La Peste di Albert Camus
di Elena Betti
Ho appena finito di impegnare il mio tempo nella maniera che al momento mi sembra la più proficua, leggere. Ho finito il primo libro di questa quarantena ma stranamente, a differenza del solito, non sento il forte senso di vuoto che lascia la fine di un libro, e purtroppo so il perché.
Il libro in questione è La Peste di Albert Camus. La domanda sorge spontanea: come mai mi voglio così male da leggere un libro che parla di un’epidemia in questo periodo? Ebbene, penso di averlo fatto per curiosità, la curiosità di capire quanto l’affermazione “la storia tende a ripetersi” sia vera.
La Peste è un libro scritto nel 1947 e pubblicato poco dopo. La storia si svolge nella città algerina di Orano, 200.000 abitanti, in cui un giorno di primavera i cittadini cominciano a notare sempre più topi morti per le strade fino ad arrivare a picchi di 6000 topi in un solo giorno, e nonostante questo nessuno dà realmente peso alla cosa. La situazione infatti si placa senza che i cittadini si siano mai minimamente allarmati. Il problema è che, dopo i topi, cominciano a morire le persone con lo stesso ritmo.
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