Vietato mangiare velocemente

di Rebecca Giusti

 

Vogliamo sempre avere il controllo su quello che succede. Vogliamo essere decisi, con quel modo di fare un po’ mieloso tipico delle persone che sanno in ogni occasione cosa vogliono, pettinati, muovere le mani e gesticolare in modo non troppo affannoso o concentrato, perché poi siamo ridicoli. Essere dolci, ma non troppo o in maniera affettata perché quest’atteggiamento potrebbe sfiorare pericolosamente l’essere stupidi, e noi non è che non vogliamo esserlo, ma è il non farlo credere agli altri, far intendere che siamo molto colti e preparati sempre e comunque a tutti, che ci sta a cuore.

Dobbiamo mangiare con calma perché sennò ci si brucia e non si mangia con foga, così come non si vive velocemente. Si aspetta che il piatto sia freddo come il marmo d’inverno, solo allora è possibile assaggiare senza nessun tipo di pericolo ciò che ci sta davanti, anche se forse si perde il sapore che doveva avere.

Richiede tempo staccarsi da questi concetti malati, forse alcuni non ci si staccano mai ed altri si illudono e basta di esserci riusciti. Penso però che vivere mangiando piatti freddi, controllare le mani quando si parla e il miele nella voce, che infastidisce quasi impercettibilmente l’ascoltatore, come se non capisse se ammira la persona convinta che gli sta davanti o lo detesta, non facciano per tutti. Non serve, è sforzo inutile cercare di essere qualcuno che non si è mai stati. Per capire che non lo siamo è semplicemente necessario provare ad esserlo e poi accorgersi che forse non faceva per noi, noi siamo altro e siamo liberi. Siamo liberi.

Violenza sulle donne: un quarto degli italiani incolpa le donne

di Viola Lencioni

Il 24%: questo è il dato che emerge da uno studio condotto dall’ISTAT nel 2019. Infatti circa un quarto della popolazione italiana ritiene che le donne provochino la violenza con il loro abbigliamento. Lo studio si è occupato degli stereotipi sui ruoli di genere e dell’immagine sociale della violenza.

Anche altri dati che emergono sono preoccupanti.

Il 39% pensa che una donna possa sottrarsi a un rapporto sessuale se davvero non lo vuole.

Il 15% è dell’opinione che una donna sia in parte responsabile della violenza subita se ubriaca o sotto l’effetto di droghe.

Il 10% ritiene che molte delle accuse di stupro siano false.

Il 6% afferma che le “donne serie” non vengano violentate.

(Fonte: Gli stereotipi sui ruoli di genere e l’immagine sociale della violenza sessuale (istat.it))

Questi dati sono spaventosi, ma il campanello d’allarme doveva essere il numero di femminicidi (69 nel 2019), rimasto costante  anche nel 2020. (fonte: FemminicidioItalia.info Notizie di violenza sulle donne, maltrattamenti in famiglia, stalking e lista dei femminicidi in Italia).

Secondo un’indagine più recente, condotta da AstraRicerche, ad oggi la mentalità non sarebbe cambiata. Sempre un quarto degli italiani ritiene che le donne provochino la violenza con il loro abbigliamento, un italiano su tre non considera  forzare la propria partner ad avere un rapporto un comportamento violento. Allo stesso modo, tre italiani su dieci non giudicano violenza tirare uno schiaffo alla compagna se questa ha flirtato con un altro. (Fonte: “Schiaffeggiare la moglie non è violenza”: il 40% degli italiani giustifica botte e abusi sessuali (mediaset.it))

Diana de Marchi, presidente della commissione alle pari opportunità del consiglio comunale di Milano, afferma che sia necessario un cambiamento culturaleculturale. Infatti come gesto simbolico il comune di Milano ha tenuto la bandiera a mezz’asta durante la giornata del 25 novembre.

Ciò che emerge dai dati è chiaro: la mentalità della popolazione deve cambiare. Bisogna imparare a essere sensibili alla violenza, a riconoscerla in quanto tale per poterla combattere nel modo giusto. Per farlo però è importante partire dal basso, dalle piccole cose della vita di tutti giorni, e soprattutto daa sempre troppo trascurata educazione.

Il silenzio nella via

Un poesia di Hermione Buensuceso

Alle sei del pomeriggio, d’inverno,
la solita strada che mi portava da te sembrava più vuota del solito.
Nessuna risata, nessuna spinta sul marciapiede
che mi metteva quel solito broncio
che solo te conoscevi.
Quella solita panchina al parco,
te la ricordi ancora, vero?
Piena di nostri baci,
di nostre parole,
di noi.
Con te era come ballare,
nessuna preoccupazione,
nessun limite,
nessun orario.
E ora, cammino in silenzio,
pensando al nostro prossimo ballo..

Ciò che eravamo, noi due

Una poesia di Rebecca Giusti

 

Camminavamo strette all’asfalto che ci stava sotto

Per paura di rimanere sospese nell’aria densa

Che ci abbracciava

I piedi si muovevano fluttuando nel presente

non c’era futuro per noi in quel momento

esisteva solo un movimento sinuoso al buio.

Sgattaiolavamo insieme verso ciò che non conoscevamo,

unendo ciò che eravamo noi due

fondendolo insieme come cera

una cera morbida, che si scioglie come la notte nera

quando arriva il giorno.

In quelle sere brillanti,

ci batteva il cuore, ci batteva a tutte e due,

e poi forse ci batteva a turni.

C’era qualcosa che ci sarebbe rimasto sulla pelle

nei capelli sporchi e bagnati,

dentro le ossa fradice d’acqua.

Veloci e sfuocate scene languide,

delle risate accaldate in una realtà sospesa,

dei passi furtivi verso un binario vuoto.

Per noi a quel tempo

non c’era futuro

c’era un treno pigro su cui salivamo

ansanti

per vivere ciò che saremmo state

ciò che non conoscevamo ancora

noi due.