Don Abbondio : personaggio o società?

di Alice Da Prato

Già dalla presentazione del frontespizio di Francesco Gonin, Don Abbondio ci viene rappresentato in parte opposta a Don Rodrigo, lasciandoci intuire che anch’egli rappresenterà un personaggio antagonistico nella vicenda.

Manzoni si concentra molto sul dualismo nel suo romanzo, tipica corrente filosofica del suo periodo storico. Egli si concentra molto sul concetto di bene e male che divide l’anima di ognuno di noi, ciò si evince anche nei personaggi di Renzo e Lucia, i quali sono destinati a completarsi a vicenda nella loro parte di bene e male.

Don Abbondio, invece, ha paura, e la paura non può mai portare al bene. Egli è abituato a non prendere posizione, e se è vero che, per citare il famoso cantautore Giorgio Gaber  “la libertà è partecipazione”, intuiamo  che le scelte del curato lo porteranno a dover sempre dipendere da qualcuno, o per meglio dire, da qualcosa: il potere. Leggi tutto “Don Abbondio : personaggio o società?”

La nascosta utilità del dolore

La nascosta utilità del dolore

di Isabel Bianchi

Quante sensazioni vertiginose “divorano” gli animi degli uomini, infatti ognuno di noi, in ogni istante, prova un sentimento, bello o brutto che esso sia. In ambito psicologico sono sette le sensazioni definite “primarie”: rabbia, felicità, tristezza, paura, disgusto, disprezzo, sorpresa; anche se è necessario dire che ci sono pareri discordanti sulla gerarchia delle emozioni, infatti alcuni studiosi definiscono “sensazioni primarie” otto istanze, altri addirittura quindici. Sono sempre stata affascinata dall’importanza delle emozioni che noi esseri umani proviamo, insomma pensiamoci bene, ogni minimo istante della nostra esistenza è guidato da ciò che proviamo: sono felice? Salto e ballo per tutta la casa; sono arrabbiata? Vado a fare una passeggiata per calmarmi; ho paura? Cerco di uscire dalla brutta situazione in cui mi trovo; sono sorpresa? Sul mio viso si genera una smorfia di stupore mista a divertimento. Indubbiamente le emozioni sono il cocchiere della carrozza della nostra vita, mentre noi siamo i cavalli, i quali sono costantemente e incessantemente guidati in ogni scelta dal loro vetturino.  Leggi tutto “La nascosta utilità del dolore”

Vi racconto di una bambina e della sua passione per la musica…

 

 

di Silvia Barsotti

Cosa è per me la musica? Beh, rispondo a questa domanda raccontandovi una storia molto semplice.

Un giorno, una bambina di sei anni andò con la madre a fare la spesa; era un giorno qualunque, al supermercato le due incontrarono un amico della mamma, la bambina lo aveva già visto qualche volta, ma non si ricordava minimamente di chi fosse, ormai era abituata, quando uscivano era sempre la stessa storia: ogni due passi che facevano, la madre si fermava a parlare con qualcuno e lei doveva soltanto stare lì ad aspettare, non capendo niente di cosa stessero parlando dato che nella maggior parte dei casi l’argomento principale riguardava il lavoro. E quindi la ragazzina si limitava ad attendere, sperando che la conversazione finisse al più presto, e se questa non finiva, ella iniziava a tirare la borsa della mamma o a stringerle più forte la mano se lei gliela stava ancora tenendo. Di solito quando lo faceva, inevitabilmente dopo un’occhiataccia, la chiacchierata finiva in fretta, ma questa volta, la madre, invece di tagliare corto e concludere il discorso, si voltò facendo finire il suo sguardo in basso, in modo da guardare la figlia, e prima che dalla bocca di quest’ultima potessero uscire le parole “mamma andiamo” lei le disse: “Lo sai che questo signore insegna a suonare la chitarra in una scuola di musica?” Leggi tutto “Vi racconto di una bambina e della sua passione per la musica…”

Sul metterci una pietra sopra

 

 

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di Abramo Matteoli*

Esplorando i vicoli del nostro linguaggio mi rallegro spesso della folta presenza di espedienti semantici perfetti. La loro preziosità è di facile riconoscimento, in quanto descrivere il vissuto è quanto di più complesso si possa fare: un’audace impresa globale ed erculea a cui tutti siamo sottoposti. In particolare, credo che l’universalità di questo compito non sia dovuta alla necessità di comunicare che il vivere in società ci impone, piuttosto, imputo questa caratteristica alla profonda esigenza di mentalizzare ciò che ci accade. Esattamente come abbiamo bisogno di una spiegazione verbale per comunicare ad un nostro amico ciò che ci succede e come ci sentiamo a riguardo, abbiamo bisogno di una formula linguistica per rappresentare mentalmente gli eventi e le sensazioni. Affermo questo in quanto credo che la riflessione sentimentale in termini semantici (la famosissima “voce interiore”) sia necessaria alla rielaborazione e alla manipolazione del pensiero di ciò che ci accade. Il dialogo introspettivo del rimuginare supera quindi le immagini sinestetiche. SI può mentalizzare la nostra rabbia visualizzando il colore rosso, ma non si può riflettere sul perché senza dialogare con noi stessi utilizzando il linguaggio.

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