La storia della scienza, maestra di vita

di Giacomo Xin Hu

   In questa sua Breve storia della scienza, prima di ripercorrere la storia delle scoperte e delle riflessioni dell’uomo sulla natura, dalle prime opere scritte fino agli ultimi anni del XX secolo, Eirik Newth sviluppa una premessa relativa all’importanza del sentimento della curiosità considerato come ciò che ha permesso alla specie umana di conoscere il mondo che lo circonda. Fin dai primi passi della sua evoluzione la curiosità è stata fondamentale per l’uomo: lo spirito esplorativo ha portato i nostri antenati a spostarsi per il globo, ad apprendere e a crescere fino ad arrivare ai nostri giorni.  Il compito che l’autore si è dato non è facile: infatti, riportare millenni di scoperte e teorie scientifiche costituisce una grande mole di lavoro che non ammette omissioni.

    L’autore spiega con grande cura tutta la storia dell’uomo facendo focus sulle tappe più importanti della scienza; espone in maniera semplice e concisa, portando diversi esempi, che possono aiutare il lettore a comprendere teorie, che specialmente nell’ultima parte del saggio, diventano più complicate. Nel libro Newth analizza il lavoro della scienza, intesa soprattutto come ricerca della verità, mette in primo piano i processi della conoscenza e il loro rapporto con la società, facendo anche trasparire una visione positiva dello scienziato, elogiandone la ricerca e creando attorno agli scienziati più famosi e importanti la curiosità del lettore. Spiega dunque come si sia evoluto il pensiero razionale e lo confronta con il periodo di riferimento, utilizzando un metodo divulgativo che a mio parere aiuta molto il lettore sia ad allargare la propria visione di un periodo storico, sia per comprendere il rapporto dell’uomo con le innovazioni tecniche nel loro rapporto con le scoperte scientifiche.

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L’arcobaleno della lettura, della filosofia e dell’amicizia al tempo del coronavirus

di Chiara Perrone

  Durante questo periodo particolare mi sono dedicata alla lettura della Lettera sulla felicità di Epicuro, per conoscere meglio le sue teorie riguardo il raggiungimento della felicità, un sentimento che spesso manca a noi giovani e ci sembra così lontano da raggiungere.

   Epicuro è stato un filosofo greco, nato a Samo nel 341 a.C. Egli fondò una scuola all’interno della sua proprietà nella città di Lampasco. Raccolse intorno a se molti discepoli, che erano legati a lui attraverso un vero rapporto d’amicizia. L’amicizia infatti era molto importante per Epicuro, per questo mantenne sempre uno stretto rapporto anche con i suoi allievi lontani, ai quali scriveva molte lettere.

   Nella Lettera sulla felicità sono riportate da Diogene Laerzio, il maggior testimone di Epicuro, tre delle sue più importanti lettere indirizzate ai suoi allievi.

   La lettera a Meneceo tratta dell’etica e in modo particolare del raggiungimento della felicità. Secondo Epicuro non si è mai vecchi per filosofare, né troppo giovani. L’esercizio della filosofia ci procura felicità, e non esiste un’età per essere felici.

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Il calciatore più forte di tutti i tempi

di Alessandro Rosati

   Lisbona, 9 Marzo 1966. In città da qualche giorno si respira un’aria strana: è l’atmosfera della Champions League, quella che allora si chiamava Coppa dei Campioni. L’Estadio da Luz è gremito del pubblico delle grandi occasioni. Più di 50mila spettatori occupano i posti a sedere dell’A Catedral, come usano chiamarlo i tifosi, per assistere ai Quarti di Finale del torneo. Il Manchester United sfida il Benfica padrone di casa.

   La splendida cornice di spettatori passa però in secondo piano, perché in campo c’è un ragazzino che sta stupendo tutti. Ha i capelli lunghi, le basette folte (come erano di moda in quegli anni), una velocità fuori dal comune e una tecnica sbalorditiva. Sulla schiena, sulla maglia rossa, risalta in bianco il numero sette.

   Quel ragazzino di 19 anni è George Best e sta entrando nella storia del calcio. Dopo 11 minuti di gioco ha già realizzato la doppietta stendendo il Benfica di Eusebio, che nei precedenti 5 anni aveva sempre raggiunto la finale di Coppa dei Campioni. Il giorno seguente la stampa Portoghese impazzisce e lo definisce “il quinto Beatles”. Mai soprannome fu più azzeccato: oltre al look del calciatore (molto simile a quello del gruppo Inglese) la genialità era la stessa.

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Addio ad Ezio Bosso

Il nostro tributo per il musicista scomparso recentemente, sviluppato in due brevi saluti.

Ezio Bosso

Di Alessandro Rosati

 Il Destino, a volte, è beffardo. 

 Come una macchina, non guarda in faccia a nessuno: esegue le sue sentenze con un terribile rigore. È proprio il suo rigore a far paura agli uomini, quella fiscalità da cui non si sfugge, che regola i ritmi dell’umanità e della natura.

 È un nemico silente, un’ombra che si proietta davanti agli occhi e scorre inesorabile.

 E fa paura, eccome se fa paura.

 Forse l’ha avuta anche lui, anche se non lo dimostrava. Quell’uomo magro, dal volto scavato, occhi e capelli scuri, dotato di una gestualità coinvolgente e sempre armato di un sorriso. Quell’uomo che da un po’ di tempo a questa parte stava seduto, purtroppo. 

 Non per sua volontà ovviamente, ma perché un male interiore lo stava consumando lentamente e inesorabilmente.

 Avrete già capito di chi sto parlando: Ezio Bosso.

 Difficile non parlarne, la sua è una di quelle storie tristi, anzi tristissime, ma che lasciano qualcosa in ognuno di noi.

 Di triste però c’è solo l’epilogo, perciò comincierò a raccontare dalla fine.

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