Ovvero, i suggerimenti di Bertrand Russell per liberarsi dell’infelicità
di Chiara Bertani
Bertrand Russell (1872-1970) fu matematico, filosofo, uno dei più grandi esponenti del pacifismo del ventesimo secolo e vincitore del premio Nobel per la letteratura nel 1950. Uno dei suoi scritti più importanti è La conquista della felicità (trad. it TEA libri, 2018), che ha lo scopo di aiutare i lettori a liberarsi della loro infelicità. Infatti Bertrand Russell sa benissimo che per raggiungere la felicità bisogna fare molti sforzi, superare le difficoltà e le sofferenze che costantemente ci assalgono, e che solo in seguito ad una dura lotta potremmo raggiungere la felicità.
Perciò, nella prima parte del libro ha individuato otto cause d’infelicità, con la speranza che i lettori trovino diagnosticato il loro caso e seguano le sue “ricette” per il raggiungimento della felicità, basate sull’esperienza e sull’osservazione diretta.
Il filosofo crede che ognuno sia caratterizzato da un quotidiano scontento che sembra inevitabile e del quale non riesce a individuare una causa. La nostra società è, purtroppo, caratterizzata dalla competizione, che si ritrova negli uomini e nelle donne d’affari, che hanno un solo grande obiettivo, ovvero fare successo e arricchirsi. Bertrand Russell spiega che né il denaro né la fama possono fare la felicità di qualcuno se rendono la sua vita troppo affannosa e impegnata per godere di nessun’altra attività piacevole.
Russell crede che le persone si debbano quindi permettere momenti di svago e tranquillità per non essere sopraffatti dalle preoccupazioni. Spesso però le persone sbagliano e si dedicano ad attività nocive, vorrebbero fuggire alla noia che caratterizza le loro giornate e spesso un eccitamento appare loro come l’unico modo per sopportare la vita, per esempio ricorrono alle droghe, ma cosi non possono raggiungere la felicità veramente soddisfacente, che si accompagna al pieno esercizio delle nostre facoltà.
Molti vedono il successo come rimedio all’invidia, ma si sbagliano perché esisterà sempre qualcuno più fortunato. L’invidia è una delle passioni più radicate e universali, che porta le persone a soffrire per ciò che gli altri hanno, piuttosto che gioire di ciò che loro stessi hanno, la cui unica cura è essere sicuri e fieri della propria personalità e delle proprie abilità.
L’invidia è spesso causata dal senso di colpa, poiché l’uomo che vive con la convinzione di essere sempre in errore e scredita ogni attività che svolge, crede che il meglio non sia per lui e si sente inferiore agli altri, tanto da provare rancore nei loro confronti.
Al contrario, altri ammirano eccessivamente loro stessi, pretendono di essere perfetti e si aspettano che gli altri nutrano per loro quel profondo rispetto e tenero amore che loro provano per se stessi.
Russell considera anche, quale causa d’infelicità, la paura dell’opinione pubblica, che spinge i giovani ad adattarsi alle idee e alle abitudini che trovano attorno a sé e a farsi influenzare anche nelle decisioni importanti, invece dovrebbero seguire i propri gusti spontanei e i propri impulsi senza lasciarsi condizionare.
Nella seconda parte del libro Russell si chiede se, nonostante tutti i problemi sopra elencati, la felicità sia ancora possibile. La risposta è sì, l’uomo dovrebbe impegnarsi per coltivare un vasto numero di occupazioni piacevoli che non nuocciano a nessuno e che occupino i momenti d’ozio, ricordandosi che in una vita buona deve esistere un equilibrio tra le diverse attività e nessuna deve essere spinta al punto da rendere impossibili le altre.
L’uomo dovrebbe impegnarsi anche per avere relazioni cordiali e sincere, infatti l’affetto inteso come genuino interesse reciproco di due persone e non come mezzo per raggiungere il proprio bene, è uno degli elementi più importanti della felicità. Russell si sofferma sull’affetto dei genitori verso i figli, un sentimento particolare incomprensibile a chi non ha potuto provarlo.
Un altro modo per raggiungere la felicità è il lavoro, purché accompagnato da interessi impersonali (quelli che lui definisce come interressi minori che non implicano le facoltà esaurite dalla giornata di lavoro e che riempiono le ore d’ozio e riposano dalle tensioni). Il lavoro, infatti, offre possibilità di successo e l’opportunità di coltivare ambizioni, è un mezzo per costruirsi una reputazione, è l’esercizio di un’abilità, è un rimedio alla noia e può soddisfare gli istinti costruttivi dell’uomo.
Cos’è dunque la felicità? Russell lo spiega con molta chiarezza all’interno del suo saggio, facendo spesso ricorso a esempi vicini alla vita di tutti i giorni. L’uomo felice è colui che vive in armonia con il suo io e con gli altri, che si dedica a molti interessi genuini senza lasciarsi opprimere dalle fatiche e dalle preoccupazioni, che ama le giuste passioni come l’amore, l’affetto per i figli, l’amicizia, la benevolenza e la devozione a scienza e arte e non quelle nocive.
Questo testo geniale, di grande importanza per la crescita umana di ogni individuo, da suggerimenti preziosi per raggiungere la tanto agognata felicità.