di Giulia Cianchi
Nelle scorse settimane in Polonia ci sono state molteplici manifestazioni in numerosissime città ma soprattutto nella capitale Varsavia. La causa scatenante è stata la modifica della legge sull’aborto poiché non è più possibile effettuarlo se vi sono malformazioni al feto, equivalente al 2% degli aborti legali, ma solo in caso di stupro o in caso di pericolo di vita per la madre. Questo fatto farà incrementare pertanto gli aborti illegali facendo correre alle madri grossi rischi.
Le manifestazioni sono cominciate la sera del 22 ottobre e, per il corrente lockdown, la maggior parte dei partecipanti ha quindi protestato munita di mascherina e, quando possibile, con le adeguate distanze. Le proteste erano coordinate dallo sciopero generale delle donne. In moltissimi si sono uniti alle marce delle donne ed è spiccata la presenza di molti giovani, un elemento di rottura con il passato e novità dato che, negli ultimi anni, non avevano mai assunto l’iniziativa delle proteste. Radunandosi nelle strade e nelle piazze, non veniva chiesto solo il diritto all’aborto, ma pretendevano anche la cacciata del governo e non intendevano accettare alcun tipo di compromesso. Il movimento rivendica anche la separazione tra governo e giustizia, come tra stato e chiesa, oltre all’allargamento dei diritti sociali e civili. Le proteste sono state pertanto clamorose ed impressionanti per la partecipazione di non solo donne, protagoniste di tale legge, ma di chiunque, e anche per i gesti compiuti: persone che occupavano le Chiese, marce e scioperi, in particolare il 28 ottobre ce n’è stato uno nazionale delle donne, mentre il 30 ottobre a Varsavia vi è stata una grossa manifestazione con oltre 100mila presenze.
Questa legge ha chiamato in causa tutti, appellandosi ai loro giudizi morali, per rivendicare alcuni dei diritti femminili secondo i quali ogni donna deve essere libera di fare ciò che vuole con il proprio corpo. “My body my choice” è lo slogan femminista che rispetta le scelte e l’autonomia di ogni donna adulta, la sua libertà di essere e di decidere e anche ne ribadisce ulteriormente i propri diritti. Questi però non sono stati ufficializzati in nessun modo se non solamente diffusi come principio tra le persone e pertanto il Tribunale costituzionale non l’ha potuta condannare. Molte delle associazioni e organizzazioni impegnate sul tema dei diritti umani hanno perciò criticato la sentenza del Tribunale costituzionale. Per Amnesty International, il giudizio della corte: «è il risultato di un attacco sistematico ai diritti delle donne». Dura presa di posizione anche da parte del consiglio Europeo e di Human Rights Watch: «Invece di difendere i diritti, la corte contribuisce a violarli». L’opinione pubblica, come si è visto prendendo parte attiva alle proteste, è in forte disaccordo con tale legge e, a conferma di ciò, ne è un ulteriore esempio la nuova copertina di Vogue Polonia con una modella con drappo rosso, le mani legate e un fulmine sulla faccia, simbolo delle proteste.
Dopo settimane di cortei di massa, il governo polacco sta facendo marcia indietro sulla decisione del tribunale costituzionale ritardando la pubblicazione di quella legge sulla Gazzetta Ufficiale.