Provaci almeno a dirmelo

Una poesia di Rebecca Giusti

 

Com’è quando ti senti di scoppiare

Dimmi com’è cerca di descriverlo

Va bene anche se me lo dici con parole

che non riescono ad inquadrarlo quello stato

Con lettere sconnesse che cerchino

Si sforzino, correndo controvento

Di dirmi qualcosa

Tutto bellissimo, niente è più stupido o lo sembra

Ogni cosa che senti è nuova, mai sentita

In questa terra già vista, già sentita

Ti senti bene nella tua pelle che si sforma

Si muove, con il cuore che si allarga

È come se fossi in una gabbia aperta

Profumata e senza niente che divida

Te stesso dalla cavità toracica spalancata

Di qualcun’altro

Potresti scappare

Ma preferisci stare dentro di te

Perché si sta bene.

 

 

Roberto Baggio: Il poeta errante

di Lorenzo Gerardi

Il sogno di un bambino che ama il calcio, che spera un giorno di poter calpestare con i suoi scarpini l’erba degli stadi internazionali, quelli dove non hai solo la tua famiglia o le famiglie dei tuoi compagni a vederti giocare ma le persone di tutto il mondo, comincia a Caldogno, un piccolo paese in provincia di Vicenza di circa dieci mila abitanti: lui si chiama Roberto, per tutti è il piccolo Roby, che ama giocare a pallone sia nei campi che per le strade, senza limiti ne confini.

La sua è una famiglia umile, lui è il sesto di otto fratelli e decide di iniziare a inseguire il suo sogno nel suo paese. Roberto non era un bambino come gli altri a giocare a calcio, aveva qualcosa in più, quella spensieratezza e abilità nel gioco che non si vedeva facilmente nei ragazzi delle squadre provinciali, così venne chiamato dalla squadra del Vicenza, la sua prima vera esperienza professionistica all’età di 17 anni.

Roberto era un ragazzo timido ma dal sorriso tenero e veniva visto con un occhio di riguardo da tutte le società italiane anche importanti che militavano nella serie A. Così fu acquistato dalla Fiorentina nel 1984. Ma quell’anno fu un anno di paura e sgomento per lui e per la sua famiglia, a causa della rottura del legamento crociato e del menisco rimediato durante una partita. Il grande prodigio si era fermato e tutti, compreso lui stesso, capirono che quella sarebbe stata la fine di un sogno, che da un infortunio così grave a 18 anni non si poteva riuscire ad arrivare ad alti livelli nel mondo del calcio. Leggi tutto “Roberto Baggio: Il poeta errante”

Forse un giorno

Una poesia di Rebecca Giusti

 

Quando si smette di pensare che potremmo essere altro.

Sarebbe tutto rosa se fosse così un giorno lontano

Con meno movenze innaturali e risate per camuffarci

Una linea curva ci delineerebbe come un filo

Ondeggeremmo per le strade dritte

Come se fossero anche loro sicure

Di cosa vogliono comunicare

Avremmo ognuno una consapevolezza valida.

I dubbi sarebbero fiori viola che animano

I campi grigi di cose belle

Di cui siamo pieni

E potrebbero anche essere cercati da tutti,

perché pochi secondi immobili

ci salverebbero dalla sensazione di asfissiare,

affogare nell’aria densa di tutto ciò che ci sta intorno.

Ci sarebbe una strana euforia in giro,

la sera tutti si nasconderebbero perché

vorrebbero sentire il filo che sono stendersi come una corda

le chitarre avrebbero un suono diverso

che sembrerebbe quello di qualcuno che piange.

Trudy, una lampadina a New York

Un’ipotetica intervista ad una donna che dipinge

di Rebecca Giusti

Trudy Benson è mora, con capelli fino alle spalle e si veste con colori basici. Sembra essere l’alterego di una delle forme colorate riprodotte sulle sue esuberanti tele, che, come spiegherò meglio in seguito, sembra che vogliano farmi un lungo discorso o urlarmi di andarmene con colori che sono pugni, quando cammino dentro il suo studio a New York.

Il suo appartamento di Brooklyn è spazioso, è la classica immagine di un’open space dove ci sono circa cinque tele per “stanza”, se così si possono chiamare i luoghi senza porte in cui ha organizzato tutta la sua vita. Mi prepara un caffè con la moka rossa, dello stesso colore del quadro a metà che le sta vicino alla gamba su un cavalletto un po’ rovinato. Lei è accogliente, ma sembra sempre distaccata, come se mi ascoltasse con un orecchio e con l’altro sembrasse più interessata alle le vocine dei quadri che vagamente ho sentito anch’io quando sono entrata.

A Brooklyn non è bel tempo e lei sembrerebbe la ragazza dipinta nell’opera di un pittore realista (che costa milioni di dollari, perché veramente simile ad una fotografia), con l’aria annoiata ma attenta a ciò che voglio dirle, la tazzina di coccio sbeccata in mano e una finestra mezza aperta dietro, da dove sbuca il cielo coperto da nuvole passeggere. Leggi tutto “Trudy, una lampadina a New York”