di Alessandro Rosati
Dai monti del South Yorkshire, in Inghilterra, scende placido il fiume Don che con le sue anse eleganti attraversa la Contea e la città di Sheffield. La calma del corso d’acqua però si scontra inevitabilmente con lo scenario da Rivoluzione Industriale della stracittadina. Sheffield è famosa in tutto il Regno per la produzione di acciaio e ciò non può che implicare una caratteristica peculiare e forse non molto nobile: la presenza di industrie (e non poche). Tra palazzi moderni sbucano stabilimenti metallurgici, meccanici, metalmeccanici e chi più ne ha più ne metta.
Proprio qui, nel rumore assordante dell’industria, lavora un ragazzo di vent’anni. È il 2007. Quel ragazzo guarda e maneggia i suoi attrezzi industriali con la meccanicità di un operaio, ma i suoi occhi sognano già la fine della giornata e ciò che lo aspetta: due porte, un pallone e un campo d’erba, forse. Già perché magari neanche il manto erboso ricopre quei 100 metri di magia, ma a lui va bene lo stesso: l’importante è giocare a calcio. Scordatevi i prati perfetti, le interviste e i milioni, perché il calcio dilettantistico sarà anche passionale ed emozionante, ma è terribilmente crudele. Dopo una giornata di lavoro infatti, ad aspettare quel ragazzo ci saranno i suoi compagni, il mister, qualche pallone e il freddo aspro dell’inverno Inglese.
Vi starete chiedendo di che ragazzo sto parlando. Quel ventenne dall’espressione un po’ pazza è Jamie Vardy. La squadra? Lo Stocksbridge Park Steels. Lo Stocksbridge è una rappresentativa della British Steel, una compagnia siderurgica, insomma una squadra di operai in dopolavoro. Jamie gioca per non abbandonare il suo sogno di diventare un calciatore. Circa tre anni prima però ha toccato, come dirà in seguito, “il punto più basso della sua carriera”: lo Sheffield Wednesday, la sua squadra del cuore, lo ha scartato. I suoi 140 cm di altezza non erano abbastanza per gli osservatori dei biancoblu, che non lo ritenevano al livello dei coetanei. A 16 anni smette di giocare per 8 mesi, fino al 2007 appunto. Jamie non ci sta, non può marcire nella non-league, come vengono chiamati i campionati dilettantistici dai professionisti.
Passa tre stagioni a 30 misere sterline a settimana nello Stocksbridge, dove realizza in totale 66 goal. Il ragazzo ha talento da vendere e la determinazione di chi ormai dalla vita può solo prendere e non più dare. Nel 2007 per una rissa viene condannato alla libertà vigilata con cavigliera per 6 mesi, ma qualche problema con la legge non fermerà la sua scalata. “In un paio di occasioni mi toccò scappare fuori dal campo e andare direttamente a casa per evitare di violare il coprifuoco” confesserà in una successiva intervista. Tenacia e perseveranza, oltre che talento, da vendere.
Nel 2010 passa alla Halifax e realizza 29 reti in 41 partite. La stagione seguente viene acquistato dal Fleetwood Town per 150mila sterline. È una svolta: il trasferimento gli garantisce 7000 sterline al mese e quindi può finalmente abbandonare la fabbrica.
A suon di goal si guadagna il Leicester, club che al tempo militava nella Championship (Serie B Inglese). Le Foxes spendono ben 1mln di sterline per un 25enne della non-league: una follia, forse. Chi l’avrebbe mai detto che quello era l’inizio di una storia d’amore lunga 8 anni. Esatto, chi l’avrebbe mai detto? Infatti dopo una prima stagione in sordina e sotto le aspettative il sogno sta già per finire: la società lo vuole mandare in prestito. Il Mister non è d’accordo e quindi Vardy si rimbocca le maniche. 16 goal portano il Leicester alla promozione in Premier League. Potrebbe bastare, anche perché le Foxes l’anno dopo raggiungeranno la salvezza. Invece no, probabilmente qualcuno aveva un posto pronto per Vardy nell’Olimpo del calcio.
Nel 2015 arriva sulla panchina una vecchia conoscenza del calcio Italiano: Sir Claudio Ranieri. Qui la storia diventa leggenda. Inutile raccontare la cavalcata del Leicester alla storica conquista del titolo e inutile dire quanto Jamie Vardy, l’operaio, sia stato fondamentale nell’impresa. Per 24 volte in campionato mette la sua firma sul match e ben 11 volte di queste lo fa consecutivamente. È record. Van Nistelrooy, uno che con i piedi ci sapeva fare, prima di lui si era fermato a 10. Il resto della storia la conoscono tutti. Sono arrivati i goal in Champions League e la Nazionale Inglese. Tutto sempre con la voglia di giocare di un ragazzino, con quel suo sorrisetto matto stampato sul volto e un’energia disarmante.
A 33 anni nel 2020, Jamie Vardy è il calciatore più anziano a diventare capocannoniere della Premier League. E vederlo ritirare il premio fa pensare che forse, in un calcio di Golia, c’è ancora spazio per qualche Davide.