di Lisabetta Raffaetà
Il giorno della memoria, il 27 Gennaio, è ormai un appuntamento a cui la coscienza di ogni essere umano non può più mancare. Tante sono le parole che ogni anno vengono spese per ricordare le atrocità compiute nei campi di sterminio, molte le immagini che ritroviamo sui giornali, alla tv, sui social media, immagini che da sole gridano: mai più!
Proprio in questi giorni, sono stata catturata in modo prepotente dalla storia dei bambini di Terezin. Parlare di bambini è sempre un argomento delicato e così struggente che a volte non vorremmo proprio credere che queste creature abbiano dovuto sopportare e subire disumani soprusi.
Quello che voglio raccontare oggi però è la forza, il coraggio, e la voglia di trovare bello e colorato anche in posti come il campi di concentramento, perché proprio in questo sta la forza dei bambini, i loro occhi e animi puri riescono a vedere la magia anche là dove c’è solo oscurità, disegnano, colorano e scrivono le loro emozioni su carte stracciate ma i colori e le parole li fanno sentire importanti, li fanno sognare e li fanno sentire vivi anche se sono perennemente circondati dalla morte.
Il ghetto di Terezin durante la seconda guerra mondiale fu il più grande campo di concentramento sul territorio della Cecoslovacchia: dal 24 novembre 1941 fino alla liberazione, avvenuta l’8 maggio 1945 vi furono rinchiusi in media 140.000 prigionieri. Ma la cosa che più ferisce è che fra i prigionieri del ghetto di Terezin vi furono all’incirca 15.000 bambini; il ghetto di Terezin fu uno dei luoghi in cui fu raggruppato il maggior numero di prigionieri bambini, compresi i neonati. L’immagine sopra, riporta “I bambini di Terezin” in un disegno di Malva Schalek, artista ceca deportata proprio in questo luogo.
Tra i ragazzi bambini di Terezin dobbiamo ricordare Frantisek Bass, che nonostante la sua giovane età, è stato un poeta cecoslovacco di religione ebraica, vittima dell’Olocausto. Fu giovane collaboratore del settimanale “Vedem” che fu scritto, curato e illustrato interamente da ragazzi di età compresa tra i dodici e i quindici anni, che vivevano nella Caserma L417, o Home One, che i ragazzi chiamavano la “Repubblica di Shkid”, ognuno di loro aveva per motivi di sicurezza un nickname, come si direbbe ora. František Bass appunto si chiamava in codice “Franta”.
Il contenuto di “Vedem” comprendeva poesie, saggi, battute, dialoghi, recensioni letterarie, storie e disegni. Nel Campo di concentramento di Theresienstadt (Terezín), František Bass visse prigioniero e scrisse prima di trovare la morte su un altro campo di concentramento, quello di Auschwitz il 28 ottobre 1944 (all’età di soli 14 anni).
Una delle opere dei bambini di Terzin:
IL GIARDINO
È piccolo il giardino
profumato di rose,
è stretto il sentiero
dove corre il bambino.
Un bambino grazioso
come un bocciolo che si apre:
quando il bocciolo si aprirà
il bambino non ci sarà.
František Bass
FRANTA