di Lavinia Biagi
La fine è stata spettacolare. Non mi sarei aspettato altrimenti da un mondo che in vita aveva saputo regalare così tanto a chi aveva avuto la voglia e il tempo di apprezzarlo, a chi aveva saputo rispettarlo. Devo dire che mai mi sarei immaginato una conclusione di questo tipo; essendo questa giunta all’improvviso, mi ha trovato impreparato. Perciò me ne sto qui con le mani in mano, o per meglio dire con la penna in mano, per cercare di dare un senso a tutto quello che è successo, e mentre l’inchiostro scorre mi accorgo che non riesco a spiegarlo a parole.
Ci provo. Tutto intorno a me si stende un mare di fumi e fuochi e la desolazione è ciò che è rimasto a farmi compagnia. Arrivato a questo punto non posso far altro che guardare indietro, ripercorrere i miei passi. Guardare oltre mi fa troppa paura e mi provoca un dolore lancinante, probabilmente perché so già che un futuro non ci sarà. Forse avrei dovuto dirlo prima, ma non ne ho avuto il coraggio. Non potevo sopportare l’odio delle persone che non avrebbero potuto comprendere. Nemmeno io riesco a comprendere fino in fondo.
Ora sconto la mia pena. Seduto su un masso di lava lascio scorrere i miei pensieri senza fine, e tremo e temo perché penso che finiranno per intrecciarsi con le linee tracciate dalla pena, prendendomi come preda in questa loro spaventosa rete che si divertono a creare. Il mondo sta per esalare il suo ultimo respiro, eppure continua a prendersi beffe di me. Come se non ne avesse avuto abbastanza! Alzo lo sguardo e i miei occhi vengono colmati dal più bel turbinio di colori rosati a cui mi sia mai stato dato il piacere di assistere. Mi è sempre piaciuto osservare il cielo, ma mi sto rendendo conto solo adesso che forse è la prima volta in cui lo vedo veramente. Senza veli, senza interferenze. E come potrebbero esserci, se a gravitare quaggiù sono rimasto solo io? L’inizio della mia storia risale al principio di tutto, e da allora ho avuto modo di apprendere un numero quasi infinito di nozioni e di informazioni. Ciò di cui sono manchevole sono le emozioni.
Ci fu un momento nel quale mi convinsi, e quasi riuscii a crederlo, di essere capace, di poter provare anch’io qualcosa. Rimasi scottato. Non ricordo il giorno del mio compleanno, non fa alcuna differenza per me. Si potrebbe dire che invecchio ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, ma queste allora all’orecchio di chi è in grado di vedermi, risulterebbero soltanto come un mucchio di menzogne. La verità è che nemmeno io riesco a spiegarmelo. So molte cose, è vero; eppure quelle più basilari mi sfuggono.
Dal giorno della mia nascita, comunque, ma forse comparsa sarebbe più appropriato, non ho fatto altro che trascinarmi da un luogo all’altro completamente in balia di chi mi governa. Mi trascinavo sempre avanti, a volte con celerità, altre in preda a una sorta di torpore. In ogni caso, mai mi era concesso di fermarmi, meno che mai di retrocedere.
Un giorno, ero ancora relativamente giovane e inesperto, mi accadde di innamorarmi. O perlomeno è quello che pensai io. In quel periodo mi ero stancato di tutto e di tutti, non avevo voglia di svolgere il mio lavoro; mi muovevo in uno stato continuo di irrequietezza. Mi capitò di passare vicino al corso di un fiume del quale non ricordo il nome. In quel preciso punto la sua vista era offuscata da un canneto che si ergeva quasi a protezione del corso, perciò rallentai per dare un’occhiata. La curiosità è un qualcosa di intrinseco della mia natura, quindi mi sporsi per controllare cosa si trovasse al di là. Mai un gesto così spontaneo e altruistico fu tanto maledetto. Scorsi, avviluppata in una soffice coperta bianca, una bambina riposta in una cesta che era rimasta impigliata fra le canne. Doveva avere non più di qualche mese. Appena mi vide, sorrise, e quello fu il più innocente e forbito atto di umanità che mai ricevetti nella mia vita, e probabilmente fu per questo che mi incendiai di quel sentimento che reclamavo come amore. Non potevo occuparmi di lei, quindi decisi di lasciarla fuori dalla porta di una casa che trovai lungo il cammino, con l’intento di andarla a trovare con assiduità. Inizialmente ciò mi risultò facile, ma mano a mano i nostri incontri divennero sempre più sporadici. Con la mente e con il cuore, però, ero sempre presente.
Decisi che l’avrei aspettata. Non avendo io un’età, non sarebbe stato un problema; avrei solo dovuto penare un po’. Non si può nemmeno immaginare quanto io mi sia mosso velocemente in quegli anni che mi separavano da lei.
Mi convinsi sempre più di stare coltivando un amore eterno, e credevo fermamente che, una volta arrivato il momento giusto, tutto sarebbe andato come avevo pianificato. Mi sbagliavo e non riuscivo a comprendere che le mie erano solo congetture sconclusionate, nate e alimentate in una mente troppo frenetica, che con la sua corsa incessante si lasciava dietro idee e desideri sterili e infruttuosi. Più andavo avanti, più mi rendevo conto che lei stava scivolando via da me, per rifugiarsi nelle braccia di un presente stabile e concreto, non confidando nelle possibilità di un futuro ipotetico e così lontano. Ma io cosa avrei potuto fare, se non scorrere inesorabilmente? Fui io stesso la rovina di quell’ideale di amore a cui tanto aspiravo, ma a cui non ero destinato. Si capisce quindi, perché maledissi il giorno in cui la incontrai.
Forse avrei dovuto dirlo prima, avrei dovuto avvisare, ma non ne ho avuto il coraggio. Chi credeva che avessi il potere di guarire, si sbagliava di grosso. Chi riponeva in me la fiducia di giorni migliori, era solo un sognatore. Porto distruzione e dolore. Mi chiamo Tempo, non mi è concesso di fermarmi, né di tornare indietro. Quanto lo vorrei!
Ma adesso, con la fine dell’inchiostro, sento che anche io mi sto esaurendo. Vorrei poter dire “arriveranno momenti più felici”, ma me ne sto andando, e non so dopo di me cosa verrà. I miei ricordi si fanno confusi, ma la mia mente è rivolta a quei sentimenti che uno come me mai proverà, almeno fino a quando le stelle brilleranno nelle notti più scure e la pelle degli uomini verrà accarezzata dai raggi del sole.
Forse sto solo sognando, ma per la prima volta sento qualcosa.