Il Dodgeball

di Francesco Mammone

   Calcio, basket, pallavolo, tennis… Questi sono gli sport più praticati dai ragazzi negli ultimi anni. Io sono Francesco, un ragazzo di 16 anni al quale, come penso alla maggior parte, piace fare sport. Io però non pratico nessuno degli sport elencati lì sopra, al massimo da piccolo avrò provato basket e forse calcio. Lo sport che pratico io non è molto conosciuto, anzi, possiamo dire che la gente appena lo sente nominare pensa e dice sempre <<Ah, ma esiste come sport?>> oppure << Non pensavo fosse agonistico come sport>> e fin qui tutte le risposte sono accettabili. Ci sono però stati alcuni casi in cui mi è arrivato questo tipo di risposta <<Invece di metterti a fare calcio o basket, ti sei messo a praticare questa “cosa” da sfigati, ma non ti vergogni?>>. Io all’inizio mi sentivo offeso, perché in questi casi già venivo praticamente escluso solo perché pratico uno sport non conosciuto, o al massimo poco conosciuto perché giocato solo a scuola nell’ora di ginnastica. Ma io, proprio per queste risposte, sono felice e orgoglioso di fare questo sport, perché ho capito che sono stato in grado di distinguermi.

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Generare meraviglia

Foto e testo di Francesco Bertoli

Scattare una foto significa per me, riuscire a fermare il tempo in un determinato istante, catturare quel piccolo frammento di tempo e tenerlo con sé, attraverso la fotografia. Ho iniziato ad interessarmi nello scattare foto, per puro caso, scattandone una con il cellulare, casualmente venuta bene, sono riuscito a cogliere tutti i dettagli del paesaggio, ed esprimere attraverso i suoi colori le emozioni che mi trasmetteva quel posto. È da quel momento che ho sentito la necessità di fotografare non solo per conservare un ricordo, ma anche per rappresentare la realtà nei suoi aspetti più belli e nascosti, laddove una piccola cosa può infatti sembrare piccola e banale, può invece rappresentare, secondo me, un’occasione per esprimere dei sentimenti o generare meraviglia nell’osservatore, attraverso la fotografia.

Manicomio di Maggiano – L’aria malinconica di questo ambiente, in origine luogo di cura, divenuto poi di tortura ed orrori di vario tipo, e adesso abbandonato, si riflette nella nebbia e nei colori vividi della fotografia, che ha come centro la sfera di vetro, attraverso la quale si vede la via che porta all’ edificio principale, isolato dalla città, per impedire che le urla dei ricoverati non dessero pace agli abitanti..  

Una lieve pioggerella di brina

Foto e testo di Eleonora Rugani

Una fotografia per me? L’arresto del cuore per una frazione di secondo, ciò che esprime le nostre emozioni e i nostri sentimenti catturando l’essenziale che passa inosservato. Mi capita spesso di riguardare foto del passato e noto come anche la stessa sia diversa semplicemente se scattata con una leggera inclinazione. Scattando una fotografia riesco ad esprimere il modo in cui vedo ciò che mi circonda e riesco a raccontare attraverso i miei occhi tutto ciò che mi piace, mi stupisce e mi emoziona. 

Una giornata di pioggia per molti può essere negativa, non permette di stare con gli amici, di fare una passeggiata o un giro in bici per prendere una boccata d’aria e riesce a condizionare lo stato d’animo di alcune persone. Personalmente non adoro quelle tempeste che ti bloccano in casa e rischiano di rovinare qualcosa, ma amo quando comincia a scendere quella lieve pioggerellina che si deposita sulle foglie e sui fiori formando piccole goccioline. 

Niente di più

Foto e testo di Martina Pasquinelli

Ho visto l’amore in un gesto banale e me ne sono innamorata.

Sul treno sono rimasta affascinata da questa coppia padre-figlia in viaggio per raggiungere la madre. Un padre giovane, avrà sui 35, media statura e dei grandi occhi verdi che continuavano ad ammirare la sua bimba di circa 6 anni, direi.

Mentre mi legavo i capelli la bimba mi ha guardata ed ha subito chiesto al papà di farle una coda di cavallo. Pochi secondi dopo ho visto cos’è l’amore in un piccolo gesto. Ho potuto ammirare un uomo impacciato legarsi un elastico intorno alle proprie dita per circa 6 volte, accarezzare il viso alla piccola per poi tornare a sfare l’ennesimo nodo che le aveva appena creato nei capelli. Un momento banale lo so bene, che però mi ha incantata e mi ha portata a sognare di tornare bambina, a quando niente necessitava una spiegazione  e mi sentivo incondizionatamente amata e al sicuro,  niente di più.