Bambini al mare

Un estratto di un brano scritto da Giulia Corona, in arte Sadzylla

di Rebecca Giusti

Oggi ho letto un testo bellissimo di una ragazza che non conosco, ma si sa come vanno queste cose, lei lo pubblica su internet e tu sbirciando qua e là cosa fa Tizio, che dolce ha preparato Caio per il suo diciannovesimo compleanno, dove si è sposata la zia di tua cugina, vedi anche dei pezzi, delle frasi, delle poesie sperse nel mucchio che brillano come fari. È successo come avviene per i tuffi: prima ti annoi, vorresti solo fare il morto a largo senza che qualche bambino stupido (definito tale solo perché in quel preciso istante ti sta infastidendo) ti giochi intorno con eccessiva esuberanza, tipica dei bambini stupidi al mare. Poi però ti guardi intorno e vedi che un ragazzetto un po’ più lontano dalla tua sagoma statica a mollo si sta gettando con urli che rimbombano nell’aria pesante dentro l’acqua gelata. A quel punto pensi: Mi sono rotta di stare inzuppata in quest’acqua fredda senza provare anch’io a gettarmi da lassù, mamma io vado, torno dopo, ciao. Una volta fatto il primo, si fa poi il secondo, il terzo e così via fino a quando le nonne non cominciano a chiamare, con voci divenute troppo acute man mano che la loro età avanzava, i loro nipotini stupidi che sguazzano vicino al bagno asciuga. Ti è così piaciuto quel momento dove ti libravi a mezz’aria, come se non pesassi, come se l’aria non ti spingesse verso la coperta blu che danzava sotto ai tuoi piedi, ma verso il cielo, che ne parli tutto il giorno. Mamma non puoi capire quando racconterò a Filippo di questi tuffi! Babbo mi hai visto quando mi lanciavo?! Menomale non ho pestato quel sasso appuntito, stavo quasi per scivolare! Non parli d’altro, il ricordo di quell’esile salto ti perseguiterà per non più di un giorno, poi lascerà spazio a nuove nuotate e racconti ritenuti di vitale importanza, ma destinati ad essere a breve termine anche loro. Per quel giorno però, ciò che hai fatto ti scaverà dentro un buco, una caverna sicura dove accoccolarsi sul tuo cuore ed abbracciarlo lentamente, come un’ape che risucchia piano piano il polline da un bocciolo appena nato. Così hanno fatto con me le frasi di questa ragazza, mi si sono addormentate dentro ed in un ventoso pomeriggio di ottobre in cui non sapevo che fare nella pausa dallo studio, mi hanno fatto compagnia. Giulia (così si chiama l’autrice) dedica poche righe, sotto forma di flusso di coscienza, alla ragazzina piccola che era stata, con un tono di sincerità che fa arrendere davanti al passare degli anni e un sorriso dolceamaro che si legge fra le righe. Leggi tutto “Bambini al mare”

Un sorriso amaro di fine estate

di Alessandro Rosati

Un sorriso. Cara estate, cara maledettissima estate, ci siamo. Siamo arrivati a quel fatidico momento dell’anno, quando guardarsi indietro è la cosa più difficile da fare. Difficile, sì, ma anche terribilmente bello. Settembre arriva come uno schiaffo: forte, netto, cinico. Sembra quasi voglia svegliarci dal torpore in cui la bella stagione ci ha fatto piombare. E ci dispiace, perché in quel torpore si sognava davvero bene. Ma i sogni, si sa, sono destinati a rimanere tali. Utopie sospese nell’irrimediabile fugacità di questo mondo.

Proprio come dopo un bel sogno, siamo costretti a guardarci indietro, nel tentativo di catturare anche il minimo dettaglio di quella fantastica parentesi di felicità. Nel frattempo rimane un grido di gioia strozzato, una sensazione di euforia smorzata, troncata, sradicata e calpestata dallo squallido grigiore della condizione umana. Troppo drastico? Sì, forse, ma neanche troppo. Dipende dai punti di vista.

Ad ogni modo, torniamo a noi: guardarsi indietro. Una foto, una canzone, un gesto: tutto può scaturire un ricordo. E allora inevitabilmente il volto si deforma quasi contro la nostra volontà: un sorriso solca profondamente il viso, quasi lo tagliasse a metà. E mentre taglia il viso, squarcia la tela del presente per ripresentarsi prepotente con in mano il passato. E intanto noi, pittori di un quadro che forse neanche vogliamo dipingere, restiamo attoniti. Ricordi e malinconia ci trasportano in una dimensione surreale, dove nel presente ricerchiamo il passato e nel futuro una speranza vana. Che terribile e fantastica illusione la vita. Illusi, sì, che l’euforia dei momenti possa durare per sempre. Non è così, c’è da farci l’abitudine. Bisogna sempre ricordare che dopo ogni Agosto c’è un Settembre dietro l’angolo, pronto a uccidere. Certo che così si vive male. Senza dubbio, ma dipende tutto dai punti di vista, l’ho già detto. Leggi tutto “Un sorriso amaro di fine estate”

Sembrerebbe una storia smielata ma c’è una morale… abbiate fiducia

di Rebecca Giusti

 

Michelle se ne stava seduta con un libro, che non si sarebbe mai sognata di comprare se non gliel’avesse regalato la vecchia zia Marge, su una sedia a dondolo nel patio della sua casa. Quell’estate era una delle più calde mai viste da quando gli anziani della città ne avevano memoria, mischiando sogni, ricordi sbiaditi e, come tutti credevano ma nessuno diceva a voce alta per paura di offenderli, immaginazione.

Il libro l’aveva trovato a Porto Calle aveva detto, dove tre volte a settimana c’era un mercatino dell’usato frequentato da tutte le persone, che accorrevano fuori nella calura estiva che sembrava facesse sciogliere anche le palme, per cercare di fare affari urlando tra i banchi cifre che si perdevano a mezz’aria, per contrattare o solo per combattere la noia di vivere. Lei stava placida in giardino, sfogliando le pagine gialle di quel romanzo americano che parlava dell’amore a detta di sua zia, ma poi come aveva scoperto lei stessa, era la storia di quattro sorelle con uno strano, quanto mai americaneggiante nome: March. Osservava con sgomento e rapimento la vita di quelle donne che non avrebbe conosciuto mai, e si rammaricava profondamente di non potere, neanche per caso, al mercato o in una strada qualunque, salutare quelle ragazze che le sembravano così familiari. Quanto le sarebbe piaciuto far vedere la sua stanza a Beth, avrebbero suonato insieme il pianoforte a coda lasciatole in eredità da un parente di cui non sapeva neanche il nome e sarebbero andate a piedi fino al mare con le facce madide di sudore. Si sarebbero dette mille cose e quanto, quanto avrebbe voluto nascere sorella di qualcuno. Leggi tutto “Sembrerebbe una storia smielata ma c’è una morale… abbiate fiducia”

Il sogno della vita

Un racconto di Lavinia Biagi

Se potessi lasciare tutto e partire, dove andresti? Mi chiese. Queste sono le ultime parole che ricordo essere state pronunciate dalla sua bocca. Me ne andrei lontano lontano, pensai. Via di qua. Se chiudo gli occhi sento il sole del deserto bruciarmi la pelle. La sabbia è così calda che non riesco più a percepire i miei piedi scalzi doloranti. La vedo color ocra, densa e solida all’apparenza, eppure tanto effimera. Si dispone su se stessa strato dopo strato, forma una montagna, ma ecco che arriva una folata di vento a cambiare nuovamente il suo aspetto. Devo tapparmi gli occhi, ma più rimango lì e più a dir la verità devo cercare di proteggere tutto il mio corpo sferzato prepotentemente da quei granelli, ancora più sofferenti di me. Non funziona a molto. Cerco di coprire qui, di coprire là, ma ad ogni mio tentativo mi sembra di lasciare scoperta una parte sempre più grande di me. Mi sento tanto volubile in mezzo a questa tempesta. Il vento cessa, il paesaggio è mutato. È bastato così poco? Ed io invece? Sono sempre la stessa, oppure ho lasciato rubare al vento del deserto una parte di me? Leggi tutto “Il sogno della vita”