Ai bambini del lager di Terezin

di Lisabetta Raffaetà

 

Puoi togliermi il cielo

ma il cielo

è negli occhi del mio compagno di sventura.

 

Puoi togliermi il calore,

ma il calore

è nella forza del ricordo.

 

Puoi togliermi la libertà

ma la libertà

è la forza della fantasia

 

Puoi togliermi la speranza

ma la speranza è fanciullezza,

annientarla è cosa dura.

 

Puoi calare, oh carnefice,

la falce oscura della morte

sui piccoli innocenti,

ma altri bambini nasceranno

e di nuovo gli uomini

ammireranno la libertà del cielo,

di nuovo ricominceranno a sognare

di nuovo impareremo a volare

ad amare, desiderare

 

perché i bambini sono vita

e la vita vince sempre,

anche il male oscuro.

 

 

Due poesie di Rebecca Giusti

Quello che raccontiamo

 

Poi tutto quello che raccontiamo

Alla gente

Dove va a finire quando

Non ci riconosciamo più

Ci si convince di no

E se ci si vede

si finge come dei ladri

di non sapere niente

di non capire più da che parte gira il mondo

si finge

per orgoglio, per egoismo, per terrore

di non aver mai amato

si urla: non t’ho mai amato

quando si fa ancora, un cattivo vizio

e il nostro io si rannicchia

dietro queste bugie calde, un caminetto tiepido

in cui possiamo stare fermi senza farci scoprire.

Si conoscono come noi stessi

le paure che divorano l’altro

ma decidiamo comunque di riassumere

queste dimenticanze fasulle

in un saluto smorto. Leggi tutto “Due poesie di Rebecca Giusti”

Il silenzio nella via

Un poesia di Hermione Buensuceso

Alle sei del pomeriggio, d’inverno,
la solita strada che mi portava da te sembrava più vuota del solito.
Nessuna risata, nessuna spinta sul marciapiede
che mi metteva quel solito broncio
che solo te conoscevi.
Quella solita panchina al parco,
te la ricordi ancora, vero?
Piena di nostri baci,
di nostre parole,
di noi.
Con te era come ballare,
nessuna preoccupazione,
nessun limite,
nessun orario.
E ora, cammino in silenzio,
pensando al nostro prossimo ballo..

Ciò che eravamo, noi due

Una poesia di Rebecca Giusti

 

Camminavamo strette all’asfalto che ci stava sotto

Per paura di rimanere sospese nell’aria densa

Che ci abbracciava

I piedi si muovevano fluttuando nel presente

non c’era futuro per noi in quel momento

esisteva solo un movimento sinuoso al buio.

Sgattaiolavamo insieme verso ciò che non conoscevamo,

unendo ciò che eravamo noi due

fondendolo insieme come cera

una cera morbida, che si scioglie come la notte nera

quando arriva il giorno.

In quelle sere brillanti,

ci batteva il cuore, ci batteva a tutte e due,

e poi forse ci batteva a turni.

C’era qualcosa che ci sarebbe rimasto sulla pelle

nei capelli sporchi e bagnati,

dentro le ossa fradice d’acqua.

Veloci e sfuocate scene languide,

delle risate accaldate in una realtà sospesa,

dei passi furtivi verso un binario vuoto.

Per noi a quel tempo

non c’era futuro

c’era un treno pigro su cui salivamo

ansanti

per vivere ciò che saremmo state

ciò che non conoscevamo ancora

noi due.