di Rebecca Giusti
Forse se si accosta la mano sopra il petto, si sente ancora il rumore che facevano le ossa strette intorno al cuore che pompava dei Rom, Sinti, omosessuali, disabili, ebrei e molti altri uomini, donne, bambini.
Mi immagino ragazzini benestanti che vengono trascinati via dalle loro case lustre con i maggiordomi e pesanti lampadari da uomini alti in divisa. Donne lesbiche strappate l’una dalle braccia dell’altra per una soffiata della vicina alle autorità riguardo alle pratiche impure che mettevano in atto quando si sfioravano la carne l’una dell’altra, con amore e pazienza. Gli urli delle famiglie di zingari divise con ferocia, con spietatezza, con l’arroganza tipica di chi sa che il mondo è un giocattolo stupido e innocente nelle sue mani.
La cosa che mi sorprende, come ha detto una ragazza in un incontro dedicato al giorno della memoria a cui ho partecipato oggi, è che ci sono persone che arrivata la data di questa ricorrenza alzano gli occhi al cielo e sussurrano fra sé e sé, come frastornati e infastiditi, “accidenti, ancora questi ebrei…”
Ho sentito dire che quando le persone, stremate, erano dentro al campo e guardavano in alto vedevano solo tanto fumo, a volte non si vedeva l’azzurro del cielo. Scrittori, amanti, amici, persone fidate mandate a morire senza onore, senza nome.
Se si mette la mano sul cuore, ancora oggi, forse si sente ancora il loro battito, si riesce a immaginare che cosa amavano, dove sarebbero voluti vivere, il loro sogno più grande di quando erano bambini, ciò che desideravano ardentemente e la prima volta che hanno fatto l’amore, se sono vissuti abbastanza. Alcuni non sono diventati neanche bambini con un sogno: sono morti dentro le pance rigonfie delle madri.
Forse potremmo costruire per loro un mondo dove le persone non dicano più “non ci credo, un’altra volta quel periodo dell’anno, sempre la stessa storia”, ma si mettano le mani sul cuore, senza versare lacrime, senza giudicare, senza inutili manfrine di ogni genere, ma solo ascoltanto e aprendo la mente per cercare di ricostruire, riflettere e pensare a chi sono state queste milioni di persone, che come noi, ogni giorno sono vissute nella speranza enorme della vita. Nonostante tutto, nonostante a volte non vedessero neppure l’azzurro quando alzavano la testa al cielo.