Lo studente furioso I

di Martino Andreini

Noi ragazzi della generazione Z quando pensiamo alla satira le uniche cose che ci vengono in mente sono Crozza e i meme politici dei cinquantenni, ma è molto di più. In pochi considerano la satira un genere letterario al pari della poesia o della narrativa; per questi motivi ho deciso di provare a scriverne una. Nella satira ogni critica, commento e affermazione è unicamente finalizzato all’intrattenimento e al divertimento in una breve e limitata finestra di tempo satura di significati. Così ho deciso di parlare di qualcosa che ci riguarda tutti in prima persona, la scuola.  E non c’è niente che fa più scuola di terzine medievaleggianti!

 

L’inizio del cammin di nostra vita

mi ritrovai ‘n una scòla di scienza,

chè l’adulta via era in lontanienza.

Azz1 quanto a dir qual era è cosa dolce,

quando all’anno primo ‘ncor vedevo spè

negli sguardi dei dolci compari a mè.

Lo primo dïe conobbi ‘l Maffo2,

homo che porta ‘l dolce riso buffo,

Oh maestri d’arte etterni supplenti.

L’anno fu secondo ma non secundo

fu l’incontro con colei che gela e

porta pianto, truce Nardin Lorella3.

L’età terza corse tanto inutile

quanto il faticar dei tecnici, e come

inutil so’ le nostre macchinette.

Poi la gran Pàtologia4 tolse il peso

dello scettro dall’inette mani de’

vecchi eletti che di ciò furon lieti.

Oh rappresentanti antiqui! E sì lesto

venne lo anno quarto ch’ oggi siam parte.

Ma or lo ieri al presente passa le carte.

Nell’aere sento un canto, è ‘l rubro

esercito dei Liberi che Chiarl Marx5

dianzi duce al fronte serrato ‘l pugno.

Ma dal Rosso al Nero andiam. «Di chi parliam?»

Chi se non Dig6 che ‘l trono brama, oh Muse,

da rapper a rappres fortun ti volse.

Carnini ‘l qualunquista animo sfascia!

Ma qui fermommi chè non voglio sì far

di Charlie Hebdo la fine nei corridoi.

Ei è solo un dei eletti sanza voto

che le quattre poltron vinsero a dadi

e una7 opposizion è quella intestina.

«Allora perché non ti candidasti?»

A tu maldicente ripono ch’ io

son solo un bonnarïo satiretto.

Infin anche s’è scòla e selva e oscura,

dopo ‘l quinto uscirem con occhio fiòrdo8

a riveder come stelle il ricordo.

 

  1. Azz: Esclamazione di stupore che può essere interpretata anche come invocazione all’ex Ministra dell’Istruzione L. Azzolina (da Mr 1, 1 – 10).
  2. Maffo: Maffei, professore di disegno e storia dell’arte.
  3. Nardin Lorella: Attuale vice preside della nostra scuola.
  4. Gran Pàtologia: Parafrasi di Covid-19.
  5. Chiarl Marx: Chiaravalloti responsabile del gruppo Liberamente (Liberi).
  6. Dig: Nome d’arte dell’attuale rappresentante d’istituto durante la sua carriera da rapper.
  7. Una:
  8. Occhio fiòrdo: Occhi lucidi, in lacrime.

 

La scuola e l’insegnamento: sapere non è imparare, ma crescere

di Irene Stefanini

   Fondamento della società e specchio della cultura di un popolo, la scuola rappresenta il primo passo, e per questo forse il più importante, per le sorti future della popolazione non solo di tale Stato, ma anche mondiale. Ogni paese imposta i programmi e l’organizzazione scolastica come reputa più giusto, e questo porta ad avere molte differenze da uno Stato all’altro: spesso queste riflettono sia l’impostazione e l’inquadramento politico del governo in carica sia la cultura del popolo. Le differenze non impediscono però alle nuove generazioni di studenti “cittadini del mondo” di frequentare scuole in altri Stati e fare un percorso di studio attraverso varie nazioni. Negli ultimi anni sono state molto incrementate ed incoraggiate le iniziative finalizzate a creare scambio e relazionare studenti da tutte le parti del globo: Erasmus, gite estere, gemellaggi, collaborazioni universitarie ed altre ancora sono iniziative che spingono gli studenti a spostarsi e entrare in contatto con le scuole estere.

   Le differenze però ci sono e per quanto si cerchino di ignorare, si vedono.

   La scuola italiana, ritenuta fino a qualche tempo fa uno dei migliori modelli scolastici, si basa fin dalle elementari sull’insegnamento delle conoscenze, piuttosto che sullo sviluppo delle conoscenze e delle capacità: in qualche modo si potrebbe dire che gli studenti imparano, ma che spesso non capiscono. Colpa forse è dei maestri e professori, dei programmi o del retaggio culturale, o di chicchessia, fatto sta che il rapporto scuola-studente non è un rapporto di conoscenza e rielaborazione dei concetti, ma di semplice apprendimento di questi.

   Un esempio pratico ma lampante di questo si ha con la matematica e la fisica: queste due materie si basano principalmente sul ragionamento e non sullo studio “a pappagallo” ed infatti il numero di studenti che riscontrano difficoltà con queste due materie è molto maggiore rispetto alle altre; solitamente chi è portato per queste scienze viene visto dai compagni come il genio o il secchione, anche se egli è semplicemente una persona che ha più sviluppato quel tipo di intelligenza.

   Esistono infatti diversi tipi di intelligenze: naturalistica, musicale, logico-matematica, esistenziale, interpersonale, corporeo-cinestetica, linguistica, intrapersonale, spaziale. Prestando attenzione a queste si può notare come ci sia un collegamento diretto tra questi tipi di intelligenza e le materie scolastiche. Quindi il problema non sta nel “cosa”, ma nel “come” si studia. Soprattutto andando avanti con gli studi ci si imbatte sempre più in materie considerate di serie A e di serie B, mentre è ingiusto classificare le materie perché così facendo si finisce per etichettare anche le persone stesse in base alle loro predisposizioni; inoltre si tende ad esaltare quelle materie e facoltà basate sulla conoscenza e sullo studio in quanto tale, degradando e sminuendo quelle più pratiche e materiali.

   Questa mentalità, portata avanti dalle vecchie generazioni ed insegnata alle nuove, ha fatto sì che negli ultimi decenni i più volenterosi e determinati fossero proiettati verso lavori più concettuali, “moderni”, mentre coloro più svogliati o apparentemente meno dotati venissero indirizzati verso scuole più pratiche e che prevedono un percorso di studi più corto, determinando di conseguenza la svalutazione di alcune scuole e facoltà a vantaggio di altre. Pensando però al futuro, al mondo lavorativo questo ha portato ad una richiesta di competenze sempre maggiori, ad una specializzazione sempre più approfondita per ottenere anche un semplice impiego, abbandonando però tutti quei lavori manuali e pratici che sono stati svalutati e giudicati come umili e degradanti, nonostante la domanda di questi sia sempre presente se non in aumento.

   Si ricordi: meglio un bravo idraulico che un medico mediocre. Non si dovrebbe avere paura o vergogna ad essere bravo con le macchine e voler fare il meccanico, ad avere il pollice verde e voler lavorare in un orto o in un’azienda agricola come non ci si dovrebbe sentire obbligati ad andare a Medicina o a Legge solo perché si è degli studenti molto validi, a studiare fino alla vecchiaia anche se vorremmo altro: ogni individuo ha le sue caratteristiche, peculiarità, intelligenze e nessuna persona è meglio di un’altra. La vita è unica e singola perciò dovrebbe essere vissuta facendo quello che più ci piace o ci riesce senza che venga giudicata o condizionata. La scuola dovrebbe insegnare a vivere ed a essere dei buoni cittadini e questo significa anche accettarsi con le differenze che ci distinguono e lasciare che ognuno sviluppi le sue capacità, anche in autonomia, perché in fondo lo dice anche il detto famoso: “Sbagliando si impara”. Aggiungerei che, avendo sempre un appoggio o un aiuto, non si impara a fare da soli e perciò ci vorrebbe, da parte degli adulti verso i giovani, più fiducia nella loro indipendenza, nella scoperta di loro stessi e nello sviluppo delle loro intelligenze e capacità.

Felici in un modo puro

di Costanza Buoni

   Chissà quante volte durante la settimana ci soffermiamo ad immaginare come sarebbe bello avere del tempo libero, oppure a pensare alle moltitudini di lavoretti da finire se solo non dovessimo farne altri più importanti.

   Ecco, il momento è arrivato.

   Il cassetto dei gommini e delle pinze sta aspettando di essere ordinato, la libreria non vede l’ora di essere spolverata e riorganizzata oppure l’ultima anta dell’armadio, quella che ospita vestiti comprati in fretta e furia o addirittura ancora col cartellino, desidererebbe essere considerata di più.

   Dover rimanere rinchiusi in casa non piace a nessuno, specialmente se il sole decide di svegliarsi proprio quando sarebbe meglio rimanesse nascosto dietro qualche nuvola.

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