di Rebecca Giusti
Passava con la sigaretta in mano mezza spenta facendo zig zag tra brutte buche e pezzi sconnessi di strada che si trovavano in centro. Nessuno decideva mai di asfaltare quelle strade, che rimanevano sempre a metà dando un’idea di fatiscente nonostante le costruzioni rispettabili che si trovavano intorno, con terrazzini pieni di fiorellini borghesi che contrastavano con i barboni stesi accanto alle insegne dei bar a godersi il solicino del giugno romano. Aveva una grande aura di fumo intorno, un po’ per la calura che sembrava la facesse evaporare ed in parte perché con tutte quelle sigarette che si fumava poteva benissimo essere scambiata per una ciminiera ambulante. Così la chiamava sua madre. Cucinava e fumava. Si sedeva e fumava. Tante volte mentre si faceva la doccia lasciava una sigaretta accesa sullo specchietto del bagno per fare qualche tiro mentre si insaponava la testa o si metteva l’olio profumato sul corpo. Continuò a camminare con il sacchetto in mano, pieno di buste di caffè, con sguardo assente mentre pensava ad una bottiglia d’acqua fresca che non c’era a casa, perché le aveva lasciate tutte in terra dato che la sera prima voleva dipingere una scultura fatta con tappi di plastica. Era stato riunirli tutti e appoggiare i contenitori e le fiasche provvisoriamente in terra, sperando che non formassero un lago per le zampate affettuose ma incuranti dei gatti. Sapeva che avrebbe trovato tutto allagato. Forse per quello, forse perché sua madre le aveva detto qualche giorno prima che “fumare in casa era da sgualdrine senza marito” (non era sicura sulla prima, ma la seconda infondo non era una menzogna), non se la sentì di rimettere piede dentro il suo appartamento caldo come un camino e fare tutte quelle scale solo per scoprire che doveva pulire tutto ed era una donna dai facili di costumi nell’opinione materna.
Leggi tutto “Se ti odio è sempre un sentimento”