Il nostro tributo per il musicista scomparso recentemente, sviluppato in due brevi saluti.
Di Alessandro Rosati
Il Destino, a volte, è beffardo.
Come una macchina, non guarda in faccia a nessuno: esegue le sue sentenze con un terribile rigore. È proprio il suo rigore a far paura agli uomini, quella fiscalità da cui non si sfugge, che regola i ritmi dell’umanità e della natura.
È un nemico silente, un’ombra che si proietta davanti agli occhi e scorre inesorabile.
E fa paura, eccome se fa paura.
Forse l’ha avuta anche lui, anche se non lo dimostrava. Quell’uomo magro, dal volto scavato, occhi e capelli scuri, dotato di una gestualità coinvolgente e sempre armato di un sorriso. Quell’uomo che da un po’ di tempo a questa parte stava seduto, purtroppo.
Non per sua volontà ovviamente, ma perché un male interiore lo stava consumando lentamente e inesorabilmente.
Avrete già capito di chi sto parlando: Ezio Bosso.
Difficile non parlarne, la sua è una di quelle storie tristi, anzi tristissime, ma che lasciano qualcosa in ognuno di noi.
Di triste però c’è solo l’epilogo, perciò comincierò a raccontare dalla fine.
Ezio Bosso si è spento, all’età di 48 anni, il 15 Maggio nella sua casa di Bologna. L’Epidemia gli aveva portato via la sua passione più grande: la musica. Un musicista come lui, un direttore d’orchestra di fama internazionale, vive per l’esibizione e per il proprio pubblico, perché “la musica” disse “è come la vita: si può fare solo insieme”.
Infatti dall’inizio del lockdown stava cercando metodi alternativi per suonare assieme ai suoi ragazzi, come li chiamava, che erano fratelli prima di essere semplici collaboratori.
Già perché cercare nuovi spunti era una filosofia di vita, un modo di vedere il mondo.
“Ho smesso di chiedermi perché. Ogni problema è un’opportunità.” dichiarò infatti in un’intervista ormai 5 anni fa.
Anche la malattia è stata un’opportunità, in un certo senso. Nuove sfide, spunti per migliorare, conoscere i propri limiti e superarli in un’eterna e fantastica corsa a ostacoli che usiamo chiamare “vita”.
E allora Ezio Bosso con il suo sorriso è stato, è e sarà per noi l’incarnazione di di quel detto di saggezza popolare che tutti avremo sentito almeno una volta. “non tutti i mali vengono per nuocere”.
Ecco invece il secondo saluto.
Di Alessandro Vannucci
Un caro saluto ad Ezio Bosso,
grande direttore d’orchestra e maestro di vita, ricorderò sempre il
tuo sorriso che riusciva ad intenerire anche i più duri; hai insegnato
molto di più di quello che ti eri prefissato, hai risposto alle difficoltà
della vita con forza e serenità fuori dal comune.
Sei riuscito a comporre melodie come “Following a Bird” apprezzate
dal grande pubblico.
La tua musica è eterna, entra nel cuore e non
si dimentica.
Sei e sempre sarai un esempio di uomo eccezionale, forte e
perseverante. Hai superato i pregiudizi del conservatorio diventando
un direttore d’orchestra famoso nel mondo.
Ciao caro Maestro