di Slivia Picchi e David Michelini
Il 2020 è stato un anno un po’ particolare, che ci ha fatto riflettere sull’importanza di molti valori. Soprattutto in questi giorni di festività, ci manca la “normalità”, la gioia di un Natale tradizionale… Non abbiamo la possibilità di viaggiare, di seguire le nostre tradizioni, di passare questi momenti tra l’affetto e la gioia delle nostre numerose famiglie. Proprio per questo, è importante non lasciare che il Natale perda la sua magia, aprendo gli occhi a nuovi orizzonti e a nuove culture, attraverso i ricordi o i racconti degli amici.
Ad esempio, usiamo la magia del Natale, o la fantasia se preferite, per teletrasportarci in Spagna in un anno diverso da questo… come potremmo festeggiare là il Natale?
È il 24 dicembre: partono i festeggiamenti e si celebra la Vigilia di Natale o meglio la Nochebuena (“notte buona”). In questa serata, ci riuniremmo con tutta la nostra famiglia spagnola per celebrare la cena più importante dell’anno. I prodotti tipici locali e le specialità spagnole riempirebbero abbondantemente la tavola e la serata sarebbe animata dai villancicos, canti relativi a Betlemme, alla vita di Gesù o a fatti quotidiani. Dopo la cena, Papá Noel (“Babbo Natale”) distribuirebbe i regali a tutti i bambini presenti e potremmo vedere i loro sguardi felici illuminarsi alla vista di questa figura rossa. Andremmo a dormire contenti e ben sazi e ci sveglieremmo il 25 mattina o meglio Navidad (“Natale”), pronti per festeggiare a pranzo con un banchetto simile a quello della sera prima. In questo giorno, ci riuniremmo tutti davanti alla televisione per ascoltare il re di Spagna che legge il suo messaggio di auguri.
Passeremmo alcuni giorni in tranquillità fino al 31 dicembre, quando festeggeremmo la Nochevieja (“notte vecchia”), in quanto ultima notte dell’anno. Dopo una cena in famiglia, concluderemmo l’anno a casa con amici o nelle piazze della città, inghiottendo uno dopo l’altro las uvas de la suerte (letteralmente “le uve della fortuna”), cioè 12 acini d’uva (12 come i mesi dell’anno) da mangiare allo scoccare degli ultimi secondi dell’anno come augurio di prosperità. Questa tradizione spagnola dovrebbe portare fortuna come le lenticchie per gli italiani, facendo concludere la Nochevieja e facendo iniziare l’año nuevo in felicità. I rintocchi (o campanadas) degli ultimi secondi vengono scanditi dall’orologio della Puerta del Sol di Madrid, da dove la Television Española va in diretta per condividere las uvas con tutta la nazione. L’obiettivo da raggiungere per avere un anno fortunato è finire l’ultimo acino al dodicesimo rintocco. La tradizione risale al 1909 quando, a causa di una abbondante produzione di uva, i viticoltori inventarono che consumare questo frutto a fine anno avrebbe portato fortuna. Dopo aver brindato con un bicchiere di spumante, considereremmo finito il nostro Capodanno in famiglia e raggiungeremmo gli amici: infatti, per tradizione, i giovani aspettano la mezzanotte in casa ed escono dopo las uvas.
Dopo una nottata con gli amici, torneremmo a casa e aspetteremmo con ansia la sera del 5 gennaio, giorno in cui viene organizzata una sfilata (cabalgata) di carri allegorici, simili a quelli del carnevale, che termina davanti alla sede comunale della città. La gente festeggia e ammira l’esibizione dei los Reyes Magos (i Re Magi: Gaspare, Baldassare e Melchiorre) che, seguiti da paggi e accompagnatori, distribuiscono caramelle e dolciumi a tutti. La sfilata si trasforma così in una vera festa: tutta la città è decorata e addobbata per accogliere le numerose persone, che vengono ad ammirare i coloratissimi carri. Secondo la tradizione, i Re Magi seguirono la stella cadente, che preannunciava la nascita di un grande re, fino a Betlemme, dove trovarono il bambino Gesù e gli donarono oro, incenso e mirra. Allo stesso modo, la notte tra il 5 e il 6 gennaio, i Magi consegnano i doni ai bambini che sono stati buoni e il carbone ai bambini cattivi, come la Befana in Italia. La prima Cavalcata dei Magi risale al 1866 ed è quella di Alcoy, in provincia di Alicante. Tuttavia, già alla fine del XIX secolo, in Andalusia e in Catalogna, si celebrava questo giorno con rappresentazioni teatrali e festeggiamenti. I bambini dicono ai Magi che regali vorrebbero ricevere con una letterina e la sera del 5 gennaio, prima di andare a letto, lasciano le scarpe vicino alla porta di casa, in modo che i Magi sappiano a quanti bambini devono lasciare doni. Come fanno con Babbo Natale, spesso i bambini lasciano anche dei biscotti e qualcosa da bere per i Magi e i loro cammelli, che in una sola notte devono visitare tutto il Paese.
Il 6 mattina vedremmo i bambini scartare i regali e potremmo mangiare il famoso Roscón de Reyes, uno dei dolci più antichi di queste feste, che consiste in una ciambella di pasta soffice ricoperta di glassa e guarnita con frutta candita. Al suo interno è tradizione nascondere una fava, un fagiolo o una piccola “figurina”: il più fortunato della giornata la troverà!
In Catalogna esiste un’usanza particolare: a portare i regali il 25 dicembre non è Papá Noel, ma il cosiddetto Tió de Nadal (“ceppo di Natale”), un tronco di legno avvolto da una copertina rossa con disegnato un volto furbetto e il tipico berretto catalano. L’8 dicembre i bambini vanno in cerca del loro Tiò (solitamente lo si fa trovare nei boschi), lo portano a casa e fino al 24 dicembre gli danno da mangiare tutti i giorni. In questo giorno i bambini colpiscono il tronco con un bastone, mentre cantano a squarciagola la canzoncina del “caga tío” invitando appunto il Tiò a “cagàr”. Poi i bambini corrono a nascondersi nella propria stanza e quando ritornano trovano sotto la sua coperta dolci e regali. L’albero è sempre stato considerato una preziosa fonte di ricchezza nella cultura popolare, perché il legno non serviva solo per costruire case, oggetti e utensili, ma anche per riscaldare la famiglia durante l’inverno, e questa tradizione serve per ricordare la potenza della Natura dispensatrice di doni e bontà da gustare.