefici, addirittura superiori, allo stato perché così facendo i cittadini sarebbero incentivati a trascorrere le vacanze nel loro paese e anche i turisti stranieri aumenterebbero.

   Un altro punto debole del sistema culturale italiano sono le infrastrutture obsolete. Per esempio, solo il 17% dei musei italiani ha dichiarato di aver avuto adeguamenti sismici, ed il 34,8% non è dotato di un piano di sicurezza e di emergenza; davanti alle recenti immagini della cattedrale di Notre-Dame in fiamme, mette i brividi pensare a quando poco siano organizzate le strutture italiane a catastrofi del genere.

   In conclusione rispettare l’articolo 9 della costituzione italiana ripagherebbe gli investimenti che ne derivano in benessere, sul piano culturale come su quello economico. Comunicazione, digitalizzazione (con nuovi siti web e supporti informatici e interattivi per la visita al museo), burocrazia più efficiente e competitività internazionale nel turismo sono tra gli strumenti su cui puntare.

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