Urlo

 

di  Lisabetta Raffaetà

Urlo

dove parola non c’è più

Urlo

a chi non vede oltre,

solo caos e resti di morte.

Urlo

col silenzio addosso forte.

Urlo

dove la speranza non ha volo

dove i venti sono solo gelidi

dove i bimbi non hanno canti,

dove i paesi sono solo rovine.

Urlo

a questo presente di solo dolore

Urlo

contro un mondo educato alla guerra,

contro un mondo genuflesso al potere.

 

 

 

 

Inside Banksy a tutto tondo

Unauthorized exhibition

di Greta Federighi

Inside Banksy è una mostra tenuta a Firenze, precisamente presso la Cattedrale dell’Immagine in Piazza di Santo Stefano 5. Ma, come c’era da aspettarsi, non è un’esposizione come tutte le altre, dove nella tranquillità e nel silenzio gli spettatori ammirano opere d’arte dipinte su grandi e piccole tele, infatti, appena si entra nella grande e buia stanza principale, veniamo accolti da delle proiezioni audiovisive che raccontano la storia dell’anonimo street-artist Banksy, il quale origina la propria carriera a Bristol, Inghilterra, e per tutta la durata della proiezione è possibile percepire la cultura underground di quel luogo. La musica che accompagna le opere è per lo più un misto tra sonorità rock e grunge su basi a tempo abbastanza veloce da tenerti sull’attenti, come se fosse il ritmo di una canzone rap. Leggi tutto “Inside Banksy a tutto tondo”

Forza e solitudine in un fiume di rifiuti

 

di Lisabetta Raffaetà

Sfogliando le riviste del National Geographic alla ricerca di una foto che trattasse il tema dell’inquinamento in Oriente, mi sono imbattuta in questa immagine. Un’immagine che ha come scavato nel mio cuore, mi ha rapita, affascinata e mi ha fatto soffermare su ogni suo piccolo particolare.

Sola, nel silenzio assoluto del mattino, una donna avvolta da uno scialle attraversa il fiume Gange per mezzo di un ponte, un ponte dilaniato, che non è realmente un ponte, ma un ammasso di pietre, terra, residui e plastica.

Il cielo quasi diafano riflette la sua luce nelle acque del Gange quasi a rendere surreale questa fotografia.

La donna percorre cautamente il ponte, lei è sola in mezzo a questa natura violentata e maltrattata, proprio come lo è la vita della maggior parte delle donne dell’India.

Questo ponte non è solo un ponte, ma un vero e proprio sentiero della vita, pieno di imprevisti e pericoli, ma la donna lo attraversa tutti i giorni, questa è la sua vita e non si ferma sulla sponda, non si arrende.

Nel guardare questa foto quello che mi ha colpito è stato il grande senso di solitudine che invade tutta l’immagine, ed il silenzio diventa quasi un grido che esce dall’immagine stessa.

Sì, è proprio così, quello che mi cattura e mi appassiona è quello che non si vede e non si sente e quello che voglio vedere non è solo l’immagine di un  ponte di plastica e di rifiuti che soffoca le acque del Gange, ma la stoffa rossa che avvolge il corpo della donna indiana  quasi a creare una macchia di colore in un paesaggio grigio e senza anima, perché in cuor mio vorrei tanto che quella donna, con la sua piccola veste rossa, diventasse il simbolo della vita che non si arrende, delle donne che nonostante tutto vanno avanti e della speranza che muove il mondo.

 

Non provo niente

di Rebecca Giusti

Questa foto è vecchissima, piena di polvere addosso se fosse cartacea e non dentro una cartella di file. Nessuno la considera mai, la nomina, la interpella o la cita in discorsi di alcun genere, come si fa con le foto d’élite. “Ti ricordi la faccia che avevi in quella? Assurdo, sembravi la Marta!”, “Quanto si stava bene eh, guarda ho ancora la foto di noi stese al sole come delle lucertole, strinate e con la pelle secca come l’aria che si respirava in quel momento!”. Nessuno che dica mai niente su di lei.

Eppure lei c’è. Tornavo da un compleanno, da sola, nella città spenta e triste come a gennaio è qualunque cosa lasciato esposto alle temperature esterne. Tutto si rattrappiva cercando di scaldarsi un po’ mentre camminavo, sembrava che le mattonelle fossero più vicine per infondersi un po’ di calore alle membra e cercare di farsi forza. La luce si dipanava come un filo che cerca di tenere tutto insieme, senza permettere a niente di fuggire al buio, nell’ombra invernale pronta a inghiottire parti di strada, uomini, coppie che si attardano dopo cene di lavoro e tornano all’auto, senza tregua, senza pietà per i malcapitati che spariscono come la condensa che mi usciva dalla bocca respirando. La strada stava a guardare. Guardava i miei piedi che tacchettavano sulle mattonelle impaurite, con voglia di stare vicine, ma irrimediabilmente congelate nella posizione in cui si trovavano. Guardava anche i lampioni, che dall’alto spiavano i movimenti furtivi degli ultimi, che si attardavano a tornare in casa, un po’ perché la spinta a stare fuori di sabato per scappatelle a comprare bevute ghiacciate e flirtare con qualcuno è forte nonostante il clima ostile, e un po’ forse perché anche loro erano un po’ stregati: dalla strada, dai lampioni, dalle cose inghiottite nell’ombra. Leggi tutto “Non provo niente”