di Nello Benassi
12 settembre 1962. John Fitzgerald Kennedy, presidente degli Stati Uniti d’America, fa un annuncio che lascia senza parole le 35.000 persone radunate nello stadio della Rice University e l’intero pianeta: “Abbiamo deciso di andare sulla Luna”.
Forte dei successi ottenuti con i programmi Mercury e Gemini, i quali permisero di portare l’uomo in orbita con conseguente messa a punto dei vari sistemi di manovra e uno studio più approfondito sulle conseguenze fisiologiche della lunga permanenza nello spazio, la NASA lancia il programma Apollo.
Gli sviluppi iniziali subiscono un brusco rallentamento a seguito del tragico incendio che avvolse il razzo posto sulla rampa di lancio il 21 Febbraio 1967. Per i tre astronauti non c’è stato modo di salvarsi. La missione venne rinominata “Apollo 1”, in memoria di quel volo che non è mai avvenuto.
Si susseguono una serie di missioni prive di equipaggio che prendono il via con l’ “Apollo 4” (ufficialmente non esistono Apollo 2 e 3) nel 1967 e che proseguono fino all’anno successivo con “Apollo 6” . Dati i successi riportati, si decide di tentare nuovamente il trasporto di un equipaggio in orbita. Vengono effettuati altri 4 lanci che si spingono fino all’orbita lunare.
Il veicolo spaziale definitivo è formato da tre elementi: il modulo di comando, il modulo di servizio e il modulo lunare. Il primo è riservato all’equipaggio , il secondo ospita il motore di 24 tonnellate che permette le manovre in orbita e le antenne per le telecomunicazioni e il terzo, noto come LEM, ha la forma di un ragno e permette la discesa sul suolo lunare. A lanciare i tre moduli è il Saturn V, un razzo alto 110 metri, un diametro di circa 10 e un peso complessivo di 3000 tonnellate. Sono ben 5 i motori che muovono l’intero complesso e sono alimentati a ossigeno liquido, cherosene e idrogeno liquido. Insomma, la versione migliorata dell’Ippogrifo usato da Astolfo.
Cape Canaveral, 16 Luglio 1969, 9:32 del mattino (15:32 in Italia) decolla la missione spaziale “Apollo 11”. Sono oltre un milione le persone radunate lungo le coste e le strade per assistere al lancio. Dopo 12 minuti il Saturn V entra nell’orbita terrestre dove, dopo i dovuti controlli, dal centro di controllo della missione a Houston giunge il “go” per procedere verso la Luna. L’Apollo esce dall’orbita e si immette sulla traiettoria verso il satellite. Il complesso formato dai primi 2 moduli si stacca e con una rotazione di 180 gradi su se stesso si attacca al modulo lunare, soprannominato “Eagle”. L’obiettivo è il “Mare della Tranquillità”, una vasta distesa lavica all’altezza dell’equatore lunare.
Il complesso raggiunge l’orbita del satellite il 20 Luglio e tutto è pronto per la grande impresa. Michael Collins rimane nel modulo di comando, mentre Neil Armstrong e Buzz Aldrin si traferiscono nel modulo lunare. “Eagle” si separa dal resto e inizia la manovra di discesa. A 1800 metri dal suolo lunare, però, sul pannello di controllo si accendono le luci di allarme: il computer era andato in sovraccarico. Grazia all’intervento manuale sui comandi di Armstrong la discesa avviene senza troppi problemi. L’Aquila è atterrata.
Gli astronauti sono pronti ad uscire dal modulo, che viene depressurizzato e il portello aperto. Armstrong scende per primo i 9 gradini della scaletta. Si ferma per un momento sull’ultimo, quasi esitando, poi appoggia lo stivale sinistro sulla polvere del suolo lunare e vi imprime la sua orma. In quel momento pronuncia la frase che è passata alla storia: “That’s a small step for a man, a giant leap for mankind” (Questo è un piccolo passo per un uomo, un passo da gigante per l’umanità). In Italia sono le 4:57 del 21 Luglio. Armstrong si allontana di pochi passi e dietro di lui Aldrin si prepara a scendere, con un piccolo balzo si catapulta sul suolo.
Il loro tempo di permanenza è estremamente limitato: appena due ore. Dopo aver piantato la bandiera americana e aver ricevuto una telefonata del presidente Nixon, i due astronauti iniziano a raccogliere dati grazie all’attrezzatura a loro disposizione
Sono passate 21 ore e 36 minuti dal momento dell’atterraggio, quando arriva il momento del decollo. È un’operazione decisiva. Se il motore del modulo non funzionasse, i due astronauti rimarrebbero sul suolo lunare senza possibilità di soccorso. Fortunatamente tutto procede perfettamente. Eagle si ricongiunge agli altri due moduli e inizia il lungo viaggio di rientro.
Passano 3 giorni prima che i tre astronauti giungono nell’orbita terrestre. Inizia dunque la sequenza di rientro. Columbia (l’unione dei primi due moduli) si stacca da Eagle, ormai inutile, e si “tuffa” nell’atmosfera. I grandi paracaduti rossi e bianchi si aprono sopra il Pacifico e la capsula piomba in mare.
Le immagini di quella notte vengono trasmesse in diretta mondiale. Sono più di 600 milioni gli spettatori incollati davanti allo schermo in religioso silenzio. Per un attimo le leggi fisiche perdono significato ed è la Terra che gira esterrefatta intorno alla Luna.