Un’ipotetica intervista ad una donna che dipinge
di Rebecca Giusti
Trudy Benson è mora, con capelli fino alle spalle e si veste con colori basici. Sembra essere l’alterego di una delle forme colorate riprodotte sulle sue esuberanti tele, che, come spiegherò meglio in seguito, sembra che vogliano farmi un lungo discorso o urlarmi di andarmene con colori che sono pugni, quando cammino dentro il suo studio a New York.
Il suo appartamento di Brooklyn è spazioso, è la classica immagine di un’open space dove ci sono circa cinque tele per “stanza”, se così si possono chiamare i luoghi senza porte in cui ha organizzato tutta la sua vita. Mi prepara un caffè con la moka rossa, dello stesso colore del quadro a metà che le sta vicino alla gamba su un cavalletto un po’ rovinato. Lei è accogliente, ma sembra sempre distaccata, come se mi ascoltasse con un orecchio e con l’altro sembrasse più interessata alle le vocine dei quadri che vagamente ho sentito anch’io quando sono entrata.
A Brooklyn non è bel tempo e lei sembrerebbe la ragazza dipinta nell’opera di un pittore realista (che costa milioni di dollari, perché veramente simile ad una fotografia), con l’aria annoiata ma attenta a ciò che voglio dirle, la tazzina di coccio sbeccata in mano e una finestra mezza aperta dietro, da dove sbuca il cielo coperto da nuvole passeggere. Leggi tutto “Trudy, una lampadina a New York”