di Alessandro Rosati
Da qualche giorno gli Stati Uniti sono tornati sotto i riflettori e gli occhi di mezzo mondo si sono proiettati nelle terre a stelle e strisce, più precisamente nel Wisconsin. La causa? Un altro abuso di potere da parte della Polizia, ancora violenza.
È di una settimana fa la notizia che Jacob Blake, afroamericano di 29 anni, è stato colpito da sette pallottole nella schiena. A sparargli è stato un agente, che nel vedere l’uomo dirigersi verso la propria auto ha deciso di svuotare il caricatore della sua arma nella spina dorsale di Blake, che adesso è in ospedale, paralizzato, mentre gli Stati Uniti, e soprattutto il Wisconsin, si rivoltano di nuovo. Il Black Lives Matter è tornato alla ribalta, dopo aver diminuito la sua intensità rispetto ai giorni immediatamente successivi la morte di Jorge Floyd. Mentre le piazze Statunitensi si riempiono, l’Europa e il resto del mondo rimangono a guardare, chi compiaciuto e chi meno.
L’appoggio alle proteste arriva dai social, Instagram su tutti. Gli utenti mostrano il loro sdegno con emoticon di ogni tipo, ma il meglio di sé lo danno con un post, un Instagram stories o un hashtag: elementi “imprescindibili” di una rivolta dalle proporzioni mondiali. D’altro canto che un mese fa molti si fossero già dimenticati del caso Floyd non ha importanza: adesso sono lì a sostenere la causa, chi per moda o chi perché ingenuamente crede di poter cambiare qualcosa. Sono i primi a riferire notizie decontestualizzate e prive di reali informazioni, ma allo stesso tempo sono sempre i primi a lamentarsi della strumentalizzazione dei media. Questa però è un’altra storia: è l’ipocrisia della nostra società. La stessa ipocrisia che ci porta a far diventare virale un video di un uomo quasi ucciso da 7 colpi di arma da fuoco, così che tutti, anche i bambini, vedano e tocchino con mano la violenza, la sperimentino dai primi albori di vita agli ultimi sfuggenti attimi di essa. Nessuno si accorge però che la violenza genera violenza e l’odio porta solo altro odio. Nessuno si è accorto che il problema non è soltanto la polizia e la soluzione non è solo una riforma giudiziaria (ce ne aveva parlato Conrad Torsello in un’intervista https://www.leviagravia.net/dentro-le-proteste-intervista-a-conrad-torselli/), ma le cause (e conseguentemente le soluzioni) vanno ricercate più a fondo.
Nel 2016 negli Stati Uniti si sono registrate 477 sparatorie, mediamente 1,3 sparatorie al giorno. È evidente che il problema sia la quantità impensabile di armi in circolazione. La popolazione Statunitense si aggira attorno ai 330 milioni di abitanti, che equivale al 4,4% del totale mondiale. Allo stesso tempo però gli Americani possiedono 270 milioni di armi, ovvero il 42% della quantità globale. Con un rapido calcolo si stabilisce che quasi ogni Americano possiede un’arma da fuoco, più precisamente l’81% degli abitanti.
Numeri spaventosi che delineano un quadro di inevitabile violenza: ipoteticamente quasi chiunque potrebbe avere una pistola con sé o nella sua auto. Se i dati sono sorprendenti, la facilità con cui procurarsi un’arma lo è altrettanto.
“Il diritto del popolo di tenere e portare armi non deve essere violato”: così recita il Secondo Emendamento della Costituzione Americana, e forse basterebbe questo per testimoniare quanto detto in precedenza, ma andiamo oltre.
Negli Stati Uniti si trovano armi ovunque, dai privati cittadini alle armerie passando per le fiere organizzate quasi settimanalmente. I controlli, quando ci sono, si limitano a una banale autocertificazione sui propri precedenti penali e su eventuali dipendenze da alcool o droghe. I dati vengono intrecciati con l’FBI, che in pochi minuti procede con il via libera all’acquisto. Tutto molto semplice, si stima che il permesso venga negato solo nell’1% dei casi.
Non c’è da stupirsi quindi se un ragazzo di 17 anni, armato di fucile AR-15, uccide tranquillamente 2 persone ad una manifestazione del Black Lives Matter, andandosene a testa alta. È la dimostrazione più lampante degli effetti di anni di gestioni fallimentari improntate sul mero lucro e non su un cambio di rotta nelle politiche del paese. Persino sotto la gestione di Barack Obama, Premio Nobel per la Pace nel 2009, gli Stati Uniti hanno venduto armi per un totale di 208 miliardi di dollari tra il 2008 e il 2015, staccando di ben 120 miliardi la Russia in seconda posizione e confermandosi più che mai leader nel settore.
Torniamo dunque alla vicenda di Jacob Blake, colpito mentre entrava in macchina e dava le spalle a un agente che tentava di fermarlo. La polizia, nel momento in cui è chiamata a formare un cittadino, di fronte si trova potenzialmente un uomo armato magari con una pistola nel cruscotto della sua auto. Un cittadino minacciato da un agente che si dirige verso la propria vettura è un’incognita e ipoteticamente un pericolo.
Con queste premesse il gesto di Rusten Sheskey, il poliziotto che ha sparato i 7 colpi, rimane sconsiderato e con intento omicida, ma non più folle. È un gesto che sottolinea un problema terrificante, molto più vasto di quanto sembri, la cui risoluzione vedrebbe crollare l’intera economia mondiale.