di Nicole Mango
Sulla Soglia Dell’Eternità è un film del 2018 ispirato alla biografia del pittore olandese Vincent Van Gogh che permette di comprendere bene quanto la sua vita sia stata dedicata esclusivamente all’arte, pur avendo iniziato a coltivare questa passione solo dopo i trent’anni. Come si può evincere da questo film di Julian Schnabel, con Willem Dafoe nel ruolo di Vincent Van Gogh, la grandezza di questo maestro è stata riconosciuta solamente dopo la sua morte e Van Gogh, sebbene ora sia considerato un pilastro del mondo dell’arte, ha vissuto tutta la vita in una condizione di estrema povertà.
La sua situazione economica si percepisce subito da una delle prime scene del film che mostra l’abitazione dell’artista: una casa umile, formata essenzialmente da una sola stanza ed ornata soltanto dai suoi quadri sparsi e dai tubetti di vernice appoggiati sul tavolo dove dipinge. Quella stessa scena racchiude tutte le caratteristiche della tecnica di Van Gogh: il pittore è ripreso mentre raffigura le sue scarpe usurate su una tela e l’attenzione dell’osservatore non può far altro che concentrarsi sulle sue mani che si muovono veloci dando pennellate fluide con tocchi virgolati, utilizzando i colori puri direttamente sulla tela e abolendo quasi totalmente il disegno per costruire il quadro tramite l’uso diretto del colore.
Uno dei temi principali nei dipinti di Van Gogh è la natura; raffigurandola lui voleva rendere eterno ciò che considerava un dono di Dio, come afferma parlando con Gabby, interpretata da Stella Schnabel, dopo che lei ha definito brutti i suoi fiori paragonandoli con quelli reali: “Hai ragione,” – dice – “ma quei fiori appassiscono e muoiono come tutti i fiori, i miei resteranno nel tempo”.
L’artista, accusato più volte di essere “pazzo”, riusciva a liberarsi del suo malessere interiore, esclusivamente osservando e raffigurando la natura nei suoi quadri ed il suo obbiettivo era quello di rappresentare se stesso nei suoi dipinti e di far vedere a chi non può il mondo come lo vedeva lui. Osservando una pianura Van Gogh non vedeva difatti semplicemente un’ampia area di terra ma, come afferma, lui vi vedeva “l’eternità”.
Nella seconda metà del film, durante una conversazione, Gauguin, interpretato da Oscar Isaac, dichiara che “gli impressionisti sono superati e si ripetono”, ma Van Gogh interviene a loro sostegno affermando che Manet è un bravissimo artista. Pur essendo un postimpressionista, Van Gogh, conserva difatti delle caratteristiche tipiche dell’impressionismo, come viene mostrato nella scena successiva dove un suo quadro dipinto en plain air acquista significato mano a mano che l’inquadratura si allontana.
L’unica relazione affettiva che il pittore ha durante la sua vita è quello con suo fratello Theo, che nel film è magnificamente interpretato da Rupert Friend. Theo è un mercante di quadri affermato, con una moglie e un figlio ma in nessun momento decide di lasciar solo suo fratello; al contrario lo sostiene in ogni sua scelta e gli invia mensilmente dei soldi per tutte le sue necessità.
La scena più commovente che raffigura il loro legame è quella all’ospedale, dove, sebbene gli abbiano appena detto che suo fratello è ritenuto “matto”, l’unica cosa che Theo fa è sdraiarsi sul suo letto, abbracciarlo e chiedergli gli come lui si senta. A quella domanda apparentemente banale, Vincent risponde: “talmente bene che vorrei morire qui”, esprimendo in poche parole tutto l’amore che prova per il fratello.
L’arte di Van Gogh, sebbene inizialmente sottovalutata, è fortunatamente arrivata fino a delle generazioni che sono state in grado di apprezzarla e forse una delle battute più veritiere di tutta la sceneggiatura del film è quella in cui lui afferma, parlando con un prete, che Dio lo ha fatto nascere nel momento sbagliato e che coloro che ammireranno la sua arte devono ancora nascere.
Durante tutta la sua vita Van Gogh ha realizzato più di mille tra dipinti, disegni e bozzetti e questo film fa comprendere che dovremmo essergli grati per la tenacia che lo ha spinto a continuare a dipingere nonostante tutti lo sminuissero, perché altrimenti adesso non avremmo l’opportunità di ammirare i suoi capolavori che resteranno nel tempo delle colonne dell’arte postimpressionista.