Lettera per chi ne aspetta una3 min read

di Rebecca Giusti

 

Poesia che scrissi l’anno scorso ma che credo sia in tema con la data di oggi: tutti sanno quanto manca all’esame, dove andare il sabato, come organizzare la settimana fra sport e caffè con vecchie conoscenze e amici di sempre, ma che ne sappiamo noi dove saremmo fra quattro o cinque mesi. Mandiamoci lettere, parliamo da soli e riflettiamo su chi siamo stati questo lungo tempo seduti davanti a un tavolo quadrato con fogli sparsi sopra, per capire bene dove stiamo andando, per sapere tremando dalla gioia e dall’ansia chi vogliamo essere. Ricordiamo ciò che abbiamo fatto per arrivare dove siamo, le parti belle, la nostalgia e ciò che ci ha fatto male, che ci ha reso noi aprendoci varchi dentro per vedere meglio quello che ci fa sentire piccoli, indifesi e con la costante voglia di cambiare aria. Ora non è più come quando camminavamo stremati lungo il sentiero chiedendoci quando tutto sarebbe finito e saremmo giunti a uno di quei rifugi poco illuminati che ti permette di fare un sospiro di sollievo, ora il cambiare aria è ciò che ci viene imposto, richiesto, quello che siamo chiamati a fare. Anche se ci allontaneremo, vivremo un sacco di vite opposte e ci guarderemo intorno chiedendoci che fine ha fatto quel nostro passato angosciante e adrenalinico che sembra un racconto letto di sfuggita in un libro lasciato a metà, saremo sempre ciò che questo posto, che le persone che ci sono state accanto e l’aria che abbiamo respirato ha formato. Non cambieremo mai aria davvero.

 

Sento a volte, spesso, la tua mancanza

Perché non si sa alla fine chi saremmo stati

Se non fossimo stati noi

Ci piace fantasticare come degli idioti sorridenti

Su cosa, quando, dove avremmo fatto una certa cosa e come sarebbe andata

se solo non fossimo stati noi o se il momento fosse stato quello giusto

Che tutti dicono momento sbagliato solo per dire che in realtà

la colpa è di una cosa che non sanno definire e non di loro, povere vittime

Sarebbe successo se solo ci fosse stato

Il cielo un po’ meno grigio, con più nuvole da contare

O il sole meno caldo

che ci faceva soffocare anche i sentimenti dall’arsura

Se avessimo mangiato quella pesca invece di aspettare che marcisse

Se non avessimo sprecato quel tardo pomeriggio in un angolo

A far finta di non voler uscire dalla nostra testa

E a pretendere di saper gestirci

Se ti avessi conosciuto prima saremmo stati diversi

Tu saresti stato forse anche oggi

In una di quelle case che forse non ti piacevano

Con una semplice cucina mentre si parla del tuo nuovo cane

Che hanno già tutti i tuoi vicini un po’ tristi

Di come ormai ti sei omologato

E di come in fondo questo non ti dispiaccia perché hai me (che presuntuosa)

e dei libri vecchi, nuovi e di mezza età

Ti avrei parlato, ma forse avrei anche rovinato tutto

perché non sai mai come fare con te stessa, come gestirti

Saremmo stati amici se mi avessero detto chi eri

O avrei continuato con inutili congetture come faccio sempre

perché si pensa sempre troppo prima di fare davvero

Forse avrei solo guardato le nuvole.

 

 

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