Introduzione a un libro mancato

di Rebecca Giusti

   Sono solo io o le vicissitudini e gli aneddoti fondamentali dei membri della mia famiglia, riguardanti anche i personaggi più antipatici, noiosi e burberi che nella vita reale varrebbero la pena di essere classificati come ‘rompicoglioni’ (scusate il termine), ad assumere nei racconti un non so che di caratteristico ed estremamente interessante? Nelle saghe familiari le cose che ci succedono quotidianamente diventano all’improvviso eventi unici, rari ed irripetibili, ad esclusione de Il segreto: in quel caso credo che anche il regista abbia perso il filo dei milioni di intrighi amorosi che ci sono e gli alberi genealogici spropositati per ogni singolo personaggio. 

   In altre opere di questo tipo i personaggi sembrano nati per apparire in un best seller o divenire luoghi comuni in un futuro molto lontano (vedi il padre della protagonista in Lessico familiare di Natalia Ginzburg, che scanserei prontamente se mi capitasse di incontrarlo nella mia vita, con uno scatto veloce per correre subito a sparlare di lui con la prima amica che mi capita a tiro). In Cent’anni di solitudine, quegli strani individui abbastanza equivoci quasi innamorati dell’amore stesso, sono fiabeschi (sì lo so che è un romanzo nato puramente dalla fantasia dell’autore, ma lasciatemi finire la frase) ma anche se le loro avventure sono frutto della mente creativa di Marquez, risultano verosimili. Sono talmente diversi l’uno dall’altro che vorresti presentarti alla porta della loro casa con un taccuino e una faccia sognante per chiedere un autografo alla famiglia per intero: probabilmente dovresti vivere non so, circa cinquecento anni e possedere uno o due rotoli di carta Scottex a doppio strato per contenere tutte le firme, ma sarebbe possibile volendo. Nella vita reale sarebbero oggetto solo di chiacchiere da parte di anziane del paese che stanno tutto il giorno ad osservare le faccende altrui dalle loro finestrine coi gerani, mentre nel libro sembrano nati per essere descritti tra le pagine e studiati da studenti di letteratura sudamericana del ventunesimo secolo.

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Caso Regeni, tra dramma e ingiustizia

di Alessandro Vannucci

I pm della Repubblica hanno ricostruito le dinamiche che caratterizzano la detenzione di Giulio Regeni, le torture che il giovane ricercatore italiano ha subito dalla National Security egiziana dal 25 gennaio al 3 febbraio 2016, quando il suo cadavere fu ritrovato nel tratto stradale che collega Il Cairo e Alessandria. Grazie alle indagini gli investigatori italiani sono riusciti a scoprire che il ricercatore dell’Oxford University fu torturato e seviziato con oggetti roventi, lame, pugni e calci. La procura capitolina ha decretato 4 avvisi di chiusura delle indagini per 4 membri dei servizi segreti egiziani, mentre per il quinto è stata decisa l’archiviazione.

Sequestro di persona pluriaggravato, concorso in omicidio aggravato e concorso in lesioni personali aggravate: accuse pesanti quelle imputate ai presunti colpevoli. I magistrati italiani hanno inoltre evidenziato come le ragioni dell’arresto di Regeni fossero futili e prive di fondamenta. Ciò sfortunatamente non gli ha evitato torture così spietate, che secondo le fonti investigative italiane avrebbero portato alle perdita di organi e lesioni traumatiche cervico dorsale.

Dopo gli ultimi processi le accuse sono ricadute anche sul generale Tariq Sabir, ma anche su Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi, e su Magdi Ibrahim Abdelal Sharif. Quest’ultimo sarebbe il carceriere e boia del nostro compatriota, che abusando del potere di maggiore dell’esercito egiziano ha volontariamente e autonomamente torturato Giulio Regeni fino a portarlo ad un’insufficienza respiratoria centrale, rivelatasi poi causa della morte. L’assassino, secondo i magistrati, non ha agito seguendo ordini di organizzazioni governative ed è stato aiutato da persone rimaste tutt’oggi ignote.

Queste informazioni sono state scoperte grazie all’aiuto di 5 testimoni, uno dei quali afferma di aver visto Regeni ammanettato a terra con segni evidenti di torture nella sala 13 dell’edificio della National Security. Un secondo testimone ha spiegato di avere visto il ricercatore presso la caserma di Dokki, tra le ore 20 e le ore 21 del 25 gennaio. Secondo la ricostruzione Regeni una volta arrivato avrebbe chiesto alla polizia di parlare con un legale. Sempre seguendo la seconda testimonianza la vittima sarebbe stata scortata da 4 uomini vestiti da civili per poi essere bendata e trasportata in macchina in un posto chiamato Lazoughly.

Infine il testimone afferma di avere sentito il cognome Sheriff e il nome Mohamed. In entrambe le ricostruzioni viene affermato che il ragazzo fermato dalla polizia parlasse italiano. Dopo queste ricostruzioni i pm hanno spiegato che gli avvocati difensori hanno venti giorni per trovare prove che dimostrino l’opposto. Prestipino, uno dei pm incaricato del caso insieme a Colaiocco, ha descritto le prove rinvenute come “univoche e significative”. Colaiocco ha poi evidenziato la mancata collaborazione di 13 soggetti dell’autorità statali egiziane.

L’avvocato e la famiglia della vittima si sono poi detti soddisfatti della sentenza e hanno rilasciato dichiarazioni dove definiscono l’Egitto un paese non sicuro e hanno aggiunto che il caso di loro figlio rappresenta come, per lo stato, un vita umana valga meno del profitto derivato dalla vendita di armi e di petrolio. La madre di Giulio ha poi definito la loro battaglia legale come una lotta di civiltà e ha chiesto il ritiro dell’ambasciatore italiano dal Cairo, dato che da parte dell’Egitto non sono stati fatti in avanti, ma anzi indietro e tutt’oggi persistono dubbi e incertezze sulle diverse responsabilità degli enti egiziani e italiani. Molti infatti si chiedono perché nei giorni di prigionia del ricercatore nessuno si sia mosso all’ambasciata o al consolato e se il governo fosse al corrente della situazione.

Il caso irrisolto di Giulio Regeni rappresenta il basso valore di una vita umana, se paragonata ai profitti che derivano dal traffico delle armi. L’Italia ha da diversi anni intrapreso rapporti economici con il governo militare egiziano, come è stato documentato, infatti, la nostra repubblica ha venduto due fregate alla marina egiziana pochi anni fa.

È questo quindi il prezzo di una vita umana? Due navi da guerra per uno stato che non rispetta i diritti civili e reprime con la forza qualsiasi forma di ribellione.

Giulio è stato ucciso brutalmente perché indagava sulle condizioni dei lavoratori e i loro rapporti con i sindacati, ma ciò che scandalizza maggiormente è che nessun politico italiano, durante i giorni di prigionia del giovane ricercatore, si sia mosso nei palazzi dell’ambasciata del consolato a sua tutela. Come può uno stato sovrano come l’Italia, settima potenza mondiale, lasciare che un suo cittadino venga torturato e ucciso da uno stato canaglia come l’Egitto.

Non possiamo pretendere di rendere il mondo un posto migliore se ogni volta che la giustizia e gli interessi commerciali si scontrano, la classe dirigente lascia la vittoria a quest’ultimi, non tutelando e impoverendo la maggior parte della popolazione.

L’ipocrisia di una crisi annunciata

di Alessandro Rosati

   È arrivata la crisi di governo. Annunciata, anticipata da giornali e interviste. Del resto non poteva essere altrimenti, ormai si era giunti ad un punto di non ritorno. Il tira e molla tra il Premier Conte e il leader di Italia Viva Matteo Renzi occupava le colonne dei quotidiani da più di due settimane. Le Ministre Teresa Bellanova ed Elena Bonetti, rispettivamente responsabili delle politiche agricole e familiari, ieri hanno rassegnato le dimissioni aprendo di fatto la crisi di governo.

   La motivazione ufficiale delle dimissioni degli esponenti di Italia Viva è il mancato accordo sul Mes. Infatti mentre la maggioranza, più o meno in maniera unita, si era dichiarata sfavorevole ad adottare il fondo salva-stati (o Mes che dir si voglia), Italia Viva preferiva usufruirne per avere finanziamenti immediati dall’Ue. Questo il motivo spiegato nella mail inviata a Conte nel tardo pomeriggio, ma probabilmente c’è ben altro dietro la decisione orchestrata da Matteo Renzi. Ora, passando alle motivazioni “non ufficiali”, alcuni parlano di un presunto scontro sulla vicinanza dei servizi segreti a Palazzo Chigi; altri di un’effettiva sfiducia nei confronti di un esecutivo che ha dimostrato di poter risolvere ben poco; e infine altri ancora di un mero protagonismo di Renzi, che non è da escludere.

   Al di là di quali siano però i veri motivi che hanno scatenato l’ennesima crisi di governo e di quali saranno le risoluzioni (si parla già di una maggioranza alternativa), Matteo Renzi ha genuflesso l’Italia più di quanto non lo fosse già. È questo l’aspetto probabilmente più assurdo della mossa dell’ex Premier: gettare benzina sul fuoco.

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Pensieri d’inchiostro

di Lavinia Biagi

La fine è stata spettacolare. Non mi sarei aspettato altrimenti da un mondo che in vita aveva saputo regalare così tanto a chi aveva avuto la voglia e il tempo di apprezzarlo, a chi aveva saputo rispettarlo. Devo dire che mai mi sarei immaginato una conclusione di questo tipo; essendo questa giunta all’improvviso, mi ha trovato impreparato. Perciò me ne sto qui con le mani in mano, o per meglio dire con la penna in mano, per cercare di dare un senso a tutto quello che è successo, e mentre l’inchiostro scorre mi accorgo che non riesco a spiegarlo a parole.

   Ci provo. Tutto intorno a me si stende un mare di fumi e fuochi e la desolazione è ciò che è rimasto a farmi compagnia. Arrivato a questo punto non posso far altro che guardare indietro, ripercorrere i miei passi. Guardare oltre mi fa troppa paura e mi provoca un dolore lancinante, probabilmente perché so già che un futuro non ci sarà.  Forse avrei dovuto dirlo prima, ma non ne ho avuto il coraggio. Non potevo sopportare l’odio delle persone che non avrebbero potuto comprendere. Nemmeno io riesco a comprendere fino in fondo.

   Ora sconto la mia pena. Seduto su un masso di lava lascio scorrere i miei pensieri senza fine, e tremo e temo perché penso che finiranno per intrecciarsi con le linee tracciate dalla pena, prendendomi come preda in questa loro spaventosa rete che si divertono a creare. Il mondo sta per esalare il suo ultimo respiro, eppure continua a prendersi beffe di me. Come se non ne avesse avuto abbastanza! Alzo lo sguardo e i miei occhi vengono colmati dal più bel turbinio di colori rosati a cui mi sia mai stato dato il piacere di assistere. Mi è sempre piaciuto osservare il cielo, ma mi sto rendendo conto solo adesso che forse è la prima volta in cui lo vedo veramente. Senza veli, senza interferenze. E come potrebbero esserci, se a gravitare quaggiù sono rimasto solo io?   L’inizio della mia storia risale al principio di tutto, e da allora ho avuto modo di apprendere un numero quasi infinito di nozioni e di informazioni. Ciò di cui sono manchevole sono le emozioni.

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