Che cosa strana il tempo3 min read

di Alessandro Rosati

Pioggia. Non una pioggia forte, ma una di quelle abbastanza intense da bagnare completamente il primo malcapitato senza ombrello. Per strada, poca gente. Quasi nessuno. Qualche macchina passa sfrecciando sull’asfalto bagnato, lasciando impresso per un attimo il movimento delle ruote nelle pozzanghere. Come quando si getta un sasso in acqua e decine di piccoli cerchi concentrici si formano sulla superficie. Poi il sasso sprofonda, l’acqua si calma e solo noi sapremo che quel sasso (proprio quello, e non un altro) si trova proprio in quel punto. È un attimo solo nostro, che nessun altro vivrà alla stessa identica maniera. Siamo solo noi e il mondo nel più privato dei colloqui. Così la pozzanghera si richiude su sé stessa e torna ad essere perforata dallo stillicidio del cielo.

È quasi Giugno, eppure sembra Novembre. Che strana cosa il tempo. Proprio quando ti aspetti il sole, i tramonti sanguinanti all’orizzonte, le zanzare e il caldo estivo, l’Inverno torna prepotentemente alla riscossa. Quasi non volesse morire, senza rassegnarsi all’idea di doversi fare da parte. Si vede che anche le stagioni hanno ereditato un po’ dell’uomo, oltre che viceversa.

Durante la dimostrazione di potenza dell’inverno (un monito per ricordarci che può fare quello che vuole, quando vuole), cammino a passo lento e mi guardo intorno. Un piede, poi l’altro: avanzo scandito dal tempo della musica in cuffia. Un giovane Bob Dylan canta Mr Tamburine Man accompagnato dal rumore della pioggia in sottofondo. Chitarra, armonica, voce. Niente di più. Play a song for me, Bob, che non c’è posto dove voglia andare adesso, se non ovunque e da nessuna parte. Seguire lo sciame dei pensieri e lasciarsi trasportare senza un perché. In un attimo percorrere a ritroso giorno per giorno i mesi appena trascorsi. Gioie, dolori, frustrazioni risalgono dall’abisso dell’oblio per morderci la conoscenza da dentro. Fanno sanguinare la nostra consapevolezza di essere finalmente quasi alla via d’uscita di questo incubo senza fine. Che poi nessuno ci ha detto che dopo sarà meglio, ma tanto vale provare.

Intanto la pioggia continua a scendere incessante. Continua a cantare, Bob, perché tanto I have no one to meet, nessuno da incontrare. Il solo desiderio è quello che questo momento non finisca mai, dilatandosi ad un tempo infinito. Così da poterlo cogliere, l’attimo. Lo diceva Robin Williams: carpe diem. Fosse facile, Robin. Decisioni e responsabilità arrivano sempre troppo presto e quando meno te lo aspetti. Se esistesse un altro tempo sarebbe tutto più facile. Potremmo anche recuperare questo anno e mezzo di giovinezza buttato al vento, per dirlo in maniera elegante. Eppure il tempo passa per tutti lo sai, nessuno indietro lo riporterà cantava Max Pezzali vent’anni fa. Lui all’epoca di anni ne aveva trentuno, e aveva già capito tutto.

E quindi? “Quindi bisogna godersi l’attimo”, penso. Può darsi. Lo dicono tutti e poi in pochi lo fanno, qualcosa di sbagliato ci dev’essere. Sembrerebbe semplice, basterebbe gettare via l’ombrello, bagnarsi e magari prendere pure il raffreddore. Curarsi, bere una tisana calda perché “dai che ti fa bene”, uscire, andare a cena fuori, a pranzo, all’aperitivo, in discoteca. Bisogna incontrare gli amici, dire tutte le cose non dette, che non c’è tempo per tenersi tutto dentro. Urlare al mondo il mostro che ognuno di noi custodisce dentro di sé senza un apparente motivo. E poi? Dare quel bacio non dato, scrivere quel messaggio rimasto nelle bozze e fare in modo che quello che si pensa diventi realtà. Sembra tutto così tremendamente bello da risultare pressoché impossibile. Forse è così, chissà.

Nel frattempo la pioggia ha iniziato a scendere con più intensità. È ora di rientrare a casa. Lo spettacolo cosmico dello straordinario divenire del mondo ha fatto abbastanza per oggi. E in questo spettacolo Bob Dylan continua a cantare. Sempre lui, sempre quello. Da 50 anni. Che cosa veramente strana il tempo.

 

“Can I help you?” sembra dire a mezza bocca tra un assolo di armonica e l’altro.

Non ti preoccupare, Bob, continua a suonare. Continua pure a suonare.

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