di Isabel Bianchi
Publio Virgilio Marone fu uno dei letterati romani più celebri, vissuto fra il 70 e il 19 a.C., egli fu il membro più in rilievo del circolo letterario di Mecenate e si indentificò come cantore della magnificenza di Roma e della grandezza di Ottaviano Augusto, a cui fu strettamente legato per tutta la sua vita. Virgilio fu molto apprezzato dai contemporanei e, a differenza di alcuni autori come Lucrezio, egli fu stimato anche durante il Medioevo, in particolare venne identificato da Dante Alighieri come simbolo della ragione umana e delle sue più alte esecuzioni nella Divina Commedia.
Di Virgilio ci pervengono tre grandi opere: le Bucoliche o Ecloghe (composte fra il 42 e il 39 a.C.), il poema epico-didascalico le Georgiche (composto fra il 39 e il 29 a.C.) e il poema eroico l’Eneide (composto fra il 29 e il 19 a.C., rimasto incompiuto poiché la morte sopraggiunse).
In particolare le Bucoliche sono una raccolta di dieci carmi in esametri, quelli dispari sono mimici (dialoghi) e quelle pari sono narrativi, a carattere bucolico-pastorale, infatti narrano le vicende di alcuni pastori che vivono o in Sicilia o in Arcadia; i pastori vivono in un mondo “fatato” e il ritmo della loro vita è scandito dalla natura, essi sono tranquilli e pacifici, trascorrono la loro esistenza prediligendo la completa assenza dalle passioni, soprattutto quelle amorose ( sembra proprio che i pastori seguano gli ideali dell’Epicureismo, la dottrina filosofica a cui Virgilio aderisce). Leggi tutto “In ricordo di una sempre nuova età dell’oro”