La Pina Bausch di Leonetta Bentivoglio
Pina Bausch era una ballerina e coreografa tedesca che ha sviluppato una nuova forma di danza chiamata Tanztheater, che combina la danza moderna con elementi teatrali, e per questo viene considerata la “madre” del teatro-danza europeo. “Con un gesto senza precedenti – scrive la Bentivoglio – aveva deciso di sopprimere il balletto classico dalla scena di un teatro municipale, sovvenzionato dal denaro pubblico. Era come cancellare dal repertorio di un’istituzione artistica i titoli di Mozart e Verdi”.
In particolare, il suo stile di danza-teatro si concentra sulla rappresentazione delle emozioni e dei sentimenti, utilizzando movimenti non convenzionali e gesti quotidiani. Per la Bausch “il linguaggio dei sentimenti, delle sensazioni, è molto importante, perché ci consente di superare le differenze etniche, razziali e di superare qualsiasi tipo di barriera perché esprime semplicemente le relazioni che esistono tra noi”.
In questo modo, la Bausch ha contribuito a creare uno stile di danza che va al di là della tecnica e della virtuosità, ma che si concentra sull’espressione e sulla comunicazione con il pubblico. Le sue coreografie spesso si basano su temi universali, come l’amore, la morte, il rapporto tra uomo e natura, e utilizzano elementi di teatro, musica, e poesia per creare un’esperienza unica e coinvolgente, sviluppando un metodo di lavoro molto particolare, che prevede la partecipazione attiva dei ballerini nella creazione delle coreografie e la collaborazione costante con altri artisti.
Inoltre, Pina Bausch ha affrontato molte tematiche importanti, come il ruolo della donna nella società. In questo senso, il suo lavoro è stato significativo sia dal punto di vista artistico che culturale, perché ha influenzato e ispirato tutti gli sviluppi della danza successiva fino ad oggi.
“Si può dire, – scrive la Bentivoglio – senza rischio di esagerare, che nella geografia delle arti contemporanee esista un prima e un dopo Pina Bausch: con la sua originale ‘poesia del mondo’, quest’autrice fuori dal tempo e dalle mode (dal ruolo d’iconoclasta finì per approdare, nel nuovo millennio, a quello di consacrata regista-coreografa), ha terremotato il panorama delle arti dal vivo”. Si è trattato di un’operazione “così forte che dopo Pina Bausch è stato impossibile tornare indietro: agli stereotipi degli accademismi, alle retoriche estetiche, alle ideologie del buon uso del corpo”.
Dopo una prima parte biografica Leonetta Bentivoglio racconta di come ha avuto la fortuna di conoscere ed intervistare Pina Bausch, che ha dato una prospettiva determinante alla sua vita e al suo modo di lavorare: “sono consapevole – scrive – di essere stata onorata da un incontro straordinario senza il quale io sarei diversa”.
Il suo è il ricordo di un “incubo sensuale”, di una “magnifica perversione”, di uno spettacolo traumatico: “il palcoscenico era ricoperto da mucchi di foglie secche e spesso i corpi dei ballerini le smuovevano strisciando sul suolo. L’ensemble era formato da donne spettinate e uomini tozzi o giganteschi con i torsi nudi. I corpi si prendevano, si abbracciavano, arrancavano, si sbattevano contro i muri”.
Importante per Pina Bausch è anche la musica che, come la scenografia, “è materia viva e pregnante, che suggerisce, enfatizza e consola”. Nei suoi spettacoli la musica è importantissima: “in un certo senso – scrive – mi sento una compositrice. E ci sono le esperienze, i processi di apprendimento che si sono accumulati nel corso degli anni. Si tratta proprio di frammenti di un complesso enorme e sono tasselli che non possono essere scissi l’uno dall’altro: devono essere considerati nella loro globalità. Mi è impossibile pensare alla danza come a un’entità separata, disgiunta dal palcoscenico o dai materiali che vengono utilizzati per le scene, perché davvero si tratta di un tutto unico, indivisibile dallo spazio circostante”.
Leonetta Bentivoglio, Pina Bausch Una santa sui pattini a rotelle, Firenze, terza edizione ottobre 2022, Edizioni Clichy