Ciò che eravamo, noi due

Una poesia di Rebecca Giusti

 

Camminavamo strette all’asfalto che ci stava sotto

Per paura di rimanere sospese nell’aria densa

Che ci abbracciava

I piedi si muovevano fluttuando nel presente

non c’era futuro per noi in quel momento

esisteva solo un movimento sinuoso al buio.

Sgattaiolavamo insieme verso ciò che non conoscevamo,

unendo ciò che eravamo noi due

fondendolo insieme come cera

una cera morbida, che si scioglie come la notte nera

quando arriva il giorno.

In quelle sere brillanti,

ci batteva il cuore, ci batteva a tutte e due,

e poi forse ci batteva a turni.

C’era qualcosa che ci sarebbe rimasto sulla pelle

nei capelli sporchi e bagnati,

dentro le ossa fradice d’acqua.

Veloci e sfuocate scene languide,

delle risate accaldate in una realtà sospesa,

dei passi furtivi verso un binario vuoto.

Per noi a quel tempo

non c’era futuro

c’era un treno pigro su cui salivamo

ansanti

per vivere ciò che saremmo state

ciò che non conoscevamo ancora

noi due.

Due poesie

di Rebecca Giusti

 

Si sta chiusi

 

Piangi gridi ti vorresti strappare la vita

Prendere a morsi questo cosmo

Che ti ingabbia ogni secondo

Perché ti illude di esistere

Quando poi lo sai anche tu

Che se lo provochi, poi ti risucchia

Si sta chiusi

Come finestre di case fredde d’inverno

Senza riscaldamento

E poi lo sai anche te

Che ti dovrai abituare al tuo essere

E poi lo sai anche te

rimarrà schiacciato dalla mole di altri

Si appiattirà sotto una coperta di piume pesanti

Per finire addormentato

Si parla con noi stessi

Ma finiamo per odiarci

Dopo un po’ che stai con qualcuno

Scivoli in una noia che ti corrode,

non sapendo quando ridere

E quando dirti di farla finita.

 

 

Giovane edera

 

Ci si guarda e ride

Poi ti alzi perché qualcuno ti chiama

Penserei che confusione

Proprio mentre ci si sfiorava come se avessimo piume in mano

Ma io ti osservo disinteressata

E sembra che tu sia un’edera,

verde come la giovinezza

tremendo mentre ti stritola con finto interesse.

 

 

Alcuni sprazzi birbanti di vita

di Rebecca Giusti

Che sia sul mare mentre mangio taralli, con troppo vento per stare in costume ma con troppo caldo per coprirsi con una maglietta, che sia alla stazione di Pisa Centrale da sola in una domenica settembrina mentre torno a casa, che sia in una città in Spagna sopra una bicicletta a guardarmi intorno stupita di vedere tutto ciò che vedo, ci sono momenti in cui sembrerebbe, ad un occhio non attento, che si possa vivere per sempre. Che tutto ciò che faremo, che concluderemo, che ci andrà male, che non faremo, siano il perno che tiene incollato il mondo. Forse è un sentimento giovanile, forse è qualcosa che dura per tutta la vita, forse sono sprazzi sparsi di vita che, birbante, ci si palesa davanti, come se si restasse incantanti a volte che quelli con cui vediamo il mondo siano davvero i nostri occhi, che non potremo mai vedere niente in un modo che non sia il nostro e saremo per sempre la nostra unica realtà. Una nostalgica tristezza ti avvolge e poi, con passo lento, rimonti sulla bici, pedalando verso ciò che aspetterà in futuro, continui a mangiare taralli assorta o entri nella stazione per arrivare al binario in tempo.

 

Riscoprire la felicità

di Elisa Triani

“La maggior parte delle persone, pur non sapendolo, sono addormentate”. Questa è una delle frasi con cui si apre il libro Messaggio per un’aquila che si crede un pollo (Pickwick, 1995) di Anthony de Mello, un filosofo e gesuita conosciuto per i libri in cui esprime, con un umorismo coinvolgente, un’immancabile gioia di vivere. Una simile affermazione può far sorgere delle domande: Addormentate? In che senso addormentate? Stiamo forse dormendo senza rendercene conto? E se davvero stiamo dormendo, come facciamo a svegliarci?

Questi dubbi trovano risposta nel corso della lettura del libro, il cui titolo in lingua originale, Awareness, rende forse meglio l’idea del suo contenuto. Già nel primo capitolo ci viene spiegato, anche se molto vagamente (verrà poi approfondito in seguito), cosa si intende per “risveglio”. Con questo termine ci si riferisce al risveglio spirituale, a quel risveglio dell’anima che comporta la ricerca della felicità dentro se stessi.

La vista, la veglia sono ostacolate dalla creazione di un muro di illusioni create dalla propria mente per mezzo delle idee che la società ci trasmette sin da piccoli, ovvero la ricerca dell’approvazione, della stima, del successo, dell’accettazione, della popolarità, di giudizi e pregiudizi sulla base dei quali siamo stati abituati a vivere. Un altro dei mattoni che formano questo muro è il “desiderio”, senza la realizzazione del quale ci neghiamo la felicità. Mettiamo che io abbia un desiderio e voglia che si realizzi con tutta me stessa; a questo punto mi dico: “fino a che questo non accadrà, senza questo, non posso essere felice”. Sto creando un ostacolo, una condizione alla mia felicità. Se questo è il caso, anche se il desiderio in questione si realizzerà, mi sentirò appagato e felice solo per un certo periodo di tempo. Dopoché me ne dimenticherò, sprofondando nuovamente in uno stato di insoddisfazione per poi buttarmi su un altro desiderio. Capite quanto questo suoni sbagliato? Eppure è quello che facciamo. Leggi tutto “Riscoprire la felicità”