di Filippo Del Testa.
Finalmente, dopo mesi di lettura, posso dirlo: è stato un viaggio sensazionale. Il romanzo, scritto da Herman Melville nel 1851, è tutt’oggi considerato uno dei più grandi capolavori della letteratura americana; ma originariamente non fu identificato come tale: esso infatti non piacque molto ai contemporanei e fu considerato come un vero e proprio fallimento a livello commerciale, tanto che determinò la fine e la conseguente morte della carriera letteraria di Melville. Il romanzo fu riconsiderato soltanto circa 50 anni dopo la sua composizione e venne collocato, com’è giusto che sia, ai vertici della letteratura americana se non addirittura di quella mondiale.
La balena bianca ha sempre avuto un ruolo determinante nell’ immaginario collettivo di tutti noi, c’è chi l’ha temuta, chi ha sempre desiderato di reincarnarsi nella sua possente natura, chi ha provato ribrezzo e sdegno soltanto ad immaginarsi un tale essere; eppure c’è anche chi ne è stato ossessionato a tal punto da spendere tutta la vita alla sua ricerca. Questa è la storia del Capitano Achab, descritto magistralmente da Melville, che seppur non identifichi in lui il narratore della sua opera, decide di far ruotare tutta la vicenda attorno all’ angusta e angosciosa personalità del capitano.
Achab decide dunque di dedicare la sua intera vita, alla ricerca di ciò che per lui è definibile come l’incarnazione di tutti i mali, terrestri ed extraterrestri, colui che lo aveva privato di una parte di sé: Il Leviatano, Moby dick.
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