Gli enigmi di Apollo e la nascita della filosofia

di Caterina Simonetti

  Oggi vorrei parlare di un libro molto interessante: La nascita della filosofia di Giorgio Colli. L’autore di questo piccolo libro nacque il 16 gennaio 1917 a Torino e morì il 6 gennaio del 1979 ed è stato per diversi anni un filosofo e un docente di filosofia antica all’università di Pisa. Colli diede un contributo storico, filologico e critico importante su molti autori, in particolare Nietzsche, che proprio nel corso di questo libro nomina svariate volte esponendo le sue idee su diversi temi. Quest’ultimo è un filosofo del ‘800 originario della Prussia, uno dei più importanti di tutta la storia, un grande ammiratore della tragedia greca. In questo libro Colli ci parla dell’evoluzione della filosofia. La sua origine, ci spiega, non si rintraccia in Socrate e Platone, ma molto prima, nell’età arcaica, con il culto degli dèi. Soprattutto di Apollo e Dioniso. Infatti Platone guarda con venerazione al passato, a un mondo in cui erano esistiti davvero “i sapienti”, e non a caso si presenta come un filosofo, cioè come “un amante della sapienza”, uno che la sapienza non la possiede.

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La filosofia di Walt Disney in quattro film

di Sara Bigongiari, Bianca Doberti, Erica Lucchesi ed Elisa Sorbi

   Dietro i film di Walt Disney c’è tutta una filosofia, e precisamente quella singolare e specifica che caratterizza, attraverso molteplici declinazioni, il mondo Disney. Spesso i bambini vedono solamente l’aspetto divertente di una storia, ma in realtà ogni cartone cela un significato più profondo. Oggi, ci soffermeremo sulle visioni del mondo che stanno dietro quattro distinti film di Disney, e per la precisione Pinocchio, Il Re Leone, Inside Out e Wall-e.

Pinocchio

   La storia di Pinocchio non è solo una favola, ma anche come un viaggio del singolo alla conquista della sua umanità. Ogni personaggio rappresenta qualcosa e ha un ruolo. Mastro Geppetto è la caricatura della brava persona, il grillo parlante è la coscienza del burattino ed è un filosofo inascoltato, il Gatto e la Volpe sono degli imbroglioni che pensano solo ai soldi e la Fata turchina rappresenta la provvidenza. La trasformazione finale di Pinocchio da burattino a essere in carne ed ossa non è solo un lieto fine, ma può essere vista come un processo umano che conduce da un essere istintivo a un essere cosciente dell’importanza di un vivere in modo dignitoso.

   Nei cartoni Disney troviamo molti elementi tragici, infatti sono molto importanti avventure e perdite. La morte dei personaggi è frequentemente accompagnato dal senso di rinascita e purificazione, come succede anche in Pinocchio, che dopo aver salvato Mastro Geppetto dalla balena muore per poi tornare in vita come un bambino in carne ed ossa dopo aver agito in maniera eroica per salvare il padre.

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Umiltà e semplicità, per un po’ di felicità

di Alice Travaglini

   Marco Aurelio è stato un importante imperatore, filosofo e scrittore romano. Nato il 26 aprile del 121 d.C. a Roma e morto in Austria il 17 marzo del 180 d.C., partecipò a molte battaglie e campagne militari e proprio durante alcune di queste scrisse molti pensieri e riflessioni che sono stati poi raccolti nel libro di cui andrò a parlare tra poco. Possiamo quindi considerare Marco Aurelio come un vero e proprio intellettuale, in quanto venne istruito dal filosofo Frontone, in particolare sulla retorica, ma anche perché spesso si dilettava a scrivere in greco, soprattutto per esercitarsi.

   Il suo pensiero filosofico si basava principalmente sullo stoicismo, in particolare a quello di Epitteto, che mirava al raggiungimento della saggezza e dell’equilibrio interiore. La sua opera più importante è conosciuta con diversi nomi, come “Colloqui con sé stesso”, “Pensieri”, “Meditazioni”, o “Ricordi”. È suddivisa in dodici libri ed è stata scritta in greco, anche come esercizio e pratica delle sue conoscenze della lingua. Si tratta di una raccolta di pensieri e riflessioni, risalenti circa agli ultimi dodici anni della sua vita. Queste riflessioni sono scritte sotto forma di aforismi, lunghi o corti, che rappresentano un momento di meditazione personale, poiché Marco Aurelio le scrisse in primo luogo per sé stesso, e non per gli altri.

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Chi sono i filosofi? Tafani che punzecchiano la coscienza

di Ludovica Nardi

   L’apologia di Socrate è uno scritto letterario e filosofico nel quale Platone riporta i discorsi tenuti da Socrate in propria difesa nel corso del processo che lo condannò a morte. Era accaduto infatti che Socrate, ormai settantenne, era dovuto salire per la prima volta sul banco degli imputati, per difendersi dalle accuse di corrompere i giovani e di essere empio, rivoltegli da alcuni politici e retori.

   Socrate introduce la sua difesa scusandosi con tono ironico del suo linguaggio semplice col quale prende le distanze dagli altri oratori dicendo: “…..Non al loro modo io sono oratore….” e chiedendo ai giudici di non farsi adescare dalle loro belle parole, ma di accertare la verità che lui dirà. Ma si capisce che la verità non interessa a nessuno, perché il vero motivo delle avversità contro Socrate era di natura politica: infatti per la nuova democrazia l’imputato è ritenuto un soggetto pericoloso e doveva essere eliminato dalla scena politica: le accuse che gli erano state mosse erano solo pretesti.

   Poi inizia la difesa vera e propria, respingendo innanzitutto le calunnie dei vecchi accusatori, negando di essere mai stato un filosofo naturalista, un sofista, e di aver dato lezioni ai giovani dietro compenso. Poi spiega che l’origine di tali accuse è da attribuire alla risposta con la quale l’Oracolo di Delfi l’ha definito il più sapiente fra gli uomini, chiarendo che l’Oracolo non intendeva dire che lui era il più sapiente perché sapeva tutto, ma perché era l’unico a sapere di non sapere, ovvero a non fingere di sapere ciò che non sapeva. E, per verificare tale affermazione ha cominciato a sottoporre ad un attento esame coloro che erano ritenuti depositari del sapere come i politici, i poeti e gli artigiani, accorgendosi che in realtà non sapevano niente e che quindi l’oracolo aveva ragione. Così inizia ad adempiere alla volontà del dio pungolando, “come fa “il tafano col cavallo”, i suoi “sapienti” concittadini, cioè stimolandoli a ragionare, senza avere alcun interesse economico, come dimostra la sua povertà e attirandosi l’interesse di molti giovani che gioivano nell’ascoltare l’esame a cui sottoponeva i suoi concittadini e che iniziarono ad imitarlo. Ma ciò gli procura molti nemici, soprattutto tra coloro che furono da lui esaminati e confutati, in quanto non tutti gli interlocutori erano intelligenti e riconoscevano i propri errori.

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