di Nicole Mango
Fino a quando la mia stella brillerà, il libro autobiografico della senatrice Liliana Segre, mi è finito per le mani quasi per caso, ma dopo averlo iniziato non sono più riuscita a smettere e l’ho letto tutto di un fiato. Il periodo storico vissuto e raccontato dalla Segre purtroppo è tristemente noto alla maggior parte delle persone ma la scrittrice, parlandone da testimone vivente, è riuscita a raccontarlo in maniera toccante e soprattutto mai banale, rendendo le emozioni provate il più possibile percepibili al lettore. Emozioni percepite da innocenti vittime che sono state perseguitate soprattutto per il semplice fatto di essere ebree, anche quando non sapevano di esserlo, come racconta Liliana “Io non sapevo neppure di essere ebrea fino a quando non erano venute fuori queste stupide regole. Io sono italiana.”
Durante tutto il racconto si percepisce un alone di attualità che fa riflettere su quanto il seme dell’odio sia tutt’ora ben diffuso nella società. Molti credono erroneamente che quello della Shoah sia un triste capitolo, ormai chiuso, nel grande libro della storia, ma l’olocausto è nato dall’indifferenza, come afferma la Segre, e quanta ne vediamo ancora tutti i giorni?!
Ragazzi picchiati per i loro gusti sessuali, ragazze definite “facili” semplicemente perché hanno dato troppa fiducia alle persone sbagliate, anziani derisi e bambini maltrattati negli asili dalle loro educatrici; non è forse tutto questo frutto di indifferenza? Dobbiamo far attenzione a ciò che vediamo e sentiamo tutti i giorni perché, come ricorda Ferruccio de Bortoli nella sua prefazione, “la violenza si nasconde nei piccoli quotidiani gesti di indifferenza”.
L’unico antibiotico per questa orrenda malattia è la memoria, dobbiamo ricordarci quante morti e sofferenze hanno causato anni e anni di paura, disinteresse e noncuranza; e forse la prossima volta che vedremo piangere un ragazzo mentre qualcuno lo prendere in giro non rideremo insieme al prepotente ma ci metteremo dalla parte dell’oppresso.
“Che siamo schiavi, privi di ogni diritto, esposti a ogni offesa, votati a morte quasi certa, ma che una facoltà ci è rimasta, e dobbiamo difenderla con ogni vigore perché è l’ultima: la facoltà di negare il nostro consenso.” Liliana Segre ha deciso di iniziare così il suo libro: con una citazione di Primo Levi; per spiegare l’aspetto che accumunava tutti i prigionieri dei lager: dentro quel inferno loro non erano persone ma presenze, distinguibili le une dalle altre solamente da un piccolo numero inciso sottopelle. Nonostante questo, lei, come molti, ha cercato di mantenere la sua umanità anche quando, specchiandosi negli occhi spenti delle sue compagne di pena, si riconosceva come uno scheletro in grado a stento di camminare.
Liliana non ha voluto far vincere quei diavoli travestiti da SS e quando, dopo essere stata liberata, ha avuto l’occasione per ucciderne uno ha preferito lasciarlo andare perché non avrebbe mai voluto sporcarsi dei loro stessi peccati. “La pistola cadde sui miei piedi. L’istinto fu di prenderla e sparare, per vendetta, per giustizia. Ma fu un attimo, mi vergognai di quel pensiero, io non ero come loro, non volevo diventare come i miei carnefici.” Afferma Liliana. Come testimoniano le parole di questa grande donna, non è forte chi si vendica ma chi ha davanti il suo aguzzino e riesce a lasciarlo andare.
Dovremmo imparare molto da una persona come lei che, nonostante avesse perso tutto, ha trovato la voglia di vivere e la forza di non arrendersi mai. I libri come questo riescono a far vedere la storia sotto un punto di vista umanistico che non traspare mai dai filtri dei testi scolastici ma che è importante da conoscere per assimilare fino in fondo tutte le sofferenze delle vittime, che hanno lasciato cicatrici indelebili nel cuore dei sopravvissuti.
Verso la fine del libro la scrittrice racconta che “tutti pensavano che, non essendoci ferite visibili e gravi sul corpo, Auschwitz potesse essere dimenticato. ‘Ricomincia a vivere Liliana’ dicevano tutti. Non potevano sapere. Non avevano idea di cosa significasse essere annullati da un tuo simile.” Molte volte ci dimentichiamo che i Nazisti erano esseri umani in grado di intendere e di volere, hanno voluto fare tutto ciò che hanno fatto e questo ha reso ancora più difficile, da parte delle vittime della Shoah, il riuscire ad accettare la loro situazione, perché è impossibile pensare come un essere umano possa essere in grado di infliggere così tanto male ad un suo fratello.
Fino a quando la mia stella brillerà permette di assimilare veramente tutte le sfaccettature dei fatti accaduti, che non sono solamente un susseguirsi di date ed eventi ma sono i 17 milioni di morti e tutte le innumerevoli vite segnate da quel periodo. Vite di esseri umani che hanno ancora una voce solo grazie a persone come Liliana, che ne fa parte e ne racconta l’esistenza e le sofferenze, e a persone come noi, che ne coltiviamo la memoria.
Liliana Segre e Daniela Palumbo, Fino a quando la mia Stella Brillerà, Pickwick, gennaio 2018, Padova, 199 pagine.