di Leonardo Martini*
“…Per esempio, l’uomo è uguale alla donna, uguale uguale uguale, uguale. Certo, non si può mica essere razzisti, la parola diverso non la si può proprio usare, tranne che per le palline, è ideologicamente scorretta, ed è encomiabile questo sforzo, pazzesco, di parlare sempre di uguaglianza, ma talmente encomiabile che perdona a volte, una certa trascuratezza del dato biologico. Certo, l’uomo è proprio uguale alla donna, tranne che per le palline.”
Così Giorgio Gaber, un visionario su temi sociali e politici, nel brano Le palline aveva introdotto, nel lontano 1974, l’idea di un degenerante “politicamente corretto”. Particolarmente stimolante è il fatto che a parlare in questi termini fosse un artista che ha dedicato la sua intera produzione all’uguaglianza, ai diritti dei più deboli, alle pari opportunità. Ma anche alla condanna ironica dell’esagerazione dell’uomo moderno, del conformismo cieco, della ipocrisia sociale. Si spinge, infatti, ad usare nel pezzo tratto dal disco “Far finta di esser sani” parole come “Negro”, a dire che un siciliano è diverso da uno svedese e un uomo da una donna. Gaber era un fascista, razzista con un pizzico di sessismo? Non credo proprio. Definisce la parola “diverso” ideologicamente scorretta, antenato del modernissimo, ma già invecchiato, “politicamente scorretto”.
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