di Costanza Buoni
Chissà quante volte durante la settimana ci soffermiamo ad immaginare come sarebbe bello avere del tempo libero, oppure a pensare alle moltitudini di lavoretti da finire se solo non dovessimo farne altri più importanti.
Ecco, il momento è arrivato.
Il cassetto dei gommini e delle pinze sta aspettando di essere ordinato, la libreria non vede l’ora di essere spolverata e riorganizzata oppure l’ultima anta dell’armadio, quella che ospita vestiti comprati in fretta e furia o addirittura ancora col cartellino, desidererebbe essere considerata di più.
Dover rimanere rinchiusi in casa non piace a nessuno, specialmente se il sole decide di svegliarsi proprio quando sarebbe meglio rimanesse nascosto dietro qualche nuvola.
Abbandonati in questo vortice di secondi che sembrano non passare mai, sicuramente c’è molto tempo per riflettere. Forse Leopardi sarebbe stato felice al nostro posto o molto probabilmente non lo avrebbe trovato diverso dalla sua normale routine quotidiana.
Il padre dell’introspezione potrebbe venirci in aiuto, facendoci scoprire un mondo che non conosciamo poi così bene, noi.
Un “noi” che può essere considerato proprio come umanità.
Ecco, abbiamo sicuramente capito che non ci piace stare soli, o almeno sempre con le stesse persone, per quanto quest’ultime possano esserci care.
Sicuramente siamo nati per stare all’aperto, in mezzo alla natura, che è stata la nostra casa per tanto tanto tempo. Non che ora viviamo in un mondo parallelo dove gli alberi sono usati solo per decorazione, ma spesso le nostre case diventano sedi di qualcosa che la natura molto probabilmente non avrebbe mai creato. Paradossalmente però, quando ci viene chiesto di rimanere accoccolati nella dimora che noi stessi abbiamo progettato, questo ci appare sconvolgente, mentre se la stessa cosa fosse stata chiesta ai nostri antenati, di non andare a caccia rischiando la vita perché il facchino di Just Eat avrebbe bussato alla porta all’ora di cena, non avrebbero potuto desiderare di meglio.
Dopo questa riflessione quindi, la domanda che sorge spontanea è: “perché?”.
Una possibile spiegazione potrebbe essere quella legata all’obiettivo che l’umanità sta cercando di raggiungere: voler creare un mondo completamente artificiale, ricco di comodità, dove basta chiedere una cosa per averla, senza aver fatto il minimo sforzo.
Facendo così però, ci dimentichiamo chi siamo, da dove veniamo, quali fossero le abitudini che i nostri antenati avevano e che alla fine della giornata li rendevano felici.
Felici in modo puro.
Questa non è un’incitazione a voler tornare a vivere nelle caverne, ma semplicemente a ricordare di che cosa siamo fatti e che per quanto ci possa sembrare assurdo, la risposta è ben altro che fili di rame o circuiti elettrici.
Non siamo robot.
Siamo umani. Ricchi di pulsioni, impulsi, sentimenti.
Ora più che mai sentiamo la nostalgia della piccola comunità che ogni giorno ci accompagna nella vita e della cui importanza troppo spesso ci dimentichiamo.
Mi manca il mio liceo, la mia classe, il mio banco.
Penso a come sarà l’anno prossimo, in quale altro mondo verrò catapultata senza rendermene conto. Chissà come sarà entrare in un’aula dove nessuno mi conosce, dove non conosco nessuno. Chissà quale facoltà andrò a scegliere. Chissà se rimarrò vicino casa o forse se sarebbe meglio allontanarmi per un po’.
Tutti pensieri che ora più che mai mi assalgono, mi fanno paura.
Mio nonno mi diceva sempre di “rimanere dura” perché la vita a lui ha riservato molte sofferenze e se non si fosse fortificato così tanto non sarebbe arrivato dove era arrivato.
Nei momenti di difficoltà penso a lui, al suo pugno stretto alzato, sempre a simboleggiare la forza e la determinazione nella vita. Forse farà bene cambiare un po’ prospettiva, ricevere delle scosse, degli imprevisti, vedere come si riesce a gestirli. “Discrezione”, avrebbe detto Guicciardini.
Separa, analizza e decidi.
Forse il metodo migliore per approcciarsi alla vita e che adesso più che mai andrebbe messo in atto.