di Alessandro Rosati
Sono passati esattamente 72 anni da quando l’Italia Repubblicana scelse il suo destino. Era il 18 Aprile 1948. Il mondo intero era appena stato sconvolto dalla Seconda Guerra Mondiale e dalla follia della Germania Nazista. Lungo lo stivale regnava ancora la distruzione lasciata delle bombe, dalle pallottole, dal conflitto appena vissuto. Come un animale ferito, l’Italia si leccava le ferite per rialzarsi e ripartire.
Due anni prima gli Italiani avevano fatto la loro grande scelta: Monarchia o Repubblica? Sappiamo tutti come andò a finire. Vittorio Emanuele III lasciò il posto prima ad Enrico De Nicola e poi a Luigi Einaudi, così come lo Statuto Albertino, in vigore dal 1848, dopo un secolo esatto fu sostituito dalla Costituzione Italiana.
Nel frattempo il mondo si divideva, o meglio si era già diviso, con una spaccatura che diverrà tanto importante da poterne vedere gli effetti ancora oggi: USA da un lato, URSS dall’altro; Capitalismo e libero mercato da una parte e Comunismo dall’altra; Piano Marshall (piano di ripresa economica europea voluto dagli Stati Uniti) oppure Patto di Varsavia e così via.
In Italia il problema era lo stesso. Torniamo dunque al punto di partenza.
18 Aprile 1948: Bianco o rosso?
Gli italiani quel giorno furono infatti chiamati per la prima volta alle urne per eleggere i propri rappresentanti alla Camera.
Prima del fatidico momento del voto si erano però consumati mesi di estenuante campagna elettorale senza esclusione di colpi, la più intensa della storia della Repubblica fin qui. I grandi partiti contrapposti erano dunque due: la Democrazia Cristiana (DC) guidata da Alcide De Gasperi e, neanche a dirlo, il Fronte Democratico Popolare capeggiato da Palmiro Togliatti e costituito dal Partito Comunista Italiano (PCI) e dal Partito Socialista Italiano (PSI).
La propaganda dell’epoca fu, come la definiremmo oggi, politicamente scorretta. Soprattutto attraverso i manifesti dove i leader avversari venivano caricaturati grottescamente, diventando ora burattini al servizio degli Stati Uniti, ora di Stalin; dove il Comunismo veniva identificato con uno scheletro dell’Armata Rossa o dove la DC diventava la spada pronta a uccidere “il libero amore” o ancora il celebre slogan “Dio ti vede, Stalin no”.
Gli Italiani, di cui votò più del 90%, quel giorno scelsero l’opzione per loro meno sconosciuta, forse la più vicina a loro culturalmente. Scelsero Democrazia Cristiana. Il partito di De Gasperi vinse per il 48% dei voti (raggiunse la maggioranza con i Liberali e i Repubblicani), mentre il collega Togliatti si fermò sotto il 31%. È in quel preciso giorno dunque che si decise la storia di Italia, con aspetti buoni e altri meno.
Ed eccoci dunque al titolo “Quando i nostri avi scelsero cosa saremmo diventati”. Ciò che la vittoria del PCI avrebbe comportato lo possiamo solo immaginare. A partire da una ripresa economica probabilmente più lenta (vista a quel punto la probabile mancanza del Piano Marshall), non avremmo mai conosciuto le grandi aziende diventate simbolo del marketing italiano, né forse prodotto i grandi capolavori cinematografici che ci hanno resi famosi nel mondo e magari le innovazioni tecnologiche portate nel mondo occidentalizzato sarebbero giunte nella penisola più tardi. Forse. O forse no, chissà, non potremo mai dirlo con certezza. Sicuramente ciò che siamo oggi è frutto di quella scelta fatta 72 anni fa, in una cabina qualsiasi, in una città qualsiasi, in una regione qualsiasi dell’Italia.