Per una libertà senza flagelli

La Peste di Albert Camus

di Elena Betti

   Ho appena finito di impegnare il mio tempo nella maniera che al momento mi sembra la più proficua, leggere. Ho finito il primo libro di questa quarantena ma stranamente, a differenza del solito, non sento il forte senso di vuoto che lascia la fine di un libro, e purtroppo so il perché.

    Il libro in questione è La Peste di Albert Camus. La domanda sorge spontanea: come mai mi voglio così male da leggere un libro che parla di un’epidemia in questo periodo? Ebbene, penso di averlo fatto per curiosità, la curiosità di capire quanto l’affermazione “la storia tende a ripetersi” sia vera.

   La Peste è un libro scritto nel 1947 e pubblicato poco dopo. La storia si svolge nella città algerina di Orano, 200.000 abitanti, in cui un giorno di primavera i cittadini cominciano a notare sempre più topi morti per le strade fino ad arrivare a picchi di 6000 topi in un solo giorno, e nonostante questo nessuno dà realmente peso alla cosa. La situazione infatti si placa senza che i cittadini si siano mai minimamente allarmati. Il problema è che, dopo i topi, cominciano a morire le persone con lo stesso ritmo.

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Ricordi di sogni con la banda Disney

di Irene Stefanini

   Con i blocchi dovuti al coronavirus che continuano a trattenere le famiglie nelle proprie case, chiuso ogni esercizio commerciale, solo una grande impresa cinematografica come la Disney poteva avere la geniale idea di fare una PayTv.  Disney+ è una piattaforma di film e serie in streaming a pagamento dove è possibile trovare tutte le produzioni delle case cinematografiche sotto la Disney; infatti su quest’ultima sono presenti, oltre che la Disney, la Pixar, la Marvel, la LucasFilms (più conosciuta come Star Wars production), la National Geographic ed altre serie o film liberi (come i Simpson). Come su altre PayTv, chi si collega ha la possibilità di fare più account a cui è possibile accedere contemporaneamente da dispositivi diversi. Per essere visto in televisione o questa è una smartTv (che hanno il collegamento alla rete internet) o c’è bisogno di un modem, quello suo proprio che si può acquistare sul sito o uno di un’altra piattaforma collegata.

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A scuola di tolleranza

di Marco Ciucci

   La Lettera sulla tolleranza viene scritta da Locke nel 1685, periodo in cui il filosofo inglese stava soggiornando in Olanda, ed è indirizzata ad un suo amico, di cui non rivela l’identità, ma che è conosciuto come Honored Sir. In questa lettera Locke tratta alcune tematiche particolarmente attuali, in particolare quella della tolleranza, più specificatamente in ambito religioso: il testo è pieno di riflessioni e monologhi del filosofo, le sue opinioni vengono sempre argomentate con esempi che contribuiscono in modo efficace a renderle convincenti.

   Locke sfrutta gli avvenimenti di quel periodo, ad esempio l’editto di Fontainbleau per denunciare la piega presa dalla Chiesa, in particolare quella Cattolica, per promuovere quei principi che saranno tipici del pensiero illuminista, quindi l’utilizzo della ragione, e per criticare la piega presa dai governatori degli stati cattolici di quel secolo, i quali spesso imponevano la propria religione con la forza. Il filosofo, prima di esporre le proprie opinioni riguardo a questa situazione, spiega cosa sono, a parer suo, la Chiesa e lo Stato: definisce la prima una società libera e volontaria di uomini che si uniscono per adorare pubblicamente il Dio in cui credono, col fine di salvare le proprie anime,  il secondo è sempre una società composta da uomini, ma è costituita unicamente al fine della conservazione dei beni civili, quindi vita, libertà, integrità fisica, proprietà di oggetti esterni, come terreno, denaro, mobili ecc.

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Cambiamo noi, per cambiare il mondo

di Francesco Andolfi*

   Frenesia. Una brama smaniosa e irragionevole. Il suo oggetto? Tutto. È la spada di Damocle che pende sulle teste delle nuove generazioni. È l’erronea consapevolezza del mondo, che chiunque può credere di avere grazie ad internet e che ci lascia in eredità la fame. Quell’avidità nella crescita, quella cupidigia di voler fare tutto, subito.

  Quest’emergenza però ha cambiato qualcosa, perché quella consapevolezza che ci illudevamo di avere del mondo era irreale.  Magari c’è chi ha sempre dato peso ai problemi di chi sta male veramente, ma provarli sulla propria pelle è un’altra cosa. Eppure non è questo che volevamo? Non era essere grandi? Non era fare parte della storia? Non era avere un’idea di cosa accade nel mondo?

   E ora, se crediamo che questo sacrificio di stare in casa possa risolvere tutto, stiamo commettendo nuovamente lo stesso errore, ci stiamo illudendo un’altra volta. Come dopo un terremoto c’è da ricostruire le case, dopo il coronavirus dovremo fare sforzi ben maggiori di quelli che facciamo adesso.

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