Ecco cosa c’è che non va in questa legge di bilancio
di Riccardo Orgolesu*
Ricordate Gli Amigos, la pubblicità del Parmigiano Reggiano del 2021, che a suo tempo ha suscitato numerose polemiche sui diritti dei lavoratori?
Cinque giovani aspiranti cuochi chiamati a partecipare a una gara di cucina, ma con una sfida aggiuntiva: in tutti i piatti deve essere utilizzato il parmigiano reggiano. E allora si parte alla scoperta del parmigiano, seguendo in ordine le fasi della sua preparazione; nel mezzo di questo viaggio si incontra Renato, un casaro che produce il parmigiano per il Consorzio.
Il personaggio, o, meglio, il modello di comportamento che trasmette, è un triste riflesso dei sogni di chi vorrebbe schiacciare i diritti dei lavoratori e avere un esercito di dipendenti da sfruttare a piacimento.
La prima impressione è già spaventosa: Renato ci viene presentato mentre lavora, e subito ci viene detto che lavora trecentosessantacinque giorni l’anno, da quando di anni ne aveva diciotto. Seguono le domande piene di ammirazione dei cinque ragazzi, che lo guardano come fosse un animale da circo: no, “Renatino” non ha mai visto il mare, non è mai stato a sciare né a Parigi, ma sì, è felice di dedicare ogni giorno della propria esistenza al parmigiano.
Una figura tristemente caricaturale, a cui il nome, storpiato da un carinissimo diminutivo, non fa che aggiungere un che di paternalistico, e che ben rappresenta, pur gonfiandola, la situazione in cui si trovano oggi milioni di lavoratori in Italia.Lo spot è subito diventato oggetto di pesanti critiche e ha generato in rete un acceso dibattito sui diritti dei lavoratori nel nostro paese.
Discorso doveroso, considerato che l’Italia è l’unico paese europeo ad aver visto, dal 1990, un calo dei salari medi, mentre sono in aumento gli infortuni sul lavoro. Precisamente, i salari medi sono calati del 2,9% (dati Ocse), l’Italia è al quarto posto in Europa per lavoro povero, all’11,7% (tabelle Eurostat), gli infortuni sul lavoro nel periodo gennaio-luglio 2022 sono saliti del 41,1% rispetto allo stesso periodo del 2021 (open data Inail), e il rapporto Inapp 2022 rivela che il 68,9% dei nuovi contratti di lavoro è a tempo determinato.
In risposta alle critiche ricevute dagli spot, l’attore Stefano Fresi ha giustificato: “È una pubblicità, un’opera di finzione, e quando ‘Renatino’, che non si chiama così nella vita, racconta di essere felice di non andare a Parigi e di non vedere mai il mare, perché lavora 365 giorni al Parmigiano Reggiano, è una cosa che serve allo sceneggiatore per magnificare il prodotto”.
Dunque, Fresi si è chiesto: “perché reagire in questo modo a un’opera di finzione? Si può dire che è brutta, che è bella, ma non farne una lotta di classe, di politica, di diritto del lavoro, di sfruttamento dei lavoratori, perché non è un documentario, è una finzione.”
Soprattutto su quest’ultimo punto mi sento di dissentire: è vero che la pubblicità è finzione, ma è altresì innegabile che sia al contempo uno specchio dei modelli di comportamento della società, che contribuisce anche a imporre.
E quindi diventa proprio una questione di politica, di diritto del lavoro, di sfruttamento dei lavoratori, e anche, se vogliamo, di lotta di classe.
Questo spot non è altro che il frutto di una triste realtà: una classe dominante, in modo subdolo, perpetra certi modelli di comportamento, che sembrano dire ai tanti Renatino reali “bravo, continua così”, che pare vogliano invitare quanti più ragazzi possibile ad abbandonare gli studi, per finire sotto il giogo di un’azienda che li sfrutti come manodopera a basso costo.
Modelli in cui è all’ordine del giorno la celebrazione dello sfruttamento e del lavoratore sfruttato, che ha perso ogni ambizione, se mai ne ha avuta, che non si gode la vita, non si concede alcuno sfizio, tanto meno Parigi, spesso per uno stipendio da fame, e che per questo viene guardato con ammirazione da chi ha una vita più agiata ed è ben contento di avere qualche lavoratore di cui approfittare.
Viene da chiedersi se, a distanza di poco più di un anno, il discorso non sia ancora più attuale: se è vero che i governi precedenti non hanno spinto con molta decisione sui diritti dei lavoratori e sulla dignità dei poveri, sembra che questo stia addirittura andando nella direzione opposta.
La manovra di bilancio che stanno preparando parla chiaro: non una parola o una soluzione concreta sul precariato, sulla sicurezza nel luogo di lavoro, sugli stipendi; in compenso, taglio e successiva abolizione del reddito di cittadinanza per gli “abili al lavoro”, anche se ancora non è chiaro con quale criterio si definiscano tali e, soprattutto, se avranno la possibilità di lavorare in condizioni decenti. È però chiaro il messaggio: per gli sfruttatori la pacchia continua.
Non sono altro che briciole e specchietti per le allodole, invece, altri punti della misura: in seguito alle numerose critiche il governo ha fatto dietro front sul taglio del cuneo fiscale al 3%, che prima doveva essere indirizzato per un terzo alle imprese, di fatto togliendo soldi dai lavoratori per metterli in tasca alle aziende, mentre ora sarà interamente a beneficio dei lavoratori, garantendo un risparmio sulle imposte che parte da ben €19,25 mensili (€231 annui) per i redditi lordi di €10.000, arrivando a un picco di €41,15 (€493,85 annui) per i redditi lordi di €25.000 (Il Sole 24 Ore); la tassazione sugli extraprofitti delle compagnie energetiche sale timidamente dal 25% al 50%; l’unica mossa giusta, ma ancora timida, è quella sull’IVA sugli assorbenti, che, abbassata dal governo Draghi al 10%, scenderà nel 2023 al 5%, anche se in paesi come la Scozia, il Canada e persino l’India è stata totalmente abolita.
Per non parlare delle accise sulla benzina, cavallo di battaglia dell’attuale maggioranza in campagna elettorale, che invece di diminuire sono aumentate, e della tassa piatta per autonomi e partite IVA ora estesa fino ai redditi da €85.000.
Neanche la scuola se la passa bene: si parla di “merito” e di “umiliazione”, ma si cerca di far passare in sordina il ripristino del contributo per le scuole paritarie (€70mln), mentre le scuole pubbliche sono sommerse da problemi di ogni sorta e, proprio a causa dei mancati investimenti, si pianifica un “ridimensionamento programmato” che potrebbe portare, entro il 2024, alla chiusura di circa 700 istituti e a una diminuzione a livello nazionale dei dirigenti. Una mossa che contribuisce ad aumentare il tasso di abbandono scolastico, già troppo alto e ben sopra la media europea, e di conseguenza il numero di Renatini.
Non potevano mancare, infine, le misure a favore degli evasori: anche se, dopo diversi voli acrobatici, è saltato il tentativo di creare una soglia di impunibilità per chi non accetta il Pos, rimangono l’innalzamento del tetto al contante a €5.000 e il “perdono fiscale”, come è stato chiamato di recente, ovvero la possibilità, per gli evasori, di mettersi in regola pagando la cifra dovuta, senza incorrere in conseguenze penali, oltre allo stralcio delle cartelle esattoriali fino a €1000, che è slittato a marzo ma è sempre presente. Insomma, un regalo ai “furbetti” fatto di economia sommersa e condoni.
Una manovra, questa, completamente sbagliata, iniqua, che va a vantaggio dei ricchi e a danno dei poveri; una manovra da record, non solo perché, come ci tiene a ricordarci la Presidente Meloni, è stata scritta e presentata in un solo mese, e si vede, ma soprattutto perché è riuscita a farsi bocciare dall’opposizione, da Bankitalia, dalla Cgil, dall’Europa, con il rischio di perdere i fondi del Pnrr, e persino da Confindustria.
Con l’avvicinarsi del Natale, e anche del 31 dicembre, giorno entro cui la manovra di bilancio deve essere approvata dalle camere e pubblicata in Gazzetta Ufficiale per entrare in vigore il 1° gennaio, perché non si passi all’esercizio provvisorio, sembra che la situazione di milioni di Renatino non sia destinata a migliorare.
Con la discussione della manovra alle camere, potranno essere approvati diversi emendamenti, anche presentati dall’opposizione, per cercare di migliorarla. Per esempio, è già stato approvato l’emendamento del Partito Democratico sul reddito alimentare. Dei 2.104 emendamenti presentati, 450 saranno discussi in aula, prima del voto per l’approvazione del testo definitivo. Il governo Meloni batta un colpo!
*Riccardo Orgolesu frequenta la classe Prima B del Liceo classico Antonio Gramsci di Olbia