La metafisica e la fisica di Aristotele secondo Bertrand Russell
di Michele Puccini
La Storia della Filosofia Occidentale di Russell permette di avere un’ampia visione, unita ai commenti e alla visione dell’autore, sull’intera storia del sapere filosofico umano. Nello specifico Russell, nel capitolo 9, si sofferma proprio nell’analizzare Aristotele presentandolo in tutte le sue sfaccettature: sia dal punto di vista etico, che politico, che filosofico.
Russell riconosce, ovviamente, il grandissimo ruolo che ha avuto e sottolinea a più riprese come abbia profondamente cambiato il corso della storia ma nonostante ciò non gli risparmia diverse critiche: egli ritiene che con lui si abbia la fine del periodo del pensiero creativo del mondo greco e marca in vari modi come i suoi metodi di approcciarsi alla filosofia, che si distaccano molto dai predecessori, siano più vicini a quelli di un insegnante o di un saggista piuttosto che di un “profeta ispirato” come Socrate o Platone.
La sua autorità divenne talmente tanto indiscussa che provocò un enorme ostacolo al progresso conoscitivo, motivo per cui dovremo arrivare alla “Rivoluzione Scientifica” nel XVII secolo per poter mettere in discussione alcune sue tesi e poter avere un “nuovo inizio” nel campo della cultura. D’altra parte Russell riconosce però che se un altro contemporaneo di Aristotele avesse avuto la sua stessa fama e notorietà avremmo avuto difficoltà altrettanto importanti, se ancora più dure. L’unico modo, secondo lui, per rendere giustizia ad Aristotele è quello di scordarci sia dell’eccessiva fama che delle critiche che sono arrivate nei suoi confronti ed analizzare, proprio come ha fatto lui, nella maniera più obiettiva possibile i suoi scritti.
La contrapposizione a Platone
Per formulare le sue teorie Aristotele deve smentire la teoria di Platone sulle idee. Per Russell, egli presenta ottimi argomenti contro essa, il più forte dei quali è il famoso “terzo uomo”: se l’uomo è una copia imperfetta di un uomo ideale vi sarà sicuramente un altro uomo ancora più perfetto, e più ideale, che assomiglia sia al primo che al secondo.
Per di più, per Aristotele, l’uomo di base era comunque un animale, e quindi per lui si può aprire una sorta di “catena infinita” dove l’uomo l’uomo più ideale poteva essere la copia di un animale ideale.
Ovviamente è inutile proseguire.
Aristotele ci dice inoltre che quando uno dei quattro predicati dell’essere è comune a più individui, a più “sostanze prime”, queste non devono essere messe in relazione esclusivamente tra loro ma devono concorrere a dare una definizione del termine confrontandola con altre sostanze seconde. Se quindi ho numerosi animali e tra questi dei cani, anche di razze diverse, distinguo quelli che sono i cani per delle caratteristiche comuni che sono intrinseche dell’essenza del cane, che mi permettono di distinguere essi dai gatti e dagli altri animali. A sua volta il cane (inteso come la classe dei cani, e cioè come una sostanza seconda) è un animale e rientra in una categoria più ampia e così via, come in una gigantesca teoria degli insiemi.
A differenza di Platone, Aristotele vede l’essere non nelle idee, ma negli “Iupokeymenon”, cioè in individui concreti, e questa differenza sarà alla base della controversia tra idealisti e realisti durante i secoli successivi.
La metafisica
Fatte queste premesse, Russell riserva all’opera del suo “collega” queste parole: “La metafisica di Aristotele, parlando a grandi linee, può essere definita come la filosofia Platonica, diluita con il senso comune. Ciò sembra difficile, perché Platone e senso comune non si mescolano con facilità. Quando si cerca di capirlo, a volte, sembra stia esponendo il punto di vista di un digiuno di filosofia, altre che stia esponendo il Platonismo in un modo nuovo. Ciò fa sì che con lui non convenga soffermarsi su un unico passaggio, perché quest’ultimo è suscettibile di essere corretto o modificato di qualche passaggio successivo.”
Russell definisce infatti come la teoria della forma e della materia che abbiamo affrontato, su cui si basa la metafisica, come una sorta di versione “parallela” della teoria delle idee di Platone, ritenendolo non così rivoluzionario come sembra apparire. .
Vale la pena spendere più di qualche parola sulla “Metafisica”, per sottolineare soprattutto l’impatto che avrà sui secoli successivi. La parola “metafisica” significa letteralmente: ciò che viene dopo la fisica. Il termine deriva prima dal greco e poi è stato ripreso dal latino medievale, infatti la metafisica tratta le cause prime della realtà in quanto collocate dopo (metá, che significa oltre) le cose naturali (physica).
Per di più leggenda vuole che proprio durante l’Alto Medioevo un baule pieno di scritti di metafisica Aristotelica siano stati ritrovati di fianco a scritti di fisica e questo ha contribuito molto a rafforzare il termine tra i giovani accademici del periodo e a farlo perpetrare fino ad oggi.
Il trattato di metafisica Aristotelica è articolato in 12 libri e per analizzare il suo contenuto è necessario precisare il concetto di “Primus”.
Con “Primus” si intende qualcosa di superiore, qualcosa che viene prima di tutte le altre sotto un aspetto. La metafisica, partendo dalla natura stessa, arriva a risultati oltre gli ambiti di essa.
L’oggetto di studio non è solo la natura, ma una realtà onnicomprensiva che vuole conoscere tutto che viene indicata con l’espressione “essere in quanto essere”, detta “filosofia prima”.
La fisica, lo studio della natura, di conseguenza diventa filosofia seconda.
La metafisica tratta di “ontologia” e di “primus ontologici”.
L’ontologia studia i caratteri universali dell’essere che per Aristotele è tutto ciò che esiste in esso.
Per Aristotele le proprietà dell’essere sono 10, universali e irriducibili, e che possono “presentarlo” in un contesto.
- sostanza (l’albero, il tavolo, Piero, la Chiesa);
- qualità (biondo, moro, alto, magro proprietá non reversibile);
- quantità (superficie del tavolo, peso di un oggetto);
- relazione o confronto oggettivo (Piero è più alto di Marco);
- luogo (il tavolo in salotto, l’albero in giardino);
- tempo (Aristotele è nato nel 384 a.C.);
- agire (Piero sposta il tavolo);
- subire (il tavolo viene spostato da Piero);
- stato (mal ridotto, ben vestito, malato, profumato, condizione reversibile);
- situazione (modo specifico in cui sono in un determinato contesto, Marco è caduto);
La sostanza è un primus in quanto è la caratteristica più importante, perché tutte le altre sono dipendenti da essa.
Se l’essere fosse privo di unità, se non fosse sostanza, non sarebbe possibile una scienza onnicomprensiva.
La sostanza deve rispettare due principi fondamentali nella logica Aristotelica che sono quello di non contraddizione (1) e del terzo escluso, conseguenza del primo (2).
- se A=A è impossibile che A≠A. Ciò è un postulato, e non può essere dimostrato in quanto evidente;
- se A=B è impossibile che B≠A. Ciò è un corollario del primo postulato.
Mentre il primo si applica ad un solo predicato, una sola cosa, il secondo si applica a più cose.
Come abbiamo visto per Aristotele ogni sostanza è un qualcosa di indipendente, costituito da un “sinolo”, cioè da un’unione di una materia e di una forma, e può avere quattro cause fondamentali: quella materiale, quella formale, quella finale e quella efficiente.
Prendiamo ad esempio una statua: essa è in materia costituita da del marmo, in forma ha le sembianze del soggetto che raffigura, come fine può avere vari scopi come quello di venerare una divinità o celebrare qualcosa e come causa efficiente è stata realizzata dalle picconate del proprio scultore.
La causa efficiente a sua volta è composta da potenza e atto.
La potenza è inferiore rispetto all’atto, infatti se non si conoscesse l’atto non si potrebbe nemmeno avere nozione della potenza.
Prendiamo alcuni esempi per chiarire: una bomba è in atto una bomba e in potenza un’esplosione così come un uovo è in atto un uovo e in potenza un pulcino e un seme è in atto un seme e in potenza una pianta. L’atto è collegato a ciò che l’essere è in questo istante, mentre la potenza al cambiamento e alle trasformazioni. L’acqua scorre perché prima era ghiaccio.
Nelle sostanze artificiali, create dall’uomo, possiamo prendere invece il loro materiale:
Legno è tavolo.
Marmo è statua.
Per non andare all’infinito alla ricerca ogni volta di una causa efficiente e finire per intrappolarsi nella stessa critica che rivolge a Platone, Aristotele trova risposta nel presupporre l’esistenza di un “motore immobile”.
È fondamentale precisare come un ragionamento non possa andare avanti all’infinito: ogni processo logico deve portare a una conclusione, precisa e definita, questo concetto è fisso all’interno della mentalità e del pensiero del mondo greco del tempo ed è tutt’ora alla base dei processi di analisi dell’attuale metodo scientifico.
Secondo Aristotele esso è una sostanza immateriale, costituita da un lato da un essere divino e dall’altro da un principio “cosmologico” secondo cui ha la capacità di muovere i cieli, tramite il solo pensiero, senza subire o avere alcuna delle 10 proprietà viste prima dell’essere.
Per spiegare il “ principio cosmologico” si può ricorrere alla figura di una tavola imbandita di cibo e un affamato: il banchetto resta fermo e se una persona ha fame essa vi andrà a mangiare senza che nessuno la sposti o la costringa a farlo. Il banchetto è ovviamente il motore immobile, l’affamato sono gli astri e i pianeti si muovono perché attratti da esso, proprio come il filosofo è attratto dall’amore e dalla conoscenza.
A questo motore è associata un’anima, dotata di intelligenza divina, la quale facendo ruotare per attrazione il primo cerchio, detto delle stelle fisse, fa ruotare anche gli altri.
Secondo Aristotele l’universo è strutturato in 56 cerchi concentrici che corrispondono ai cieli che contengono i vari astri e pianeti.
Questa concezione di anima, cioè di essere divino, è proprio quella che ha contribuito moltissimo ad accrescere la fama di Aristotele a discapito di molti altri perché se l’anima al centro è un “Dio Supremo” che per Aristotele è frutto di pensiero di pensiero perché non pensa ad altro se non a riflettere su se stessa, essa da idea di trascendenza, superiorità e indipendenza rispetto all’Universo cosa che ha permesso di associarlo al Dio predicato all’interno della Bibbia cristiana e di studiarlo all’interno della teologia Cristiana. Aristotele ha associato moltissimo cosmologia e teologia, rendendole in queste sue produzioni una cosa sola e lasciando questa impronta importantissima nella storia.
La fisica
Dopo aver analizzato la filosofia prima non si può non trattare anche della filosofia seconda, quella che viene definita “physica” da Aristotele.
La fisica studia i cambiamenti a livello macroscopico di un corpo.
Essi possono essere di quattro tipi diversi:
- Spaziale cioè nello spazio, uno spostamento vero e proprio;
- Quantitativo, legato invece alla quantità, che può aumentare o diminuire, ad esempio se io seziono un grande blocco di marmo in tanti piccoli blocchetti il numero da uno che era cambia in molti;
- Qualitativo, legato alle qualità, se io scaldo qualcosa questo passa da “essere freddo” a “essere caldo
- Sostanziale cioè legato alla sostanza, quando una sostanza prima si trasforma in un’altra sostanza prima, ad esempio il legno che diventa un tavolo.
Sarà proprio sul primo su cui ci soffermeremo quella che Aristotele chiama cinematica, dal greco “Kynesis”.
Esistono due tipi di moti, rettilineo e circolare.
Il moto rettilineo è costituito da una retta, che può andare in varie direzioni.
Il moto circolare è, invece, proprio dei corpi perfetti, infatti è il moto che associa al cosmo e che descrivono i pianeti attratti dal motore immobile. Il cerchio veniva reputato inoltre la figura perfetta nel mondo greco in quanto ogni punto della circonferenza era perfettamente equidistante dal centro.
I corpi sulla Terra sono soliti muoversi di un moto rettilineo per “raggiungere” quello che è il loro strato di appartenenza in cui è collocato l’elemento in cui si rispecchiano.
Facendo una metafora per spiegare come, secondo Aristotele, è composto il mondo che conosciamo, esso si può paragonare a una torta a più piani, dove ogni strato coincide con un piano della torta e vi è presente un elemento diverso.
Dal basso verso l’alto troviamo la terra, l’acqua, l’aria, e il fuoco.
Il fuoco viene posto come elemento più “alto” in quanto il suo simbolo è il Sole, che splende oltre il cielo, cioè l’aria, che con i suoi venti soffia sulle acque che coprono la terra. Ogni sostanza si muove di un moto rettilineo dal basso verso l’alto o dall’alto verso il basso per raggiungere e restare nello strato a cui appartiene.
Per cercare di capire meglio come funziona: se io lancio un sasso in acqua questo sprofonda perché vuole raggiungere il suo strato: la terra, mentre una fiamma brucia verso l’alto perché vuole ricongiungersi al Sole.
Come dice anche Russell, questa teoria è sufficiente a dare abbastanza conoscenze a un uomo del suo tempo che non aveva assolutamente tutte le nozioni che abbiamo noi oggi di fisica e chimica ma resta evidentemente molto sommaria come spiegazione, malgrado non verrà mai messa in discussione per oltre 2000 anni a venire per non andare contro le sue dottrine, profondamente accettate e radicate nella Chiesa Cattolica.
I problemi della cinetica di Aristotele si presentano però ben presto con i cosiddetti “moti parabolici”, come quelli di un proiettile o una freccia scoccata da un arco.
Come si poteva giustificare tale cosa?
Aristotele sostenendo che sulla terra nulla si muove senza essere mosso va alla ricerca di un passaggio intermedio che trova in quello che viene definito l’impetus che l’arco imprime sulla freccia per scoccarla.
L’impetus si può associare alla forza con cui la freccia viene scagliata ed è proprio questa forza a generare un vortice di aria che da la particolare traiettoria al proiettile.
Bisognerà andare molto più avanti per riuscire a studiare nel concreto le traiettorie paraboliche, ma anche a prescindere di questi errori, anche abbastanza grossolani, Aristotele resterà sempre un riferimento centrale nella storia del pensiero e della conoscenza, come lo è anche nell’affresco “La scuola di Atene”.