di Michele Puccini
Storia della Geopolitica di Pascal Larot è un libro che, come si evince dal titolo, costituisce un “primo assaggio”, per il lettore interessato, della geopolitica mondiale. In questo volume l’autore traccia un’ampia panoramica dell’evoluzione degli equilibri di questa scienza, tanto complessa quanto interessante, e degli avvenimenti in campo internazionale che hanno caratterizzato la politica dei Paesi Europei ed Extraeuropei.
Partendo dall’analisi delle teorie di Friedrich Raztel, geografo tedesco, e della sua visione di come questa disciplina avesse una grande rilevanza nell’organizzazione mondiale, il saggio passa poi a trattare periodi più recenti, soffermandosi in particolare sulla guerra fredda e poi approdando ai giorni nostri.
L’autore sottolinea soprattutto l’influenza che i vari conflitti hanno avuto sulla storia di ogni Paese e mette in risalto anche la figura di alcuni geopolitici che con la loro ideologia hanno influenzato il pensiero e le future azioni della classe dirigente e dei Capi di Stato dei Paesi menzionati. Sostanzialmente il libro nei primi capitoli prende in esame cinque potenze mondiali con cui vengono spiegate le teorie di Karl Haushofer:
La Germania, egemone in Europa, Africa e parte della penisola arabica; la Russia, testa di serie del Mailand, o cuore del mondo come viene detto nel libro, e in parte dell’Asia; l’India, che detiene il primato economico dell’Oceano Indiano e in parte dell’Asia Meridionale; il Giappone, che avrebbe controllato in modo più o meno diretto parte della Cina, delle Isole del Pacifico e l’Australia; la Grande America, con gli Stati Uniti che dominano Brasile, Argentina, Messico, Canada e i restanti “staterelli” dell’America centro-meridionale.
È interessante una teoria presente nel libro che vede nel mondo una sorta di “cuore”: chi lo controlla è egemone su 3 continenti, e di conseguenza sul mondo intero. Questo “cuore” corrisponde proprio alla regione definita “Mainland”, ovvero alla porzione di terra che dall’Asia centrale ha inizio nel bassopiano siberiano e arriva fino agli Urali, e che dal Mar Glaciale Artico si estende fino ai territori del Caucaso. Secondo Ratzel questa zona è particolarmente importante in quanto ricca di materie prime e risorse (legname, campi coltivabili, carbone, ferro e disponibilità di crearvi industrie) e ha sempre facilitato lo sviluppo di autorità importanti: prima l’Impero Mongolo, poi la Russia Zarista, dopo l’Urss, oggi la Federazione Russa.
Questa zona era pure difficilmente attaccabile (oggi non più in virtù dell’evoluzione tecnologica), dato che il bassopiano ad Est era un deserto ghiacciato vastissimo che attraversarlo richiedeva un costo umano elevatissimo. Ad ovest vi erano invece gli Urali, che anche durante i conflitti mondiali saranno una barriera non indifferente e a nord il Mar Glaciale Artico, che non permetteva alcun tipo di attacchi, per cui rimaneva solo un corridoio libero che attraversava il Caucaso e il Kazakistan, regioni in genere poco desiderose di fare guerre verso gli altri, ma più propense a impegnarsi in conflitti regionali. Col tempo, alcune di queste, come l’Afghanistan, diverranno poi pedine sovietiche, contribuendo ad alimentare movimenti islamici di matrice estremista.
Sempre secondo le idee di Ratzel lo Stato che controlla politicamente questa parte della terra tende anche a controllare anche parte dei Paesi Asiatici del Medio Oriente e ad essere inoltre un alleato naturale della Germania, che grazie all’alleanza con questa parte del mondo avrebbe potuto usufruire, in caso di un eventuale conflitto, di un fronte orientale protetto, rimanendo così libera di concentrarsi verso il fronte occidentale e la Francia, che per quanto a volte possa avere interessi contrapposti agli inglesi risulta quasi sempre la loro alleata naturale sul teatro europeo moderno.
In questa prospettiva, ovvero in previsione del suo maggiore impegno sul fronte occidentale, secondo molti analisti citati nel libro, la Germania sarebbe dovuta diventare una potenza marittima oltre che europea, ma proprio quest’aspetto ha costituito uno dei motivi che ne ha frenato l’espansione.
Infatti, mentre l’Inghilterra, essendo un’isola, ha sempre avuto la necessità di comunicare via mare con l’Europa, o il Nuovo Mondo, la Germania poteva contare maggiormente sui trasporti via terra rimanendo indietro non soltanto a livello industriale o tecnico ma ancora molto di più come potenza marinara: l’Inghilterra aveva scali, empori e porti ovunque, nella Manica, nel Baltico, a Gibilterra, a Singapore e nelle varie colonie, bloccando così l’accesso all’Atlantico, distribuendo la sua forza economica e militare sullo scacchiere geopolitico del mondo come alla Germania non è mai stato possibile fare.
Anche la Francia, essendo spesso in competizione per il primato nel Mediterraneo e sull’Atlantico, ha avuto in varie occasioni momenti di tensione con l’Inghilterra, ma certe affinità nello sviluppo politico dei due Paesi hanno ridotto i motivi di contrasto negli ultimi due secoli.
Non si possono poi non menzionare le sette leggi di espansione degli Stati che spiegano come una nuova Superpotenza va a presentarsi sul panorama geopolitico mondiale. Secondo Ratzel l’espansione è strettamente collegata al progresso tecnico-scientifico dei Paesi in questione e alla loro cultura. Gli Stati più forti, in un certo senso, sono quelli che hanno vicino a sé Stati più deboli culturalmente e tecnologicamente e che non disponendo di adeguate difese, né di competenze o capacità per permettere lo sfruttamento delle risorse disponibili finiscono per essere parte di un processo che tende ad accrescere la potenza dello Stato vicino più forte e avanzato.
Secondo Pascal, la storia della geopolitica di Francia, Italia e Germania ha avuto risvolti diversi: Francia e Germania sono state schierate rispettivamente verso le tesi della Géopolitique di Parigi e della Geopolitik tedesca, mentre il nostro Paese è stato considerato una potenza minore, arretrata, “ultima delle prime” o “prima delle ultime”: una definizione che fornisce sicuramente spunti di riflessione interessanti, ma anche piuttosto triste e desolante.
Un’altra parte del saggio di Larot su cui vale la pena soffermarsi è quella che riguarda la Geopolitik tedesca, perché la teoria di uno spazio vitale tedesco formulata da Haushofer venne poi ripresa da Hitler. La figura ambigua di Haushofer, che senza dubbio nel bene o nel male, oltre che la storia tedesca, ha segnato anche la storia umana (in generale molti sostengono che sia il personaggio che ispirato le tesi Hitleriane esposte nel “Main Kampf”) è stata rivalutata nell’ultimo periodo, soprattutto per la veridicità dei suoi rapporti personali col Fuhrer. Lo stesso Larot riporta le prove fornite da Haushofer stesso a sua discolpa durante il processo che doveva stabilire ogni sua possibile colpa o favoreggiamento nei confronti del Putsch di Monaco o di un eventuale coinvolgimento, appoggio o simpatia all’ideologia nazista.
La Geopolitik tedesca è sempre stata volta a creare uno spazio economico-militare di rilevanza per la Germania, a voler unificare il mondo Germanofono in un unico grande Paese che assoggettava e dominava l’Europa e il mondo, utilizzando gli slavi come forza lavoro e ponendo il fulcro di questo quartiere operativo a Berlino. Ha assunto grande rilevanza proprio perché ci fu la volontà di attuare l’insegnamento della geografia e della Germania, intesa come unita, fin da quando questa non lo era ancora, su ordine della monarchia prussiana, che creò uno spazio economico e doganale comune, oltre che l’insegnamento dell’orografia e lo studio del territorio a scuola, formando una classe di Professori comuni a queste idee.
La Géopolitique francese, invece, ha una storia diversa, legata alla Rivoluzione del 1789 che secondo il libro ha fatto nascere le idee di Francia come grande potenza come la vediamo oggi. La Francia per via della sua posizione svantaggiata sul continente ha dovuto spendere moltissimo per mantenere il suo esercito, sia in spedizioni e campagne coloniali sia in Europa.
Uno dei più grandi esponenti della nascita della geopolitica francese moderna è senza alcun dubbio Jacques Ancel, le cui opere furono influenzate dalla visione tedesca di Ratzel, che poneva la geografia come un punto fondamentale e voleva una Francia egemone nel mondo. Ancel nonostante ciò si differenziava comunque da loro in quanto rimproverava agli esperti tedeschi l’assenza di metodo scientifico nelle loro analisi e trovava in loro un’eccessiva influenza dell’ideologia nazionalista,
tramutata poi in quella nazista, e che comportava, unita alla prima critica, assenza di obiettività e rigore nell’esporre le loro tesi.
Abbiamo infine la scuola italiana, che è stata riscoperta soltanto recentemente, anche a causa della tarda unità del Regno d’Italia, e che è legata, oltre che alle potenze straniere, alla scarsa volontà dei singoli sovrani di volersi piegare per cedere spazio ai Savoia. Questi ultimi furono i primi a provare a darne un impulso per via del colonialismo, posto che fu poi preso per il medesimo motivo dal fascismo. Con la caduta di Mussolini la nostra geopolitica fu strettamente legata agli interessi degli Stati Uniti, tuttavia venne vista come una disciplina legata al Terzo Reich, per cui bisognava diffidarne, in quanto era pure la “scienza” che l’Urss avrebbe sfruttato per porsi al primo posto dello scacchiere geopolitico mondiale.
Quello della Geopolitica è quindi un discorso complesso perché risente anche della storia dei Paesi in cui si è sviluppato e cercare di comprenderlo richiede un’analisi accurata. Si tratta di una disciplina che è tornata d’attualità per via delle difficili situazioni socio-economiche presenti: impegnarsi nel suo studio è l’unica cosa che si può fare, nel nostro piccolo, per provare a risolverle, per il resto possiamo soltanto seguire una famosa citazione latina: Per aspera ad astra.