di Lucrezia Pierucci
Marco Aurelio Antonino Augusto, meglio conosciuto semplicemente come Marco Aurelio, è stato un imperatore romano e un filosofo stoico. Fu rispettoso delle istituzioni repubblicane e affidò ai senatori incarichi e funzioni giudiziarie escludendo persone equivoche, favorendo invece anche i poco abbienti purché meritevoli.
Lo stoicismo è una corrente filosofica e spirituale, di impronta razionale, fondata intorno al 300 a.C. ad Atene da Zenone di Cizio. Insieme all’epicureismo e allo scetticismo, lo stoicismo rappresentò una delle maggiori scuole filosofiche dell’età ellenistica. Tale filosofia prende il suo nome dalla Stoà Pecìle di Atene o «portico dipinto» dove Zenone impartiva le sue lezioni.
Gli stoici sostenevano le virtù dell’autocontrollo e del distacco dalle cose terrene, portate all’estremo nell’ideale dell’atarassia (stato di perfetta tranquillità e serenità d’animo, raggiunto dal saggio una volta libero dalle passioni), come mezzi per raggiungere l’integrità morale e intellettuale. Nell’ideale stoico è il dominio sulle passioni o apatia che permette allo spirito il raggiungimento della saggezza. Riuscire è un compito individuale e scaturisce dalla capacità del saggio di disfarsi delle idee e dei condizionamenti che la società in cui vive gli ha impresso. Lo stoico tuttavia non disprezza la compagnia degli altri uomini e l’aiuto ai più bisognosi è una pratica raccomandata. Per la loro concezione fatalistica dell’universo, che prevedeva la realizzazione di un piano universale razionale perfetto, insito nell’ordine della natura.
I “Ricordi”, detti anche “colloqui con se stesso”, vennero scritti da Marco Aurelio nel 180 d.C. e raccolgono 12 libri nei quali si parla di meditazione sotto forma di aforisma. L’autore produsse l’opera durante le campagne militari contro i barbari. La natura di “schegge” di cui sono composti i brani, trasforma il libro in una sorta di breviario spirituale che parla a ciascuno in ogni tempo. La cosa che mi ha particolarmente colpito del testo è che nel primo libro l’autore cita persone a lui vicine fisicamente, ma anche spiritualmente (dei) e afferma ciò che ha appreso da queste figure e ciò di cui è grato; in questo modo, Marco Aurelio fa capire al lettore quanto ha appreso dalla vicinanza di detti soggetti e quanto questi l’abbiamo formato ed influenzato la sua persona, come ad esempio nel passaggio in cui, riferendosi al padre, scrive: “… ho imparato da lui a non essere incerto né imprudente, ma a perdurare nei medesimi luoghi e nelle medesime azioni; e riprendere subito riposato è valido le occupazioni solite dopo le violentissime emicranie…”.
Proseguendo nella lettura si capisce come la vicinanza delle persone, anche quelle che posseggono difetti, “i quali sono originati in loro dall’ignoranza del bene e del male”, arricchisce il prossimo in quanto tutti i soggetti sono legati da una parentela non di sangue, ma perché tutti partecipano all’intelligenza ed ad una porzione divina. Un altro tema fondamentale che l’autore afferma e che non si può scappare dal destino è che ogni cosa quando accade è necessaria ed utile per il tutto a cui ogni individuo appartiene. Vale a dire che tutto accade per una precisa ragione (Principio di ragione sufficiente). In particolare riguardo questo tema mi ha complito molto la seguente frase “Le opere degli dei sono piene di provvidenza, ed anche quelle della fortuna non sono senza una coordinazione e un intreccio con quelle disposte dalla provvidenza. Tutto di lì deriva. Inoltre, quanto accade è necessario ed utile al Tutto, cui tu appartieni”.
Un altro tema importante del libro è quello del “Carpe Diem”, perché la vita è breve e bisogna utilizzare il proprio tempo per raggiungere la serenità dello spirito, senza rinviare e procrastinare: “…t’è prestabilito un tempo determinato e che, se non lo usi per conquistare la serenità dello spirito esso dileguerà e tu pure dileguerai, e non ti sarà possibile un’altra volta”.
Marco Aurelio pone a fondamento della vita la filosofia come possiamo capire nella seguente frase “Cosa resta dunque che ci possa scortare? Unica e sola la filosofia e questa consiste nel conservare incontaminato il tuo genio interiore da ogni insulto e danno, superiore al dolore e al piacere; nel non agire mai da sconsiderato o falso o da ipocrita…”
Marco Aurelio insegna anche a coltivare il sentimento, prima di tutto nei confronti di se stessi; a non rinnegare la propria natura; ad affrontare con coraggio la vita e il mondo, restando fedeli sempre a se stessi. A non curarsi dei fatti degli altri, ad eccezione della cosa pubblica, così che qualora venisse chiesto il proprio pensiero, ciascuno potesse rispondere con sincerità, senza vergognarsi. Viene quindi espressamente consigliato di ambire al meglio, scegliendo con semplicità.
In diverse parti del libro Marco Aurelio parla a se stesso, rimproverandosi la sua pigrizia ed esortandosi ad essere disciplinato. Ad esempio, a un certo punto parla di cosa fare se non ci si vuole alzare dal letto la mattina. Il suo adulto interiore sta castigando l’altra parte di sé che vuole solo dormire. Si può quasi sentire il giudizio nella sua voce. E poi questa voce continua spiegando che ogni creatura vivente ha uno scopo per cui è nata. Allo stesso modo, un essere umano non è nato per stare a letto, ma per alzarsi ed essere utile agli altri esseri umani.
I principi sanciti in questo splendido libro sono il modello di pensiero di uno spessore unico che va oltre al tempo in cui il testo è stato scritto ed al contesto storico dell’epoca. Il grande filosofo ci dà un insegnamento assoluto: la più grande vittoria che si può avere nella vita è quella di essere se stessi nonché di rimanere se stessi davanti alle avversità e alle tragedie. Rimanere fedeli a se stessi, nonostante le prove avverse che la vita ci propina e continuare ad essere tali.
Marco Aurelio, I ricordi, Torino, 2015 (prima ed. 1943), Einaudi editore