“Le idee migliori non vengono dalla ragione, ma da una lucida, visionaria follia”
di Raimondo Ingangi
Che vita sarebbe senza follia? Semplicemente non si potrebbe definirla vita in quanto da sola porta felicità nell’animo di tutti. Un mondo di pura razionalità sarebbe assurdo e solo con la follia paradossalmente si crea un equilibrio.
Questo è quello che il filosofo Erasmo da Rotterdam spiega nel suo saggio “Elogio della follia” attraverso le stesse parole della dea. Poiché parlare in modo razionale della Follia non è possibile, non è concepibile, lei stessa si descrive rivolgendosi ad una folla. Inoltre, se per i sapienti è assurdo tessere le proprie lodi, la Follia, avendo una natura “fuori dal comune”, necessariamente si loderà. Infatti, verso coloro che vengono considerati sapienti ha un atteggiamento duro e forte e li critica con pungente ironia. Sin dall’inizio sottolinea il fatto che lei, solo presentandosi al pubblico, è riuscita a portare felicità agli ascoltatori, obiettivo che “oratori, peraltro insigni, ottengono a stento con lunga e lungamente meditata orazione”.
Quello che vuole dimostrare la Follia è che il suo operato non si limita ad un ambito stabilito o rispecchia una precisa definizione, come avviene solitamente tra i sapienti, ma spazia in numerosi campi. È alla base dei rapporti di amicizia e di matrimonio, da lei nascono le “nobili arti” e grazie ad essa gli anziani sono felici e delirano, poiché vengono restituiti loro i momenti migliori della vita.
Senza la Follia nessuna società potrebbe vivere felicemente; essa ricorda ai lettori che “il concentrarsi del potere nelle mani di un filosofastro o di un letterato è la peggiore sciagura che possa colpire uno stato” come si può notare nella politica di uno dei Catoni, che “turbò la pace della repubblica romana con le sue pazze denunce”, dei Bruti, dei Cassi e di molti altri. Attraverso queste accuse, la Follia critica gli insegnamenti dei falsi sapienti, facendo notare ai lettori che la filosofia non è indispensabile per il raggiungimento della felicità, come si può notare nella vita degli animali, ma solo lei stessa è l’artefice dei piaceri, non solo degli uomini ma degli stessi dei. Inoltre, lo stesso San Paolo attribuisce a Dio un pizzico di follia.
La Follia continua il suo elogio dichiarando di portare felicità anche agli uomini che entrano a far parte del mondo della Chiesa i quali o non sanno niente o sanno troppo e si concentrano su questioni futili, tralasciando i loro veri doveri.
Erasmo, monaco schivo all’offerta del titolo di cardinale, attraverso le parole della Follia sferra un duro colpo criticando il malcostume di preti, vescovi, cardinali, teologi e papi. Sebbene egli non si schiera con Lutero durante la riforma protestante, ripropone il messaggio evangelico nella sua purezza, autenticità e forza morale ricordando che Cristo “non facendo alcun conto del resto, chiederà se hanno osservato il suo unico precetto: la carità”.
Inizialmente egli si scaglia contro i teologi che si preoccupano solamente dell’interpretazione delle Sacre scritture senza interessarsi al corretto esercizio delle loro mansioni. Inoltre, dice che i loro discorsi lunghi e noiosi potrebbero essere una perfetta arma contro i musulmani; infatti, se cristiani “inviassero contro i turchi gli scotisti coi loro gran schiamazzi, gli occamisti così ostinati, gl’invitti alberisti, e con essi l’intera banda dei sofisti: assisterebbero, credo, alla più divertente delle battaglie e una vittoria mai vista prima. Chi, infatti, potrebbe essere tanto freddo da resistere ai loro strali infuocati? Chi tanto torpido da non esserne stimolato? Chi tanto avveduto da non restarne accecato?”. Contesta in modo ironico anche l’atteggiamento dei monaci che si dividono in numerosi ordini (Cordiglieri, Benedettini, Agostiniani, Guglielmiti, Giacobiti solo per citarne alcuni) “come se chiamarsi cristiani fosse troppo poco”. Fa notare la loro falsità e ipocrisia in quanto “dicono di darci un’immagine degli Apostoli con la loro sporcizia, con la loro ignoranza, con la rozzezza, con la loro impudenza”.
La Follia sferra un duro colpo anche verso le cariche più alte della Chiesa come i cardinali e i papi; infatti, chiede loro “a che scopo le ricchezze se i cardinali fanno le veci degli Apostoli che erano poveri?”. Disapprova anche le scelte politiche della Chiesa poiché spesso queste hanno determinato spargimento di sangue in nome di Cristo dimenticando che la religione cristiana si basa sulla tolleranza e sulla fratellanza e i papi, non tenendo conto di questi insegnamenti “si trovano a mettere a soqquadro le leggi, la religione, la pace e l’intero genere umano”.
Nell’ultima parte del libro la Follia riferisce varie testimonianze, sia classiche sia cristiane, che dimostrano la validità del suo elogio. In particolare, si sofferma sulle prove che mettono in chiaro per quali motivi Dio preferisca la follia, quindi la stoltezza, rispetto alla sapienza dei mortali. Infatti, condanna coloro che hanno una completa fiducia nelle loro capacità ovvero nella propria saggezza. Lo attesta chiaramente San Paolo quando dice che “Dio sceglie ciò che il mondo considera stolto” e che “Dio aveva voluto salvare il mondo attraverso la stoltezza” perché attraverso la saggezza non era possibile [1 Cor.,1]. Inoltre, la Follia si chiede “che altro vogliono infatti dire le parole: <<Guai a voi, scribi e farisei>> se non <<Guai a voi, sapienti>>”. Spiega per di più che “fra le bestie Cristo predilige le più lontane dall’astuzia della volpe”. Per questo motivo, Egli “preferì cavalcare un asino, anche se, volendo, avrebbe potuto senza rischio cavalcare un leone”. Per la stessa ragione “lo Spirito Santo è sceso dal cielo in sembianze di colomba, non di aquila o di sparviero”. Gesù stesso chiama i suoi discepoli pecore, le quali sono tra gli animali, come sostiene Aristotele, i più stupidi. In conclusione, la Follia afferma che Cristo “si è fatto in qualche modo stolto […] valendosi di apostoli rozzi e ignoranti […] distogliendoli dalla sapienza”.
A distanza di più di cinquecento anni dal momento in cui è stato scritto questo libro, le tesi del filosofo, trasmesse attraverso un linguaggio diretto, uno stile originale, un’ironia unica, rendono questo libro profondamente moderno e attuale con un messaggio chiaro e veritiero.
Erasmo da Rotterdam, Elogio della follia, a cura di Eugenio Garin, Milano, Serra e Riva Editori, 1984.