di Giulia Meconi
“Del nomade passato nostalgia
Spezza del viver nostro le catene,
E dal nebbioso sonno ove dormía
Desto lo slancio ferino rinviene.”
Questa poesia è molto significativa e riassume molto bene il contenuto e soprattutto il messaggio de Il richiamo della foresta, che è forse il più celebre libro d’avventure di Jack London, insieme a Zanna bianca. Il titolo originale è The call of the wild. Appartiene alle opere giovanili di London come ci attesta l’uso di un linguaggio semplice, esplicito e spedito che non troviamo nei suoi romanzi della “maturità”.
Ambientato nelle gelide foreste in Alaska, nel Klondike, terra della corsa all’oro negli anni in cui London ambienta la sua storia, ha come protagonista Buck, un gigantesco cane, un incrocio tra un San Bernardo e un pastore scozzese, che fugge dalle leggi dell’uomo per riprendere la sua esistenza selvaggia a contatto della natura.
“Buck non leggeva i giornali altrimenti avrebbe saputo quale guaio stava bollendo in pentola, non per lui soltanto, ma per tutti i cani d’una certa mole con forte muscolatura e un caldo e lungo pelo, dallo stretto di Puget fino a San Diego. Giacché annaspando nelle tenebre linee marittime e compagnie di trasporti antiche gli uomini avevan scovato un biondo metallo, e linee marittime e compagnie di trasporti davano risonanza alla scoperta, migliaia e migliaia di persone accorrevano verso le terre del Nord.”
La storia è un crescendo di sapori, odori e avventure, che cambiano il modo di pensare e agire di Buck, una “bestia selvaggia” nel cuore inizialmente, poi anche nel fisico e nell’essere.
Con il procedere del racconto il richiamo della foresta si fa dentro di lui sempre più forte, fino a quando Buck, una volta morto Thornton e spezzato l’ultimo legame che aveva con l’uomo decide di vivere nella foresta insieme a un branco di lupi, di cui diventa il capo.
“Era il richiamo, quel richiamo a molte note che risuonava più allettante ed impetuoso che mai. E, come mai prima d’ora, egli era pronto ad obbedire. John Thornton era morto, l’ultimo legame era spezzato; l’uomo e le pretese dell’uomo non lo trattenevano più.”
Ne Il richiamo della foresta troviamo anche diversi richiami filosofici.
London razionalizza il rapporto fra uomo e “bestia”: anche i cani, come gli esseri umani, sono capaci di provare sentimenti importanti, non solo con gli uomini, ma anche con i loro simili.
Inoltre London rappresenta la distanza dell’uomo dalle sue origini: il cane rappresenta l’uomo, che in quel periodo stava perdendo totalmente la familiarità col suo passato legame con la terra, poiché ormai viveva in città densamente popolate e si era adattato a questo nuovo stile di vita.
L’altro importante messaggio di London è un profondo senso di animalismo ante litteram: gli animali sono esseri intelligenti e il loro maltrattamento e sfruttamento indecente non porta mai ad un effettivo guadagno di prestazione. Può darsi che sul momento il cane malmenato appaia obbediente, ma prima o poi manifesterà il suo spirito selvaggio, che non è mai realmente sopito, neppure in ogni essere addomesticato.
Il tema del libro si radica in quella letteratura fine-ottocentesca che si richiama al mito del buon selvaggio di Rousseau. Tuttavia, a differenza che nel filosofo francese, ne Il richiamo della foresta l’aspetto istintivo primordiale non è più un motivo di qualità superiore: il selvaggio viene mostrato come origine pura di ogni sovrastruttura culturale e London reclama questo primato della natura sulla cultura anche nel finale del libro, con la scelta definitiva di Buch, introdotta da queste parole:
“Si lasciò alle spalle l’eredità delle generazioni addomesticate, e confusamente riandò con la memoria agli albori della sua razza, all’epoca in cui i cani selvatici vagavano in branchi, nelle foreste primordiali, e uccidevano la preda appena catturata.”
Si tratta quindi di un libro molto interessante e coinvolgente, che lascia sicuramente un segno nel lettore e che soprattutto lo spinge a pensare e riflettere sul rapporto tra natura e cultura, nonché su molti aspetti del nostro rapporto con i cani che spesso vengono ignorati.
Jack London, Il richiamo della foresta, Marsilio editore