Due poesie

di Rebecca Giusti

 

Si sta chiusi

 

Piangi gridi ti vorresti strappare la vita

Prendere a morsi questo cosmo

Che ti ingabbia ogni secondo

Perché ti illude di esistere

Quando poi lo sai anche tu

Che se lo provochi, poi ti risucchia

Si sta chiusi

Come finestre di case fredde d’inverno

Senza riscaldamento

E poi lo sai anche te

Che ti dovrai abituare al tuo essere

E poi lo sai anche te

rimarrà schiacciato dalla mole di altri

Si appiattirà sotto una coperta di piume pesanti

Per finire addormentato

Si parla con noi stessi

Ma finiamo per odiarci

Dopo un po’ che stai con qualcuno

Scivoli in una noia che ti corrode,

non sapendo quando ridere

E quando dirti di farla finita.

 

 

Giovane edera

 

Ci si guarda e ride

Poi ti alzi perché qualcuno ti chiama

Penserei che confusione

Proprio mentre ci si sfiorava come se avessimo piume in mano

Ma io ti osservo disinteressata

E sembra che tu sia un’edera,

verde come la giovinezza

tremendo mentre ti stritola con finto interesse.

 

 

Provaci almeno a dirmelo

Una poesia di Rebecca Giusti

 

Com’è quando ti senti di scoppiare

Dimmi com’è cerca di descriverlo

Va bene anche se me lo dici con parole

che non riescono ad inquadrarlo quello stato

Con lettere sconnesse che cerchino

Si sforzino, correndo controvento

Di dirmi qualcosa

Tutto bellissimo, niente è più stupido o lo sembra

Ogni cosa che senti è nuova, mai sentita

In questa terra già vista, già sentita

Ti senti bene nella tua pelle che si sforma

Si muove, con il cuore che si allarga

È come se fossi in una gabbia aperta

Profumata e senza niente che divida

Te stesso dalla cavità toracica spalancata

Di qualcun’altro

Potresti scappare

Ma preferisci stare dentro di te

Perché si sta bene.

 

 

Forse un giorno

Una poesia di Rebecca Giusti

 

Quando si smette di pensare che potremmo essere altro.

Sarebbe tutto rosa se fosse così un giorno lontano

Con meno movenze innaturali e risate per camuffarci

Una linea curva ci delineerebbe come un filo

Ondeggeremmo per le strade dritte

Come se fossero anche loro sicure

Di cosa vogliono comunicare

Avremmo ognuno una consapevolezza valida.

I dubbi sarebbero fiori viola che animano

I campi grigi di cose belle

Di cui siamo pieni

E potrebbero anche essere cercati da tutti,

perché pochi secondi immobili

ci salverebbero dalla sensazione di asfissiare,

affogare nell’aria densa di tutto ciò che ci sta intorno.

Ci sarebbe una strana euforia in giro,

la sera tutti si nasconderebbero perché

vorrebbero sentire il filo che sono stendersi come una corda

le chitarre avrebbero un suono diverso

che sembrerebbe quello di qualcuno che piange.

Due Poesie

di Rebecca Giusti

 

Sterpaglie

Si vive bene

Con le siepi d’intorno

Un danzare di sterpaglie che ti abbraccia

 le caviglie bianche

Il passo incerto

Di chi non sa cosa succederà tra

Due tre mille giorni

Si ride finché la bocca si muove

E i muscoli del viso si ribellano

Alla staticità del volto

Siamo fortunati finché siamo tra

Qualche muro bianco d’inadeguatezza

Perché fuori potrebbe essere peggio.

Qualcuno scherza

Altri piangono col sorriso

Qualcuno lo fa senza la luce fuori

abbracciando un vuoto grande quanto la mancanza

Che ne sarà di noi

Così disabituati a vivere nella paura.

 

Bosco d’inverno

Nel bosco c’era una scatolina

Era un bosco normale

Le foglie blu come la nostalgia umana

stavano ferme però

E tutto sembrava non azzardarsi a muoversi

Non c’erano rumori

Gli animali sgusciavano e strisciavano

Vicino alla terra secca e piena di solchi

Senza emettere neanche un sibilo involontario

La fermezza dell’aria avrebbe fatto crollare chiunque

Se solo ci fossero stati passanti

Sulla scatolina c’era una scritta

Era incisa da un bambino che stava ancora lì seduto

Si leggeva: memorie di quello che avrei voluto essere.

Ma era un bosco o la mente di qualcuno?

Ormai non si capiva più.