“Perché
a qualsiasi altro racconto preferiamo quello d’un amore
impossibile? proprio perché ci piace bruciare ed essere coscienti di
ciò che brucia in noi”. Questa citazione riassume il contenuto del
mito di Tristano e Isotta, basato su una passione ardente e
incessante, che lega i due amanti anche dopo la morte.
La
ricetta epicurea per la felicità è ancora valida?
di Alice
Mazzoncini
“Mai si è troppo
giovani o troppo vecchi per la conoscenza della felicità. A qualsiasi età è
bello occuparsi del benessere dell’animo nostro”. Così comincia la Lettera sulla felicità, originariamente
conservata da Diogene Laerzio con il titolo di Lettera a Meneceo, dove Epicuro invita il destinatario, ovvero il
suo discepolo, a riflettere su alcuni temi filosofici e ad attuarli nella
quotidianità: la propensione alla felicità, l’esistenza degli dèi, la ricerca
del piacere e la sopportazione del dolore sono temi interconnessi e giungono
tutti al concetto di morte, “il più atroce di tutti i mali”, poiché la sua
presenza implica la nostra assenza.
Lo scopo della
felicità, dice Epicuro, è quello di liberare l’uomo da ciò che impedisce il
raggiungimento di questa. Poi ci invita a conoscere le cose che fanno la
felicità affinché si possa vivere una vita serena.
Come spezzare, in maniera un po’ generica, una lancia a favore dell’inutile
di
Nello Benassi
La
nostra è una società in cui l’utile ha la meglio sull’inutile.
Questo è il problema che Nuccio Ordine, professore ordinario di
letteratura italiana presso l’Università della Calabria e famoso
studioso di Giordano Bruno e del Rinascimento, mette in luce fin
dall’inizio del testo. L’autore, attraverso questo manifesto,
sente l’esigenza di far emergere nel lettore la consapevolezza su
una verità che sta scomparendo: a cosa serve l’inutile? Un inutile
che va interpretato come tutte quelle attività che non possono
recarci un profitto immediato quali la filosofia, la letteratura e in
generale la cultura fine a se stessa, il semplice desiderio di
sapere. Il testo si apre con una lunga introduzione con cui Ordine,
partendo da un excursus sulla crisi economica del 2007, cerca di
identificare le cause e gli esempi più lampanti dell’impronta
sempre più utilitaristica che domina il XXI secolo.
“Antigone,
in verità, non si suicidò nella sua tomba”: così Maria Zambrano
apre il suo saggio filosofico-teatrale-poetico dedicato alla figura
tragica dell’eroina greca. Il testo è stato scritto dall’autrice
negli anni dell’esilio a Cuba. Sarà proprio la lontananza dalla
propria terra di origine uno dei fili conduttori della narrazione che
porterà la filosofa a istaurare un sentimento di fratellanza e
assoluta identificazione con la figura di Antigone.