“Ho tatuato il numero sul suo braccio sinistro e lei ha tatuato il suo nome nel mio cuore”

di Leonela Zelna

Il tatuatore di Auschwitz è un romanzo di Heather Morris, una scrittrice neozelandese che debuttò proprio con quest’opera. Pubblicò questo libro l’11 gennaio 2018 e iniziò ad avere subito successo. Ad aiutare in questo la scrittrice neozelandese fu proprio Lale, protagonista del libro, che in vari incontri le parlò di lui e Gita.

Lale e Gita sono due ebrei deportati ad Auschwitz nel 1942. Lale è un uomo molto coraggioso e intelligente con caratteristiche da leader infatti grazie al suo carattere riesce ad ottenere il lavoro di “Tatowierer” ossia il tatuatore del campo che lo porta a faticare meno degli altri lavoratori e ad avere alcuni privilegi, come una camera tutta sua. Lale sa che deve lavorare veloce e a testa bassa per non far infuriare le SS, ma detesta tatuare soprattutto donne e bambini perché non vorrebbe causargli dolore, e quando arriva il turno di Gita alza gli occhi e si perde in quelli di lei. Da lì nasce il loro amore, Lale fa di tutto per incontrarla, rischiando pure la sua propria vita. Leggi tutto ““Ho tatuato il numero sul suo braccio sinistro e lei ha tatuato il suo nome nel mio cuore””

Una storia breve

di Rebecca Giusti

 

Una voce le diceva sempre, sibilando come una sirena stonata: “Non conti niente, non sei nessuno, nessuno ti desidera piccolina”. Allora lei si guardava intorno e urlava: “Non sarai mai me, non sarò mai te”.

La ragazza crebbe e la voce si spense come un fuoco su cui buttano una grande coperta bagnata, piano piano ma azzerandosi, come se non ci fosse mai stata, né in quel momento né mai. La ragazza tornò a prendere fuoco come una volta, ma senza bruciarsi come faceva prima, ma scaldando chi le toccava le mani.

(La foto ritrae una bambina che gioca nella fontana che si trova in piazza Maidan a Kiev, 15 anni fa).

Sembrerebbe una storia smielata ma c’è una morale… abbiate fiducia

di Rebecca Giusti

 

Michelle se ne stava seduta con un libro, che non si sarebbe mai sognata di comprare se non gliel’avesse regalato la vecchia zia Marge, su una sedia a dondolo nel patio della sua casa. Quell’estate era una delle più calde mai viste da quando gli anziani della città ne avevano memoria, mischiando sogni, ricordi sbiaditi e, come tutti credevano ma nessuno diceva a voce alta per paura di offenderli, immaginazione.

Il libro l’aveva trovato a Porto Calle aveva detto, dove tre volte a settimana c’era un mercatino dell’usato frequentato da tutte le persone, che accorrevano fuori nella calura estiva che sembrava facesse sciogliere anche le palme, per cercare di fare affari urlando tra i banchi cifre che si perdevano a mezz’aria, per contrattare o solo per combattere la noia di vivere. Lei stava placida in giardino, sfogliando le pagine gialle di quel romanzo americano che parlava dell’amore a detta di sua zia, ma poi come aveva scoperto lei stessa, era la storia di quattro sorelle con uno strano, quanto mai americaneggiante nome: March. Osservava con sgomento e rapimento la vita di quelle donne che non avrebbe conosciuto mai, e si rammaricava profondamente di non potere, neanche per caso, al mercato o in una strada qualunque, salutare quelle ragazze che le sembravano così familiari. Quanto le sarebbe piaciuto far vedere la sua stanza a Beth, avrebbero suonato insieme il pianoforte a coda lasciatole in eredità da un parente di cui non sapeva neanche il nome e sarebbero andate a piedi fino al mare con le facce madide di sudore. Si sarebbero dette mille cose e quanto, quanto avrebbe voluto nascere sorella di qualcuno. Leggi tutto “Sembrerebbe una storia smielata ma c’è una morale… abbiate fiducia”

Il sogno della vita

Un racconto di Lavinia Biagi

Se potessi lasciare tutto e partire, dove andresti? Mi chiese. Queste sono le ultime parole che ricordo essere state pronunciate dalla sua bocca. Me ne andrei lontano lontano, pensai. Via di qua. Se chiudo gli occhi sento il sole del deserto bruciarmi la pelle. La sabbia è così calda che non riesco più a percepire i miei piedi scalzi doloranti. La vedo color ocra, densa e solida all’apparenza, eppure tanto effimera. Si dispone su se stessa strato dopo strato, forma una montagna, ma ecco che arriva una folata di vento a cambiare nuovamente il suo aspetto. Devo tapparmi gli occhi, ma più rimango lì e più a dir la verità devo cercare di proteggere tutto il mio corpo sferzato prepotentemente da quei granelli, ancora più sofferenti di me. Non funziona a molto. Cerco di coprire qui, di coprire là, ma ad ogni mio tentativo mi sembra di lasciare scoperta una parte sempre più grande di me. Mi sento tanto volubile in mezzo a questa tempesta. Il vento cessa, il paesaggio è mutato. È bastato così poco? Ed io invece? Sono sempre la stessa, oppure ho lasciato rubare al vento del deserto una parte di me? Leggi tutto “Il sogno della vita”