di Rebecca Giusti
Secondo me la notte e il buio non sono mai stati la stessa cosa. Retoricamente parlando non puoi dire che la notte sia buia, opterei più per un aggettivo come luminosa, anche se forse sto scadendo nell’ossimoro. La notte è come un posto sicuro in cui puoi fare tutto ciò che più ti piace senza la luce vera e propria, fastidiosa ed invadente, che illumina i punti che vuoi nascondere ogni secondo. Il giorno è come una coperta troppo piccola che usavi quand’eri bambino ed in cui entravi perfettamente: ti copriva i piccoli piedi, i riccioli acconciati in ciuffetti ridicoli e non serviva pensare a come poterla allungare alle estremità per coprirti tutto perché tanto conteneva il tuo corpicino nella sua completezza. Crescendo cominciava a starti troppo piccola e quando cercavi di coprire un’area subito se ne scopriva un’altra, con altre persone che accorrevano per osservare la parte del corpo rimasta di dominio pubblico, commentandola mentre provavi nuovamente a cucire una prolunga a quella coperta ormai lisa e nasconderti tutto. Di notte è come se tutto l’universo si foderasse di una patina opaca che non permette di osservarsi a vicenda e quindi ogni persona mette la sua coperta giornaliera in un cassetto per riprenderla solo all’alba, perché tanto nelle ore notturne esiste una copertura uniforme per tutti i corpi che non ha bisogno di essere allungata o rattoppata nelle parti distrutte perché è indivisibile. Il buio per molti esiste di giorno, quando il sole curiosa in te stesso e tu non sai come fare ad oscurarlo e tornare alla meravigliosa luce che c’era poche ore prima. Pensa a quante meravigliose cose possono succedere mentre splende uno spicchio di luna o addirittura una luna intera nel cielo buio: un elemento così romantico, protagonista di così tante storie diverse, film di fantasia improbabili o musical scadenti, sopravvalutato e utilizzato da molti artisti impropriamente, non è poi così tanto male.
Di notte puoi camminare sul mare senza che nessuno ti chieda ‘Come mai cammini sul mare?’, di notte puoi bere un bicchiere di whisky senza che anima viva ti interroghi su cosa ne pensi del Gin, e se preferisci un certo tipo di vino a una cosa più forte come quella che stai bevendo; non che io abbia mai provato ma ci deve essere una ragione per il quale in moltissime scene di film polizieschi il protagonista stacca dal lavoro o semplicemente dalla sua vita per farsi condurre dai piedi in un bar a notte fonda e farsi servire, in religioso silenzio, un bicchiere di un liquido ocra, quasi dorato, che sembra aver acquisito quasi per osmosi un po’ di luce della notte per rifletterla al suo interno. La notte non calma la noia giornaliera, ma la esalta facendola sembrare quasi sacra e fondamentale. I sentimenti si amplificano e quello che hai provato di giorno, di notte si moltiplica fino a sembrarti enorme e puoi immergerti al suo interno, nuotando in quel liquido scuro nella tua testa che sembra defluire da tutti i lati per cullarti: come una piscina infinita, dove nonostante l’acqua fuoriesca il livello rimane costante senza subire variazioni. Di notte ci sono i lupi mannari e si possono fare le magie, escono le fate dai cespugli del mondo e chissà, magari nelle notti estive Babbo Natale trotterella fuori dalla sua casetta in costume per farsi un bagno mentre nessuno lo vede aspettando la sua uscita ufficiale a Dicembre fra pensanti cappotti e sciarpe pacchiane ed eccessivamente decorate. Di notte puoi accendere la tua luce personale per leggere qualche frase di un libro e, che ti interessi o no, non si può negare che si crei un’atmosfera leggermente incantata, quasi sottolineando l’unicità di ognuno di noi che anche se viene notte non si piega a quella luce uniforme che copre tutti gli uomini che esiste di giorno, ma ha bisogno di qualcosa di suo, che possiede, per riuscire a vedere meglio parole qualunque anche se facenti parte di una trama banale o se il romanzo è brutto. Di giorno leggiamo tutti quanti un libro diverso, con la stessa luce, confrontandoci tra di noi sullo stesso titolo per scambiarci idee influenzando il nostro modo di pensare e, giustamente, interrogandoci a vicenda su di esso. Ci sentiamo quasi in diritto di credere che la morale che abbiamo tratto noi da poche frasi scritte da autori di moltissimo tempo prima, che magari hanno buttato giù quelle tre idee sconclusionate per riuscire a guadagnare qualcosa da quel libro malandato, sia differente da quella di quasi tutti gli altri abitanti della terra, che hanno letto anche loro Pascoli, ma indubbiamente sono arrivati a idee sbagliate. La verità è che la notte rischiara il nostro mondo interiore, ci permette di fondere con ciò che pensiamo noi tutto quello che abbiamo imparato mentre c’era il sole alto in cielo e abbiamo parlato con altre persone di ciò che pensava Stephen King in quel libro. Loro sono giunti, a detta degli individui che sostenevano il loro pensiero, a risoluzioni mai uguali e mai sentite prima da orecchio umano in quasi duemila anni di storia, anche se molto spesso quello che diciamo, in altre epoche, da altre persone, dallo scrittore stesso del libro che abbiamo divorato, è già stato scritto o pensato. Nella notte la banalità del pensiero che esprimiamo di giorno si dipinge col colore del whisky che ho citato prima: dorato e avvolto da un’aura di solitudine. Se esprimiamo un concetto alla luce del sole, quello diventa volgare molte volte, già sentito, però sicuramente utile ad altre persone per la riflessione involontaria che facciamo di notte mescolando ciò con cui stiamo a contatto. Nella notte infatti ciò su cui riflettiamo veramente, senza esprimerlo a parole, quello è veramente unico. Senza aprire bocca ed esplicitare ciò che ci tormenta, amiamo, dettagli piccoli che ci danno fastidio e di cui sentiamo l’impellenza di parlare spesso, e frutti che abbiamo raccolto studiando i celebri autori che hanno fatto la storia, allora è proprio in quel momento che siamo tutti allo stesso livello perché in silenzio, di notte, nessuno pensa mai alla stessa cosa. Siamo tutti sotto un caldo piumone che invece di soffocarci, ci permette di non tremare e battere i denti sotto il calore della mattina. In ogni caso queste sensazioni molto spesso non sono neanche mie perché a volte preferisco il giorno, la mattina o il primo pomeriggio dove a volte schiaccio un pisolino e la mia coperta del giorno mi copre del tutto senza il pericolo di lasciare parti deboli allo scoperto. Non sono neanche assolute perché per alcuni credo che sia il contrario e quando c’è buio fuori è come scendesse la notte fonda anche dentro di loro. Per molti il tramonto è la parte preferita del giorno (il ‘Piccolo principe’ ne è un esempio), altri vanno in crisi a metà della notte, quando non sai se riprovare a dormire o aspettare zitto rimanendo in attesa cosciente che la piscina nella tua testa si svuoti in qualche modo da sola , evaporando. Da queste righe che ho scritto sembro uno di quei poeti e filosofi tormentati di cui si legge in libri francesi dalle frasi slegate che impiegano duecento pagine solo per descrivere alla perfezione la loro vita notturna per le strade di Marsiglia. Oppure risulto come una di quelle ragazze di venticinque anni che si credono il guru dell’esistenza umana e pensano di aver compreso il significato della vita magari leggendo dei trafiletti su Vanity Fair tratti da un’intervista con una psicologa italiana, scopiazzando dalle teorie di qualche pensatore dell’antica Grecia di cui nessuno si ricorda il nome, e quindi dalle teorie facili da prendere in prestito. In realtà sono una ragazza giovane, forse troppo per parlare di cosa pensano gli adulti del giorno e della notte, che è un po’ sempre confusa su tutto. Che si sente meglio se prova a scrivere temi con paroloni sull’esistenza nonostante la stia sperimentando da così poco, che a volte vuole dormire per passare la notte e altre non vede l’ora che arrivi, ma normalissima con le stesse domande che forse si fa anche qualcun altro là fuori. Iuuuuuh c’è nessuno? Qualcun altro là fuori che si chiede che senso ha la notte senza spacciare per sue filosofie di pensatori latini o che non girovaghi tutte la notte ubriaca nei vicoli malandati di Parigi? No, nessuno? Vabbè fatemi un fischio se vedete passare qualcuno del genere.