di Rebecca Giusti
Poesia che scrissi l’anno scorso ma che credo sia in tema con la data di oggi: tutti sanno quanto manca all’esame, dove andare il sabato, come organizzare la settimana fra sport e caffè con vecchie conoscenze e amici di sempre, ma che ne sappiamo noi dove saremmo fra quattro o cinque mesi. Mandiamoci lettere, parliamo da soli e riflettiamo su chi siamo stati questo lungo tempo seduti davanti a un tavolo quadrato con fogli sparsi sopra, per capire bene dove stiamo andando, per sapere tremando dalla gioia e dall’ansia chi vogliamo essere. Ricordiamo ciò che abbiamo fatto per arrivare dove siamo, le parti belle, la nostalgia e ciò che ci ha fatto male, che ci ha reso noi aprendoci varchi dentro per vedere meglio quello che ci fa sentire piccoli, indifesi e con la costante voglia di cambiare aria. Ora non è più come quando camminavamo stremati lungo il sentiero chiedendoci quando tutto sarebbe finito e saremmo giunti a uno di quei rifugi poco illuminati che ti permette di fare un sospiro di sollievo, ora il cambiare aria è ciò che ci viene imposto, richiesto, quello che siamo chiamati a fare. Anche se ci allontaneremo, vivremo un sacco di vite opposte e ci guarderemo intorno chiedendoci che fine ha fatto quel nostro passato angosciante e adrenalinico che sembra un racconto letto di sfuggita in un libro lasciato a metà, saremo sempre ciò che questo posto, che le persone che ci sono state accanto e l’aria che abbiamo respirato ha formato. Non cambieremo mai aria davvero.
Sento a volte, spesso, la tua mancanza
Perché non si sa alla fine chi saremmo stati
Se non fossimo stati noi
Ci piace fantasticare come degli idioti sorridenti
Su cosa, quando, dove avremmo fatto una certa cosa e come sarebbe andata
se solo non fossimo stati noi o se il momento fosse stato quello giusto
Che tutti dicono momento sbagliato solo per dire che in realtà
la colpa è di una cosa che non sanno definire e non di loro, povere vittime
Sarebbe successo se solo ci fosse stato
Il cielo un po’ meno grigio, con più nuvole da contare
O il sole meno caldo
che ci faceva soffocare anche i sentimenti dall’arsura
Se avessimo mangiato quella pesca invece di aspettare che marcisse
Se non avessimo sprecato quel tardo pomeriggio in un angolo
A far finta di non voler uscire dalla nostra testa
E a pretendere di saper gestirci
Se ti avessi conosciuto prima saremmo stati diversi
Tu saresti stato forse anche oggi
In una di quelle case che forse non ti piacevano
Con una semplice cucina mentre si parla del tuo nuovo cane
Che hanno già tutti i tuoi vicini un po’ tristi
Di come ormai ti sei omologato
E di come in fondo questo non ti dispiaccia perché hai me (che presuntuosa)
e dei libri vecchi, nuovi e di mezza età
Ti avrei parlato, ma forse avrei anche rovinato tutto
perché non sai mai come fare con te stessa, come gestirti
Saremmo stati amici se mi avessero detto chi eri
O avrei continuato con inutili congetture come faccio sempre
perché si pensa sempre troppo prima di fare davvero
Forse avrei solo guardato le nuvole.