di Martina Baroni
26 aprile 1986.
Ore 1:23:46 del mattino. È una nottata serena, una nottata come un’altra. Nei dintorni, tutto tace.
In un momento, un boato.
Un’esplosione.
Un fascio di luce azzurra si staglia nel cielo scuro. Da Pripyat, tutti guardano increduli fuori dalle finestre, qualcuno esce sui balconi, qualcuno per strada.
“È uno spettacolo bellissimo”.
Era uno spettacolo bellissimo quel fascio di particelle nucleari che brillava nel cielo blu profondo, producendo un affascinante alone azzurrino. Si sparse subito la voce che quell’alone era dovuto ad un incendio alla centrale nucleare, ma sicuramente non era niente di grave. Non poteva essere niente di grave.
Nessuno aveva idea, al tempo, che quello “spettacolo bellissimo” sarebbe diventato il loro peggiore incubo.
Nessuno aveva idea che quello “spettacolo bellissimo” avrebbe fatto sì che migliaia di persone dovessero essere sfollate nell’arco di centinaia di chilometri. Nessuno aveva idea che tumori di vario genere si sarebbero moltiplicati esponenzialmente nel giro di pochissimo tempo.