Un’intervista al professor Salvatore Settis a cura di Loris Di Mella, Abramo Matteoli e Alessandro D’Elia.
Il professor Salvatore Settis è un noto archeologo e storico dell’arte italiano, nonché ex-direttore della Scuola Normale di Pisa dal 1999 al 2010. Lunedì 10 Febbraio 2020 ha presentato nella nostra scuola, il Liceo scientifico Antonio Vallisneri di Lucca, il nuovo manuale di storia dell’arte che ha scritto in collaborazione con Tommaso Montanari, anche lui storico dell’arte, accademico e saggista.
LEVIAGRAVIA: Volevamo chiederle: da cosa deriva la sua passione per l’arte?
SETTIS: Dal fatto di essere italiano. Dal fatto di vivere in un paese in cui è impossibile camminare, nella maggior parte dell’Italia compresa naturalmente Lucca (fra le prime), senza esserne circondato. E dal desiderio di capire quello che mi circonda.
L.: Come è nato il progetto di un nuovo manuale di Storia dell’arte?
S.: Il progetto è nato con l’idea di lanciare un messaggio alle generazioni più giovani, cercando di trasmettere l’immane importanza del patrimonio artistico del nostro paese, dal punto vista di persone di varie generazioni, dato che gli autori hanno età differenti. Facendo questo, abbiamo voluto cercare di stimolare la creatività dei giovani affinché questo patrimonio non venga mai trascurato.
L.: Quale può essere il primo passo per effettuare una rivalutazione effettiva del patrimonio artistico italiano, anche nelle zone più difficili d’Italia?
S.: Il primo passo è prendere coscienza dell’importanza di tale patrimonio; per permettere ciò, l’insegnamento della storia dell’arte dovrebbe essere incentivato fin dalle scuole elementari. In secondo luogo, si dovrebbe valorizzare maggiormente il lavoro di chi si occupa della tutela dei beni culturali, incrementandone lo status sociale. Questo perché l’Italia, nonostante abbia continuato a tagliare sul Ministero dei beni culturali, ha continuato, negli ultimi anni, a proporre nuovi corsi di laurea in beni culturali. L’Italia è ricchissima di energie intellettuali che però, data l’assenza di posti di lavoro nel settore, si ritrovano a doversi accontentare di lavori “di ripiego”.
L.: Il problema nasce quindi dall’assenza di fondi?
S.: No, perché in Italia siamo così bravi da riuscire a evadere circa 130 miliardi di tasse in un anno. Se solo 10% di questi soldi potesse essere riutilizzato per migliorare la situazione dei beni culturali, il problema troverebbe una facile risoluzione.