Quarantine and time, a perfect combination to get into boredom

di Lorenzo Pollastrini

   With the oncoming of the covid-19 virus and the beginning of the pandemic, we had to give up our ordinary lives and embrace a more discreet routine, often very dull and plain. We lost the conception of time, mixing up different days, not being able to make out in which one we did something in particular, because of the fact that all our actions seem exactly the same, repeated over and over with, apparently, no end.

   We have found ourselves in a quite scary scenario, just in a few weeks. We thought that something that broke out in China, a far-off country, could not reach us, but it managed to cover that distance very quickly. The stories that we used to read or watch on tv, narrated to us by different dystopian authors now happen to be true. But we don’t have to panic, everything will eventually work out sooner or later. We have to stay positive, no matter the situation.

   With this being said, I wanted to draw your attention to the fact that most of us take lots of ideas or our routines for granted. We believe that everything will stay the same, and we’ll always live the same ordinary things and events that used to happen when we were really free. We started losing the value of the things we took for granted, we lived not appreciating as we should what we have in our lives: relationships, places we can go, the freedom to travel, the freedom to stay with other people and so on. Now, that we have lost many aspects of our daily life: the freedom to travel, meeting other people, living together sharing spaces with others, seeing your loved ones, your relatives, the people you love, being afraid of going out, or hugging your grandparents or relatives.

Leggi tutto “Quarantine and time, a perfect combination to get into boredom”

I mostri secondo Jim Jarmusch

di Pietro Phelan*

   Affrontare la permanenza forzata a casa non è senz’altro un compito semplice e gli stimoli per la nostra mente sono sempre più difficili da trovare. Da qualche settimana a questa parte, l’eventualità di cadere in un’asfissiante monotonia intellettuale è sempre dietro l’angolo, rischiando di far sembrare ancora più opprimente e insostenibile questo particolare periodo delle nostre vite. In molti accusano il fatto di non sapere come impiegare il tempo e in che modo trascorrere le lunghe giornate casalinghe che siamo “costretti” ad affrontare quotidianamente. Ma, in questo periodo più che mai, bisogna resistere alla tentazione di spegnere il cervello e rassegnarsi alla monotonia della quarantena. Tenere allenata la nostra mente, proporle stimoli sempre nuovi e originali, farla lavorare alla ricerca di nuove interpretazioni e idee originali, sono alcuni fra i migliori rimedi per evitare una lenta e inevitabile alienazione in se stessi.

   In questo senso, il cinema rappresenta uno degli strumenti più efficaci a nostra disposizione. Nelle sue espressioni più alte, questa forma d’arte riesce a stupire sia per i contenuti di cui si fa portavoce, sia per ciò che propone dinnanzi ai nostri occhi. Il cinema è un’unione inscindibile di parola e immagine, di forma e contenuto, che si distingue dalle sue arti “sorelle” per il fatto di proporre immagini catturate da un occhio mai fisso ma costantemente in movimento e in grado di offrirci molteplici punti di vista, ovvero la macchina da presa. E quando l’opera cinematografica è grande, ciò che possiamo trarre da essa è tanto un piacere estetico derivato dalla sua contemplazione (lo stesso che ricaviamo dall’osservazione di un eccezionale dipinto), quanto una nuova prospettiva sul mondo che ci circonda.

   Nelson Goodman, grande filosofo delle forme artistiche, pensava che un’opera d’arte potesse essere definita “grande” nella misura in cui essa fosse risultata “illuminante” per la nostra concezione del mondo. Un grande film, dunque, è quello che ci fa vedere cose che in precedenza avevamo tralasciato, che ci offre nuove e originali prospettive su tematiche già affrontate e che riesce a trasformare, anche solo parzialmente, la concezione dell’ambiente in cui viviamo.

Leggi tutto “I mostri secondo Jim Jarmusch”

Moby Dick, il mostro degli abissi della nostra coscienza

di Filippo Del Testa.

   Finalmente, dopo mesi di lettura, posso dirlo: è stato un viaggio sensazionale. Il romanzo, scritto da Herman Melville nel 1851, è tutt’oggi considerato uno dei più grandi capolavori della letteratura americana; ma originariamente non fu identificato come tale: esso infatti non piacque molto ai contemporanei e fu considerato come un vero e proprio fallimento a livello commerciale, tanto che determinò la fine e la conseguente morte della carriera letteraria di Melville. Il romanzo fu riconsiderato soltanto circa 50 anni dopo la sua composizione e venne collocato, com’è giusto che sia, ai vertici della letteratura americana se non addirittura di quella mondiale.

   La balena bianca ha sempre avuto un ruolo determinante nell’ immaginario collettivo di tutti noi, c’è chi l’ha temuta, chi ha sempre desiderato di reincarnarsi nella sua possente natura, chi ha provato ribrezzo e sdegno soltanto ad immaginarsi un tale essere; eppure c’è anche chi ne è stato ossessionato a tal punto da spendere tutta la vita alla sua ricerca. Questa è la storia del Capitano Achab, descritto magistralmente da Melville, che seppur non identifichi in lui il narratore della sua opera, decide di far ruotare tutta la vicenda attorno all’ angusta e angosciosa personalità del capitano.

   Achab decide dunque di dedicare la sua intera vita, alla ricerca di ciò che per lui è definibile come l’incarnazione di tutti i mali, terrestri ed extraterrestri, colui che lo aveva privato di una parte di sé: Il Leviatano, Moby dick.

Leggi tutto “Moby Dick, il mostro degli abissi della nostra coscienza”

Quando i nostri avi scelsero cosa saremmo diventati

di Alessandro Rosati

   Sono passati esattamente 72 anni da quando l’Italia Repubblicana scelse il suo destino. Era il 18 Aprile 1948. Il mondo intero era appena stato sconvolto dalla Seconda Guerra Mondiale e dalla follia della Germania Nazista. Lungo lo stivale regnava ancora la distruzione lasciata delle bombe, dalle pallottole, dal conflitto appena vissuto. Come un animale ferito, l’Italia si leccava le ferite per rialzarsi e ripartire.

   Due anni prima gli Italiani avevano fatto la loro grande scelta: Monarchia o Repubblica? Sappiamo tutti come andò a finire. Vittorio Emanuele III lasciò il posto prima ad Enrico De Nicola e poi a Luigi Einaudi, così come lo Statuto Albertino, in vigore dal 1848, dopo un secolo esatto fu sostituito dalla Costituzione Italiana.

   Nel frattempo il mondo si divideva, o meglio si era già diviso, con una spaccatura che diverrà tanto importante da poterne vedere gli effetti ancora oggi: USA da un lato, URSS dall’altro; Capitalismo e libero mercato da una parte e Comunismo dall’altra; Piano Marshall (piano di ripresa economica europea voluto dagli Stati Uniti) oppure Patto di Varsavia e così via.

Leggi tutto “Quando i nostri avi scelsero cosa saremmo diventati”