di Giulia Organi
Quando si parla di Fëdor Dostoevskij, L’idiota probabilmente non è il primo libro che ci viene in mente. Delitto e castigo, I Fratelli Karamazov, I demoni sono certamente i titoli più celebri attribuiti all’autore, ma la mia attenzione è stata proprio colpita dall’Idiota, forse per il titolo un po’ “particolare”. La storia si svolge nella Russia del diciannovesimo secolo, anche se il periodo storico rimane marginale e fa solo da sfondo alla vicenda. Come suggerisce il titolo, la figura principale è quella del principe Myskin, il protagonista considerato da tutti un’idiota. Mentre mi perdevo nelle pagine di questo intricato romanzo ho riflettuto molto su questa figura e sul perché tutti lo definissero un idiota: Lev Myskin non è un idiota nel vero senso del termine ma è considerato tale per il suo atteggiamento fin troppo buono, altruista e ingenuo, per il quale viene spesso deriso e talvolta sfruttato.
Il principe, all’inizio del romanzo, in una mattina di fine novembre, fa la conoscenza di Parfen Rogožin, un uomo benestante e di temperamento aggressivo, follemente innamoratodiNastas’ja Filippovna, la mantenuta di un ricco possidente di cui Myskin a sua volta si innamora dopo averne visto un ritratto quello stesso giorno a casa degli Epancin, i suoi unici parenti rimasti in vita. Quando s’incontrano, Nastasja Filippovna rimane colpita dalla bontà del principe, ma il disgusto che prova per se stessa la induce a fuggire via da lui, con Rogožin, convinta che Myskin meriti una persona migliore al suo fianco. Questa persona, secondo Nastas’ja è la figlia del generale Epancin, Aglaja, una giovane ragazza, bellissima, tenace e soprattutto orgogliosa che finisce per innamorarsi del principe, che offende e deride per nascondere il forte sentimento che prova per lui.
La vicenda, oltre ad un’infinita serie di nomi complicati ed impronunciabili, è ricca di avvenimenti che possono generare confusione nel lettore, ma contribuiscono a rendere la storia avvincente. Di fatto, durante la narrazione l’autore si sofferma su ogni singolo personaggio e rende quindi possibile osservare mentalità molto differenti e opinioni su vari temi, che vanno dall’ateismo al socialismo. Per esempio, mi sono parse particolarmente interessanti le osservazioni del Principe sulla religione: “[…] l’essenza del sentimento religioso sfugge a qualsiasi ragionamento, a qualsiasi colpa e delitto, a qualsiasi sistema. C’è in esso qualcosa di inafferrabile, e sarà eternamente inafferrabile, c’è in esso qualcosa su cui gli atei sorvoleranno sempre, parlando eternamente di un’altra cosa.”
Non meno interessanti e originali sono le sue considerazioni sul socialismo: “Anche il socialismo è derivato dal cattolicesimo e dal messaggio cattolico! Anch’esso, come l’ateismo, suo fratello, fu originato dalla disperazione, in contrapposizione alla morale cattolica, per rimpiazzare il potere morale che la religione aveva perduto, per sedare la sete spirituale dell’umanità rinascente e salvarla non con Cristo, ma con la violenza.”
Su ogni riflessione si potrebbe scrivere un articolo a parte, ma quelle che ho ritenuto più interessanti sono sicuramente quelle sulla pena di morte e sull’amore del principe, che nonostante il soprannome, si rivela essere la personalità più colta all’interno del racconto, dimostrando una sapienza e un’intelligenza superiore a tutti quelli che lo circondano: “Anche idiota mi credono tutti, non so perché, e in realtà un tempo fui tanto malato, che allora ero proprio simile a un idiota; ma ora che idiota potrei essere, quando capisco anch’io che mi ritengono idiota?”
Sicuramente questo non è un libro da leggere in pochi giorni e svogliatamente, e si merita la piena attenzione del lettore, ma sono sicura che una volta finito nessuno si pentirà di averlo iniziato. Questo capolavoro, a mio parere sottovalutato di Dostoevskij, mi ha trasmesso molto: per la prima volta sono riuscita a riflettere su questioni che non mi ero mai posta seriamente, e oltre ad avermi fatto riscoprire il piacere della lettura, e nonostante la sua lunghezza, è riuscito a non annoiarmi, ma addirittura ad entusiasmarmi fino all’ultima pagina.
Fëdor Dostoevskij, L’idiota, trad. it. Giulio Einaudi editore.